La lotta contro il nucleare nella Repubblica Federale Tedesca

1977 – 2011

Come fosse un’introduzione

Wendland o anche Lüchow-Dannenberg è il circondario collocato nell’estremo nord-est della Bassa Sassonia (Hannover), a un passo dal confine con la ddr (Deutsche Democratische Republik, repubblica democratica tedesca, RDT anche Germania dell’Est). Nel 1977 il governo decide di impiegare una miniera abbandonata di Gorleben, un villaggio del circondario, come sito in cui stoccare le scorie delle centrali nucleari della rft, a loro volta trattate prima in un impianto specializzato a La Hague (Normandia). Viene organizzata e realizzata una manifestazione di protesta, a cui prendono parte 20mila manifestanti: la prima di una storia di resistenza, che ancora nell’autunno 2011 rimane aperta più che mai.

Nel marzo 1979, in seguito alla decisione del governo di dare avvio ai lavori della costruzione del Nuklear Entsorgungszentrum (nez, Centro per lo smaltimento delle scorie nucleari), scendono in strada i contadini con i loro trattori e tanti manifestanti. La meta del corteo con alla testa lo striscione Bauern und Buerger (Contadini e Cittadini),seguito da altri quali Gorleben soll leben! (Gorleben deve vivere), Gorleben ist ueberall (Gorleben è ovunque), Kein Atommuell im Salz sonst knallt’s (Niente scorie nucleari nelle saline altrimenti guerra)… è la sede del governo del Land, che si trova a Hannover. Il corteo si ingrossa a ogni villaggio incontrato, nonostante il freddo acuto. Lo affollano anche i rappresentanti delle istituzioni locali. La diffusione in quei giorni delle notizie sull’incidente alla centrale nucleare di Three Miles Island a Harrisburg, negli Stati Uniti, lo rafforza. Quando dopo 6 giorni di marcia il corteo giunge adestinazione è già composto da oltre 100mila persone. Sei settimane dopo il governo del Land rinuncerà al nez.

Fra le creazioni di Bauern und Buerger , in quelle giornate di mobilitazione generale, c’è un villaggio di capanne a Trebel, nei pressi di Gorleben, e il Wendenpass, il passaporto della Republik Freies Wendland (Libera Repubblica del Wendland) su cui viene scritto:

Chi ha questo passaporto è cittadino/a della Republik Freies Wendland; lo abbiamo fatto per far capire a chi lo possiede che uno Stato che non garantisce l’incolumità fisica, intima e spirituale delle sue genti, che non mantiene le armonie naturali fra persone, piante animali e minerali, che pratica lo sfruttamento di tutti, infine, a favore di nessuno, che si regge sull’equivoco assassino secondo cui la sicurezza interna e estera può essere costruita con le armi e le uniformi, che quindi un simile Stato non gli appartiene per molto tempo ancora! Rilasciato dall’ambasciata della Republik Freies Wendland”.

 

Il villaggio di capanne, questo sogno di una società autonoma, autogestita, per gli oltre mille abitanti del villaggio, non era soltanto una lotta contro l’energia e lo Stato nucleare, ma anche l’utopia vissuta di un’altra forma di società. Questa creatura della lotta proletaria che nella storia ritorna più volte, ma sempre con vita breve, anche a Gorleben nel nord della BRD (Bundes Republik Deutschland, repubblica federale tedesca, RFT anche Germania Ovest) non riesce ad andare oltre 33 giorni di vita. Il 3 giugno 1980 10mila sbirri armati, sostenuti da panzer, elicotteri, irrompono nel villaggio, lo sgomberano e infine lo distruggono; di sicuro il governo, guidato allora da Helmuth Schmidt, il boia della “notte di Stammheim”, di appena otto mesi prima, è cosciente, come i suoi predecessori, di uccidere una creatura letale alla continuità della società capitalistica.

Su uno striscione donne, uomini, ragazzi, ragazze, che hanno vissuto quelle giornate: scrivono: Turm und Dorf könnt Ihr zerstören, aber nicht unsere Kraft, die es schuf! (Potete distruggere la torre e il villaggio, ma non la nostra forza che li ha creati).

Nel luglio 1980 riprendono i lavori di trivellazione, per valutare le possibilità e anche le conseguenze dello “stoccaggio”. L’ordine di avviare i lavori viene riaffermato dal governo centrale. Oltre 5mila manifestanti invadono l’area delle trivellazioni. Nello scontro violentissimo e prolungato, la polizia riesce a sgomberare il cantiere.

Nel 1984, concluse le prime trivellazioni il governo di Bonn ordina l’avvio del trasporto delle scorie. In pochissimi giorni le strade attorno a Gorleben, e molte oltre, si riempiono di manifestanti, di contadini con trattori, vengono innalzate barricate con auto, tronchi d’albero. In settembre la gente scende di nuovo in strada con i trattori, stavolta per dirigersi a Berlino e unirsi là a una grande manifestazione nazionale, il cui motto è: “Spegnere! – Energia nucleare, No Grazie!” La ricostruita resistenza del movimento antinucleare riesce a fermare i trasporti e a imporre un approfondimento degli studi sull’interramento delle scorie nucleari.

Nel 1995 il nuovo governo centrale, dopo aver cancellato una legge del proprio predecessore, relativa alla chiusura delle 19 centrali nucleari entro il 2020, dichiara conclusi studi, lavori e altro. Anche nella RFT lo stoccaggio delle scorie nucleari può avere inizio. Le scorie vengono stoccate non tanto nella vecchia miniera, piuttosto in nuovi scavi compiuti in profondità, cunicoli ricavati nel sale, a oltre 800 metri di profondità. Questo si vorrebbe fosse l’ambiente più sicuro a contenere la certissima emissione di radioattività delle scorie.

