Nella città dell’Expo non c’è spazio per le voci critiche

 

Camionette della polizia, pattuglie dei carabinieri, vigili, digos, ci manca solo l’esercito, ipotesi neanche troppo remota con i tempi che corrono. Ad ogni nostra uscita pubblica, che sia un corteo, un presidio o la semplice partecipazione ad un consiglio comunale, si assiste all’ingente dispiegamento delle forze di polizia per prevenire non si sa bene quale pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza. In questo clima securitario che crea solo insicurezza perché consegna alla città un’immagine distorta della realtà, era prevedibile che i carabinieri sarebbero arrivati a chiederci, senza alcun motivo, i documenti all’uscita da una riunione politica, che è un episodio gravissimo a prescindere dalla sede di ritrovo e che rende l’idea del tipo di controllo che viene effettuato sulla nostra attività politica.
Non c’era proprio alcuna ragione per l’identificazione perché i carabinieri ci hanno riconosciuto a colpo d’occhio prima ancora di prenderci i documenti - chiedendoci informazioni sulle prossime iniziative – mentre uscivamo dalla sede di partito al cui interno erano presenti ancora un paio di persone.
L’atteggiamento ossessivo nei confronti della sicurezza sta portando allo sgombero di centri sociali, campi rom e alla “tolleranza zero” nei confronti di writers, senzatetto e di tutti i soggetti incompatibili con la “città vetrina”.
Questo episodio è solo l’ennesima dimostrazione di come nella città della Fiera e dell’Expo non siano tollerate e, quindi, tenute sotto controllo, voci critiche contro le speculazioni edilizie, la cementificazione e i danni che le Grandi Opere arrecano al territorio.

 

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