Dal 1995, ogni anno, in autunno avanzato, viene compiuto il trasporto su rotaia delle scorie in container, chiamati Castor (cask for storage and transport, vagoni per l’immagazzinamento e il trasporto). I dubbi rimangono tutti, anzi. È verificato e assunto da diversi esperti che la radioattività emessa dalle scorie di Gorleben, in proporzione, è 10 volte superiore a quella di Chernobyl. Come lo è il dato che le 140 centrali nucleari sparse in Europa producono ogni anno, fra l’altro, migliaia di tonnellate di scorie. Dove metterle con la sicurezza necessaria?

A metà degli anni Novanta nella RFT i manifestanti antinucleari sono ridotti a poche migliaia, ma anno dopo anno tornano a crescere assieme alla determinazione. Negli ultimi 15 anni per raggiungere Gorleben al treno “nucleare” occorrono più di 4 giorni. Ogni anno le forme di resistenza, nonostante le decine di arresti per “resistenza”, “violenza”, nonostante il tentativo di aprire un’inchiesta contro duemila persone accusate di “associazione criminale”, si moltiplicano assieme alla crescita del suo movimento, al quale negli ultimi anni aderisce, oltre ai Verdi, persino la socialdemocrazia. Esse si perfezionano; per esempi, rispetto al blocco dei binari con veri e propri attendamenti sulle rotaie, a gettate di cemento riversate sugli stessi. Così i Castor per arrivare al sito dello stoccaggio devono essere trasportati su strada per circa 20 chilometri. E’ questo il tratto di strada su cui si concentra la resistenza con massicciateate, tronchi, cemento, trattori, persone incatenate…

(fonte: http://gorleben-archiv.de/Huettendorf-1004.htm)

 

Castor in numeri

(Dati diffusi dal ministero dell’interno della Bassa Sassonia-Hannover, inizio dicembre 2011)

 

1.400 sono i km che deve percorrere il treno-Castor dalla Vallonia francese fino a Dannenberg.
125 sono state le ore di viaggio necessarie al treno-Castor per compiere questo percorso.
2.500 tonnellate pesano treno e carico.
600 metri è la lunghezza del treno.
4 sono le locomotive che trainano il carico.
11 sono i vagoni contenenti le scorie nucleari.
6 sono i vagoni su cui viaggia la polizia di scorta.
20.415 sono stati i poliziotti impiegati nell’operazione.
133 poliziotti sono rimasti feriti.
21 sono, insieme compresi, le auto e i furgoni della polizia danneggiati.
1.553 sono le/i manifestanti fermate/i.
43 sono i/le manifestanti arrestati/e.

5.080 sono state le espulsioni applicate.
27 sono i trattori sequestrati.
33,5 sono i milioni di euro spesi per il trasporto-Castor.

 

fonte: http://www.ndr.de/regional/niedersachsen/heide/castortransport/castor561.html

Castor 2011? Segare tronchi, costruire massicciate, scavare sotto le strade e le rotaie, spalare terra, neve…!

(((A))) 30 settembre 2011

Probabilmente fra il 25 e il 28 novembre 2011 rullerà di nuovo un trasporto Castor dalla città francese di La Hague (Normandia) verso il campo di stoccaggio intermedio per le scorie radioattive ricavato a Gorleben. Dopo il disastro di Fukushima (Giappone) il governo federale si dà un gran da fare, a cominciare dal prolungamento della decorrenza per tenere accese le centrali nucleari, per pacificare il movimento antinucleare. La RFT, si legge nei notiziari e nella propaganda, si trova “davanti a una svolta energetica”.

Se a fine novembre il trasporto Castor rulla verso Gorleben, tantissime persone lo contrasteranno. Negli ultimi decenni questi trasporti nel Wendland sono divenuti fra i maggiori punti di cristallizzazione del movimento anti-nucleare del mondo. Queste località sono divenute il luogo dove la politica nucleare è più facimente attaccabile, dato il profondo radicamento del movimento di protesta. Quasi tutta la popolazione, persone anziane e giovani, lo sostiene praticamente. L’assenza del dogmatismo dà una grossa forza alla resistenza; ed è anche una buona possibilità per mettere a fuoco la politica anti-nucleare su aspetti non direttamente collegati a Gorleben e difficilmente attaccabili, come i trasporti delle scorie. (…)

fonte: http://de.indymedia.org/2011/09/317239.shtml

Estrazione dell’uranio, centrali nucleari e “rigenerazione”

 

Quel che l’energia e le scorie delle centrali nucleari riescono a produrre è, in primo luogo, una materia prima necessaria – l’uranio. Canada e Australia estraggono le maggiori quantità di questo minerale, seguite da Kazachistan, Russia, Nigeria e Namibia. L’estrazione dell’uranio rappresenta per davvero un rilevante problema sociale, sanitario e ecologico. In questa primafase della lavorazione si formano cumuli di detriti, da cui fuoriescono, fra l’altro, Radon (*) e CO2 (anidride carbonica). L’acqua d’infiltrazione e quindi l’ambiente circostante vengono contaminati, resi radioattivi. In parte la popolazione locale viene cacciata dal territorio interessato all’estrazione. Fra l’estrazione dell’uranio e il suo impiego nelle centrali nucleari sono necessari molti processi, che portano con sé altri grossi pericoli. Ci riferiamo all’arricchimento dell’uranio (un simile impianto è attivo in WestFalia, a Gronau), al suo trasporto e alla produzione dgli elementi combustibili. Soltanto una piccola parte del minerale entra nella produzione e viene successivamente impiegata nelle centrali nucleari come combustibile. Le restanti quantità di scorie radioattive e tossiche, rimangono in gran parte nel territorio di estrazione, dove estendono la contaminazione.

Adesso le centrali nucleari possono essere rifornite con barre di combustibile. In ogni centrale sono necessarie delle scorte di combustibile, che, per parte loro, sono sufficienti a rendere inabitabile per un tempo infinito, alle persone e agli animali, grosse parti di territorio come è accaduto a Chernobyl (**) e recentemente a Fukushima. Il rischio di un incidente con conseguenze appena prevedibili, adesso e in seguito, dunque esiste a partire dall’insediamento e attivazione di ciascuna centrale nucleare.

Al rischio dell’incidente bisogna aggiungere la quantità di scorie prodotte. Una volta bruciati gli elementi combustibili altamente radioattivi, i loro residui e le barre a cui erano applicati, vengono trapostati in impianti di rigenerazione, o anche “fabbriche di plutonio”, come quella di La Hague. Qui, da quel materiale viene infatti estratto il plutonio. Quello che a prima vista appare un riciclaggio, in pratica invece è un’ulteriore produzione di scorie gettata semplicemente in mare. Il plutonio estratto viene impiegato soprattutto nell’armamento nucleare e meno come combustibile, data la sua pericolosità nei confronti degli stessi impianti. Le scorie rimaste sono infine trasportate nei luoghi che dovrebbero essere i siti dello stoccaggio finale, come quello di Gorleben. Qui vengono sepolte nelle saline sottoterranee dove, dicono certi “scienziati”, le eventuali emissioni non raggiungeranno la superficie. Un luogo simile oggi non c’è. Un sito simile non esisterà mai. Ma intanto continuano a essere prodotte quantità gigantesche di scorie di cui nessuno sa che farsene.

 

 

(*) Il radon è un elemento chimico naturale, radioattivo, appartenente alla famiglia dei cosiddetti gas nobili o inerti. È incolore, inodore e insapore, quindi non può essere avvertito dai sensi. Vieneprodotto per “decadimento nucleare” dal radio che a sua volta proviene dall’uranio.

 

(**) Chernobyl, in Ucraina, qui nell’aprile 1986 nella centrale nucleare costruita anni prima, esplose un reattore con conseguenze mortali immediate e tuttora presenti. Uno studio pubblicato nel 2006 indica che sulla base delle statistiche oncologiche nazionali della Bielorussia, i casi di cancro dovuti alla contaminazione di Chernobyl sono stimati in 270mila di cui 93mila letali nei settant’anni successivi all’esplosione.

fonti: Sull’estrazione dell’uranio:   http://www.umweltinstitut.org/download/flyer/Themenflyer_Uranabbau_download.pdf
sulla sua “rigenerazione”:  
http://www.greenpeace.de/themen/atomkraft/atommuell wiederaufarbeitung/artikel/wiederaufarbeitung_die_wichtigsten_fakten/

 

 

Gorleben: la problematica del sito finale

Nel mondo non esiste alcun stoccaggio finale per le scorie altamente radioattive; questo è un dato grave ma irrevocabile. La carica radioattiva si dimezza nell’arco di 24mila anni; la restante carica si dimezzerà nei successivi 24mila anni e così via. Ciò vuol dire che il plutonio divenuto scoria deve essere isolato dall’ambiente per milioni di anni. Uno spazio di tempo non rappresentabile nella lingua come nei simboli; un arco di tempo in cui le generazioni che si succedono devono stare in guardia contro le radiazioni del plutonio stoccato. E per tacere del fatto che in un simile spazio di tempo, quand’anche le scorie radioattive siano state sotterrate, non è affatto sicuro che da queste non si sprigioni nulla. Dati questi presupposti, produrre scorie radioattive è irresponsabile anche solo nei confronti delle generazioni future.

Gorleben è un simbolo della problematica secondo cui nel mondo non esiste nessun stoccaggio finale sicuro. Le saline locali non sono state scelte perché sono le più adatte, ma piuttosto “per motivi geopolitici”. Nel documento che spiega la scelta di questa località è detto chiaro e tondo che: Gorleben è stata scelta perché si trovava nei pressi del confine con la DDR. Inoltre, ha giocato un ruolo favorevole anche il fatto che il circondario era relativamente poco popolato assieme alla presunzione che i contadini conservatori sarebbero rimasti tali. Entrambi quei presupposti sono caduti: i contadini sono insorti e la DDR non c’è più. E che le saline sotterranee siano una sicurezza non è provato da nessuna perizia, anzi esistono pareri scientifici contrari. Così è rimasto sulla bocca dei governi, della polizia, che “le scorie in qualche parte devono finire”; ritornello ripetuto in occasione di tutti i trasporti Castor. (…)

fonte:  http://www.online.uni marburg.de/isem/WS00_01/docs/endlager.pdf

“Consenso sul nucleare”, “prolungamento del tempo di funzionamento delle centrali nucleari”e “svolta emergetica”

 

L’ “uscita dal nucleare”, come viene fatto credere, esisteva già nel 2000 al tempo del governo rosso-verde (partito socialdemocratico + verdi) e veniva chiamata “consenso riguardo al nucleare”. Esso garantiva le centrali nucleari tedesche ad andare avanti indisturbate fino a quando non fossero ridotte a rottame. Una dopo l’altra, molto lentamente, le centrali dovevano venir spente, a cominciare da quelle entrate in funzione per prime. Secondo questo accordo, l’ultima centrale nucleare doveva venir spenta soltanto dopo il 2030. Questa, ad ogni modo, dalla lobby del nucleare non sarebbe stata considerata una concessione sufficiente; alle aziende del nucleare il governo rosso-verde ha anche dato la possibilità di far conto, nel tempo di decorrenza di singole centrali, su altre centrali.

E’ comprensibile che il movimento in Wendland non si senta tranquillo. Continuare a produrre scorie nucleari, nonostante i problemi irrisolti relativi allo stoccaggio finale, per il Wendland non è affatto una risoluzione. Per il movimento la soluzione sta nell’immediata uscita dall’energia nucleare. La finta uscita dal nucleare del governo rosso-verde sia stata ripresa nel 2010 dal nuovo governo nero-giallo (partito cristiano-democratico + partito liberale), ha spinto soltanto tante altre persone a lottare contro il trasporto Castor. Anche i partiti che avevano contribuito a formare il “consenso sul nucleare” si sono mobilitati in Wendland, mostrandosi sfacciati ben oltre l’ipocrisia. Tuttavia, sia con o senza la “proroga della decorrenza” – la resistenza non si placa. La popolazione del Wendland nei decenni ha sviluppato una sana sfiducia rispetto ai discorsi dell’autorità e opporrà resistenza fino a quando l’ultima centrale rimane in rete e finché non è chiarita la questione dello smaltimento finale. In proposito non cambia nulla il fatto che il governo nero-giallo dopo Fukushima abbia tirato i freni e parli di “svoltta energetica”. Otto centrali sono state spente e l’ultima uscirà dalla rete “già” nel 2022. E’ abbastanza comico il modo in cui le società produttrici di energia elettrica attualmente propagandano le fonti energetiche rigenerative e espongono segretamente ai clienti adescati il loro “mix” di corrente elettrica. Il modello nero-giallo è migliore del “consenso sul nucleare” del governo rosso-verde? Vedremo. Per undici anni ancora verranno prodotte scorie nucleari di cui nessuno sa dove potranno essere smaltite. Spesso viene richiamato lo scenario di un vuoto nell’erogazione elettrica. Già oggi i fornitori di corrente si pongono il problema delle fonti per pompare l’energia nella rete, in quanto questa è completamente sovraccarica di corrente proveniente da fonti fossili; bene, questa realtà viene volentieri taciuta. Di sicuro la rete “Oekostrom” (energia ecologica) richiede ancora tanto tempo e lavoro per essere consolidata, com’è altrettanto poco sicuro che l’uscita dalla rete dell’ultima centrale nucleare avverrà fra 11 anni, entrambi costituiscono il retroscena di una grossa concessione alle società fornitrici di energia nucleare. La “svolta energetica” sicuramente potrebbe procedere più rapidamente di quanto si vuole dare a bere. Le critiche permangono assieme alla volontà di continuare a opporre resistenza. Sarebbe veramente naiv dare ascolto alle promesse e ai pretesti delle autorità, attendere che la “svolta energetica” si compia. In 11 anni può accadere di tutto, possono modificarsi le maggioranze; da ciò consegue la necessità di tenere sotto tiro i fautori delle decisioni fino a quando l’uscita dal nucleare è completata. (…)

Nello stoccaggio intermedio di Gorleben i contenitori-Castor sono la sola sicurezza di fronte alla radioattività. E’ risaputo che da quei contenitori fuoriescono delle radiazioni. Attualmente sulla stampa viene scritto che nel circondario l’indice della radioattività è fortemente cresciuto dopo l’ultimo trasporto caldo. I valori calcolati sono molto vicini all’indice limite annuale calcolato per le “persone esposte alle radiazioni” (chi lavora nelle centrali nucleari). Da ciò si deduce che con il prossimo trasporto Castor l’indice della radioattività supererà i valori limite. Gli abitanti di Gorleben verranno così colpiti da un carico di radiazioni pari a quello conosciuto da chi lavora in una centrale. E’ perciò conseguentemente logico stoppare ogni altro trasporto Castor. (…)
fonte  http://www.contratom.de/castorticker2011.php?id=37560

 

 

Trasporti Castor e dominio

In Wendland i trasporti Castor sono una grossa manifestazione del dominio statale. Senz’altro a Gorleben non sarebbe stato possibile nessun deposito di scorie atomiche, se ogni trasporto non fosse accompagnato da poliziotti che tirano bastonate. In Wendland il rifiuto dei trasporti Castor non è superficiale e non dipende dallo schieramento politico. Secondo standards libertari o anche soltanto democratici, in Wendland non sarebbe pensabile nessun stoccaggio nucleare. Quasi tutta la popolazione del circondario da decenni si oppone alla scelta di Gorleben come sito nucleare. Tutto ciò però viene ignorato dalle autorità competenti. La realizzazione della politica energetica è ragione di stato. Di conseguenza ogni Castor diretto in Wendland viene accompagnato da decine di migliaia di poliziotti, che per parecchi giorni trasferiscono lo stato d’emergenza sull’intero circondario e con l’ordine, nel dubbio, di spezzare la resistenza anche con la violenza. La massiccia presenza della polizia nel circondario (già nei mesi precedenti il trasporto Castor) ha portato con sé quel che alcuni sociologi nel frattempo hanno definito “sindrome Luechow-Dannenberg”. Connesso allo schieramento della polizia si sta verificando un aumento della “statistica della criminalità”. I dati portati restano tuttavia pochi e oscuri.

In Wendland è difficile percorrere in auto 10 km e non venir fermati almeno cinque volte da uno sbarramento di polizia. Qui il dominio statale è percepibile come in nessun altro luogo della RFT. Però qui lo si può attaccare come in nessun altro luogo del paese. In primo luogo, con il sabotaggio dell’apparato della polizia. Anche i promotori delle decisioni (per esempio il governo locale) e le società che traggono profitti dal nucleare (E-on, ecc.), possono essere prese in considerazione dalla protesta. (…)

 

 

L’infrastruttura

In Wendland c’è una buona infrastruttura per le azioni (che significa anche iniziative, le più diverse). Lungo il percorso compiuto dai Castor c’è una fitta rete di punti info e campi per le tende. Dove non ci sono simili campi i contadini aprono i loro granai agli attivisti. Per le persone che hanno bisogno di un letto sono stati organizzati posti letto in case private. Nei campi attrezzati ci sono buone cucine popolari sostenute sul luogo da contadini, fornai… per i vegani viene cucinato il tofu… vengono tenute regolarmente assemblee, come la possibilità di formare gruppi di riferimento. Le persone che non hanno nessun gruppo di riferimento, devono darsi da fare per trovarlo. Nella fase calda viene attivato un ticker-Internet attraverso cui vengono aggiornati e diffusi tutti gli sviluppi. Oltre a ciò Radio Freies Wendland (radio Wendland libero) nel periodo del trasporto rimane accesa 24 ore al giorno e divulga direttamente le informazioni correnti. Anche senza auto è possibile è parzialmente possibile superare le grandi distanze esistenti fra i diversi luoghi delle azioni. In Wendland l’autostop non è un problema. Nei giorni dell’arrivo delle scorie è attivo un Comitato organizzativo e sono disponibili avvocati di fiducia. Inoltre, ci sono osservatori indipendenti che tengono sotto tiro la polizia, che documentano quanto avviene. Infine, da non dimenticare sono le persone che predispongono il pronto soccorso, sono coordinate da un posto centrale in modo da riuscire a intervenire nei luoghi delle azioni. (…)

I blocchi del trasporto-Castor fra La Hague e Lüneburg

Chi vuole fermare il treno-Castor già prima del percorso in Wendland, deve sapere che quel treno può viaggiare a una velocità superiore ai 100 km/h, e ha bisogno di un lungo spazio di frenata. Perciò, per azioni sul tracciato libero, c’è bisogno di squadre ben preparate, capaci di bloccare in anticipo il treno (rispetto al luogo lungo la ferrovia dove si vuole compiere un’azione) e con misure di sicurezza nel caso in cui il Castor non si fermi. Nel novembre 2004, nonostante tutti questi preparativi, rimase ucciso Sébastien Briat (*), un attivista esperto affiancato da persone altrettanto esperte. Però un affiatamento superficiale ha fatto saltare tutte le misure di sicurezza predisposte. Gli elicotteri che scortavano dall’alto il treno-Castor erano ben riforniti, gli attivisti in avanscoperta che dovevano inviare al treno il segnale d’arresto non sono riuscit* a realizzare il proprio compito; Sébastien, nel tentativo di abbandonare il binario venne afferrato e travolto dal treno in corsa. (…)

 

(*) Sébastien Briat 1982-2004: il 7 novembre 2004 Sébastien ha il compito, con un gruppo ambientalista, di fermare il Castor a Avricourt, nei pressi di Nancy(Francia). Per raggiungere l’obiettivo il gruppo dispone tubi di metallo nel letto del binario, mentre si prepara a fissare alle rotaie i tubi, su cui poi devono incatenrsi gli attivisti non appena il treno si fosse fermato. Ma qualcosa va storto. Il gruppo che doveva inviare il segnale al macchinista, in modo che riducesse la velocità e si fermassse di fronte al letto di tubi, non riesce nel proprio compito. Il treno Castor passa sul luogo scelto dagli ambiemtalisti alla velocità di 98 kmh, Sébastien non riesce a distanziarsi in misura sufficiente dalla rotaia, anzi, viene risucchiato dalla velocità del treno e travolto.

Il 2 novembre 2010 a Berlino il “kommando Sébastien Briat” rivendica un incendio nella metropolitana e di un furgone della Siemens.

 

 

 

 

Azioni nel giorno X (rotaie)

Il giorno dell’arrivo del Castor a Luenenburg le persone si dipongono lungo la rotaia con l’obiettivo di bloccare il treno. Nel migliore dei casi, se sono ben preparate, con forme di azione, le più diverse, cercano di ritardare (differire) il transito del Castor. Alcuni esempi.

 

 

Presidio sui binari

Quanto meno viene preparato un grosso presidio sui binari fra Luenenberg e Dannenberg. Negli anni scorsi il gruppo Widersetzen (resistere) ha organizzato tutto ciò; quest’anno ha allestito un campo nei pressi di Hitzacker con la “tattica” ormai provata delle “cinque dita”; da anni vengono avvolti gli sbarramenti della polizia allo scopo di raggiungere i binari e di non lasciarli fino allo sgombero cui la polizia si incaricherà di attuare. Il gruppo Widersetzen è importante nell’allestimento di base dell’azione non-violenta. L’azione deve essere aperta a tutte le persone. Il consenso all’azione non è certamente un’assicurazione nei confronti della violenza della polizia, ma non deve essere suscitato uno scontro aggressivo. Le azioni con un’elevata possiblità di scontro, come i presidi sui binari, devono perciò essere attuate in altri luoghi. (…)
Video di “Widersetzen-Blockade 2010” in: http://www.youtube.com/watch?v=WDat-3kR1T8

 

Castor? costruiamo massicciate!

Anche quest’anno ci si prepara alla mobilitazione sulla base della parola d’ordine “Castor? Alziamo massicciate, mettiamogli la ghiaia nelle rotaie”. Gli scavi sotto i binari, per impedire il passaggio del treno, nella resistenza a Castor hanno una lunga tradizione. Da tempo i binari vengono resi inservibili attraverso piccole azioni decentrate, con risultati, a volte più altre meno, efficaci. L’altr’anno alcuni gruppi dell’Interventionistische Linke (IL, Sinistra Interventista) hanno ripreso questa forma d’azione ed hanno cercato di organizzare per la prima volta una “grossa azione di scavo e massicciata”. L’iniziativa è stata organizzata come una manifestazione, con gli striscioni ecc. per comunicare alla stampa e alla polizia: “Castor? Adesso lo paralizziamo!” (…)

 

 

 

Iniziative sulle strade preparate per il giorno X

Lungo il percorso stradale seguito dal trasporto verrà organizzato, come lungo i binari, un grosso blocco. E’ stata presa la decisione di mettersi sulla strada e di lasciarsi sgomberare. Dopo uno sgombero, di solito, torna a formarsi un nuovo blocco. Questo movimento viene ripetuto fino a quando non è passato il Castor, oppure finché la polizia ha trovato la possibilità di tenere lontane le persone dalle strade. Diversi gruppi prevedono, nel caso la polizia attui gli sgomberi, che i blocchi stradali mobili, possano scivolare in sit-in. Il percorso stradale è lungo e offre le più diverse alternative, l’importante è prepararle bene prima.

 

 

 

Azioni decentrate sulle strade

Anche lungo il percorso stradale sono possibili azioni decentrate, quali la costruzione di piramidi di cemento, ammasso di vecchie auto. I contadini con i loro trattori regolarmente bloccano parti del percorso stradale o altre importanti arterie. L’anno scorso un contadino portò sulla strada un intero gregge. Inoltre c’è la possibilità di scavare fossati lungo il percorso. Nel 2003 presso Quickborn, con il sabotaggio di un canale si riuscì ad allagare parte della strada. (…)

 

 

Preparazione necessaria

La forte risolutezza di cui c’è bisogno per colmare le lacune, per affrontare le difficoltà che si presentano, non nasce dall’improvviso coraggio degli eroi, delle eroine, ma, alcontrario, dalla buona preparazione, dall’addestramento dei gruppi di riferimento, che hanno affrontate le questioni pratiche. Nasce insomma dal fatto che noi nella testa abbiamo ben presente come superare le difficoltà.” Con questa coscienza l’anno scorso Widersetzen ha raggiunto presso Harlingen i binari con parecchie migliaia di persone.

Sul rapporto con la repressione

Anche quest’anno decine di migliaia di poliziotti verranno dislocati per dare sicurezza al trasporto Castor. L’intero Wendland verrà sottoposto per intere giornate allo stato d’assedio. Impianti di illuminazione rischiareranno campi agricoli immensi. Gli sbirri pattuglieranno con cani, cavalli, idranti, mezzi corazzati, ponti levatoi, elicotteri, intimidazioni e tutto ciò che costituisce l’arsenale di guerra della polizia, verrà mobilitato in Wendland con l’obiettivo di spezzare la resistenza. Le auto della popolazione sono continuamente perquisite (anche quando percorrono i sentieri). Spesso è persino impedito lo spostamento in direzione dei villaggi. Per affrontare i blocchi della polizia, spesso è d’aiuto la persistenza. In generale, va tenuto presente che la polizia diventa più aggressiva quanto più di avvicina il giorno dell’arrivo del trasporto Castor. (…)

E’ importante che nesuno vada in giro da solo su terreni poco visibili. E’ di grande pericolo essere attaccati dalla polizia quando ci si trova soli nel bosco, oltre a ciò si può rimanere feriti senza che nessuno sa quel che è accaduto. Sempre l’anno scorso, dopo il trasporto Castor, nel bosco è stata trovata una persona morta. Presumibilmente era diretta a compiere un’azione, si è ferita gravemente fino a morire, senza che nessuno sapesse dove fosse. Un tragico incidente che ribadisce la necessità di avere tutte e tutti, piccoli gruppi di riferimento, in cui le persone si prestino reciprocamente cura. Quantomeno nel giorno X! Nessuna, nessuno deve più restare sola, solo.

 

 

Per concludere

Il Wendland si trova di fronte ad un nuovo autunno caldo. Fino a quando nella RFT vengono prodotte scorie anche se soltanto da una sola centrale nucleare, un allentamento della resistenza non è all’orizzonte. Il Castor viene messo sulla strada, indubbiamente arriva, ma la questione è, quando e a quali costi? Rendere il più caro possibile Castor, in termini finanziari e politici, questo il grosso compito del prossimo novembre. In Wendland la popolazione è chiaramente felice quando vede ampliarsi i sostegni all’esterno – in Francia; ciò fa crescere i costi del trasporto Castor.

 

 

Gorleben novembre-dicembre 2011: la resistenza prende forza:

25mila manifestanti contro il trasporto Castor e lo stoccaggio finale – fuori dal nucleare adesso!

Il movimento anti-nucleare lotta con decisione contro il trasporto Castor, lo stoccaggio finale delle scorie a Gorleben e per l’uscita immediata dal nucleare. Sabato scorso, 26 novembre 2011, 25mila persone hanno manifestato e opposto resistenza a Dannenberg, nei boschi del Wendland e sedendosi,incatenandosi …lungo la rotaia. In questo modo il trasporto Castor, che aveva già subìto in Francia notevoli rallentamenti, quest’anno ha viaggiato più lentamente che in passato: per compiere il percorso da La Hague a Gorleben ha impiegato 125 ore, oltre 5 giorni.

 

 

Saluti dal Wendland: la nostra resistenza non conosce confini!

25 novembre 2011

Oggi attorno alle 10 del mattino il trasporto-Castor ha attraversato il confine dalla Francias in Germania. Noi vi ringraziamo per il vostro grosso e forte impegno! E’ un segno della solidarietà senza confine il fatto che voi ostacolate il trasporto delle scorie nucleari, sebbene sia chiaro che questo carico pericoloso deve arrivare il più presto possibile in Germania. La nostra resistenza non conosce confini!

Noi saremmo felici se tante, tanti di voi manifestassero assieme a noi anche qui in Wendland. Per lo spegnimento di tutti gli impianti nucleari – in tutto il mondo.

La rinascita del movimento anti-nucleare francese ci incoraggia tanto. Siamo innanzitutto felici oer la riuscita delle azioni precedenti la partenza del treno-Castor da La Hague. Condanniamo gli interventi della polizia.

Vi auguriamo di mettere in piedi l’anno prossimo, in cui cadono le elezioni presidenziali, un’ampia mobilitazione contro l’energia nucleare. Vi daremo sostegno con tutte le nostre forze.

Attiviste, attivisti della Libera Repubblica di Wendland, 25 novembre 2011

fonte: http://www.contratom.de/2011/11/25/gruswort-aus-dem-wendland-unser-widerstand-kennt-keine-grenzen/

 

 

 

Un saluto a Franziska ancora in carcere

2 dicembre 2011

 

Sabato 8 novembre 2008, tre anni fa, a Woerth [località dell’Alsazia immediatamente confinante con il Land Renania-Palatinato (RFT)] tre attivisti del movimento anti-nucleare si incatenarono ad un blocco di cemento sulla rotaia in cui doveva passare il trasporto-Castor. La corsa del treno rimase bloccata per 12 ore, tanto impiegò la polizia a rimuovere il blocco. Tre anni dopo una di loro è stata messa in galera.

In relazione a quell’azione le persone allora incatenatesi sono state accusate di danneggiamento di cose pubbliche, di grave intromissione nel traffico ferroviario e di coartazione (nel senso di violenza). Dopo la conclusione delle indagini la procura federale chiese l’arresto e la carcerazione soltanto rispetto alla “violenza”, per l’interruzione del traffico chiese una pena pecuniaria individuale di 800 euro. Il 6 ottobre 2010 si è svolto il processo contro tutte e tre le persone accusate, assieme ad altre quattro persone imputate di “concorso” con loro. Giudice e procura federale in aula furono d’accordo ad archiviare il processo contro quattro delle persone accusate che non si erano opposte al pagamento della multa. Una quinta persona prima della scadenza definitiva ha deciso di pagare.

Così solo Franziska, quando il 14 ottobre 2011 la condanna è divenuta definitiva, è stata portata in carcere, nel giudiziario di Francoforme sul Meno, dove dovrà restare per 80 giorni.

Sabato 26 novembre 2011 Franziska dal carcere è intervenuta direttamente nel corso della manifestazione “Castor Stopp – Gorleben soll leben” (Fermiamo Castor – Gorleben deve vivere), ascoltata dal oltre 20mila manifestanti.

fonte: http://www.contratom.de/2011/12/02/ein-gruswort-aus-dem-gefangnis/

 

 

 

Sulla contemporanea mobilitazione in Francia, a La Hague

23 novembre 2011,comunicato del collettivo Arrêt d’urgence nucléaire (Fermare subito il nucleare)

Oggi, mercoledì 23 novembre, all’inizio della sera, nella regione di Rouen sono stati bloccati dei treni azionando il sgnale di fermata immediata disposto lungo i binari. In un clima di violenta repressione poliziesca (1), abbiamo così contribuito a rallentare il 15° treno-Castor che trasportava scorie nucleari con destinazione Gorleben (Germania).

Ogni giorno, sulla strada come sulla ferrovia circolano in Francia fra i diversi insediamenti nucleari dei contenitori radioattivi che inquinano i territori.

Le scorie sono il simbolo dell’incapacità di gestire in maniera duratura e certa le conseguenze del grande delirio nucleare. I trasporti organizzati dai gestori del nucleare sono il loro modo di creare dei diversivi. Spostare le scorie per creare l’illusione di sapere cosa farne, “ritrattarle” per “riciclarle” a fini militari, sotterrarle per camuffare, e soprattutto, ricomporre il tutto di fronte all’impossibilità di gestire l’ingestibile.

Non potevamo rimanere fermi e tacere davanti a questo andazzo imposto a colpi di manganello e di minacce repressive.

Rallentando il treno-Castor vogliamo fare in modo che ogni minuto perso aiuti a sollevare il velo su quel che l’industria nucleare desidera nascondere a tutti i costi: le sue scorie, il pericolo che ci fa subire tutti i giorni con le sue centrali, la sua essenza profondamente centralizzata e totalitaria… Vogliamo che si parli dell’orrore quotidiano che costituisce il sistema nucleare. Vogliamo far tacere la propaganda della nuclearcrazia, la quale incessantemente nega il pericolo del gigantesco macchinario, da Cernobyl a Fukushima, dalle miniere di uranio in Niger fino alla fabbrica di plutonio a La Hague. Vogliamo fare di questo traffico un inferno per tutte le persone che collaborano a questo mondo mortifero. Ci saremo sempre, che questi treni esportino la morte a Gorleben o altrove.

Oggi non siamo in poch* ad agire, domani saremo ancor più numerosi. Non vogliamo ingannare, non rivendichiamo il blocco del trasporto delle scorie nucleari, rivendichiamo piuttosto l’arresto immediato del nucleare e del mondo che esso genera.

Arrêt d’urgence nucléaire

  1. Elicotteri, gas lacrimogeni, granate assordanti, proiettili di gomma, maganelli

fonte: http://valognesstopcastor.noblogs.org/756

Dopo il campo a Valognes (Normandia)

comunicato del “Collectif Valognes stop castor”, postato il 2 dicembre 2011

 

A Valognes il 23 novembre scorso è stata l’arroganza della lobby nucleare, stavolta, che ha dovuto indietreggiare, mentre, invece, è stato vinto almeno in parte il sentimento di impotenza che da anni era presente in coloro che la combattono. AREVA (multinazionale francese attiva nel campo dell’energia, specialmente quella nucleare; lo stato francese possiede più del 90% del suo capitale azionario…) la settimana scorsa si è permessa di esporre ai giornalisti quanto fosse stato facile ritirare il paragrafo sul MOX (Mixed oxide fuel, è una miscela di uranio naturale e plutonio) dall’accordo PS-EELV (partito socialista e i Verdi di Europa Ecologia); in tal modo ha contribuito a svelare a tutta la popolazione chi, in questa materia, sia il padrone.

A Valognes stato, AREVA hanno offerto l’immagine del più completo smarrimento: nella precipitazione accelerano la partenza del treno-Castor, circondano con la polizia il centro della cittadina, chiudono asili e scuole, poi denunciano le persone manifestanti come coloro che “hanno disturbato il funzionamento di un’intera regione”. Tutto questo perché 500 persone, provenienti da tutta la Francia si erano date appuntamento a Valognes per bloccare un treno e realizzare il desiderio comune di mettere fine prendersi gioco della loro vita con il nucleare.

Raramente la vera efficacia dell’azione collettiva risiede negli effetti immediatamente percettibili. Che noi per ben tre volte siamo riusciti a portarci in massa sulla ferrovia, a sollevare i binari e a togliere la ghiaia su oltre dieci metri, ritardando così di parecchie ore (circa 5) la partenza del treno, malgrado l’enormità della dislocazione poliziesca, non è certamente un risultato trascurabile. Noi diamo tuttavia maggiore importanza al modo in cui siamo giunti a quel risultato, all’intelligenza collettiva che è necessario acquisire per riuscire, con una marcia notturna nei campi, ad aggirare le forze avverse e trovare il punto e il momento in cui compiere l’azione ideata. Non dimenticheremo presto il levarsi del sole su una nebbia carica di gas lacrimogeni, come ci ricorderemo per lungo tempo delle e degli abitanti di Flottemanville che spontaneamente ci hanno offerto del caffè e incoraggiato; non ci dimenticheremo dei sindaci che hanno aperto i loro comuni per curare i feriti, per offrirci rifugio. Di certo non dimenticheremo presto le pallottole del gas CS piovute indistintamente sull’intero villaggio, sulle case, sui pollai, che testimoniano molto bene il rispetto che la polizia ha della popolazione. Chi, fra l’altro, ha detto che la popolazione di Cotentin fosse uniformemente favorevole al nucleare che le dà da vivere? In quelle giornate abbiamo invece incrociato in quei luoghi parecchio sostegno attivo da parte della popolazione, delle famiglie che sin dall’inizio sono venute al nostro campo a dividere con noi il pasto.

Piuttosto che abbassare il numero delle persone manifestanti e definirle “casseurs” (teppisti), di essere felici che il treno sia alla fine partito, AREVA e la prefettura farebbero bene ad inquietarsi della determinazione di coloro che hanno agito, della solidarietà espressa nei loro confronti, sia in Francia che in Germania. Quanti decenni sono passati, poste le necessarie proporzioni, dall’ultima grande battaglia in Francia contro la piovra atomica? Bisogna essere in agonia per accusare una manifestante di 65 anni di furto di una lattina di soda da un camion che consegnava il pasto alla polizia, negando allo stesso tempo di fronte ai giornalisti le manganellate quando da ore erano in circolazione ovunque le foto delle persone manifestanti pestate?

L’attenzione nazionale delle ultime settimane attorno al nucleare non lascia dubbi rispetto a quel che i governi compiranno per tentare di uscire dal vicolo cieco. A riguardo, noi non possiamo contare che sulle nostre forze. Valognes ha rafforzato la nostra causa su questo: tanto nell’organizzazione del campo che dell’azione, per quel che riguarda il modo di prendere le decisioni o di esprimere le nostre idee, non dobbiamo aspettare nessuno. Abbiamo fatto quel che potevamo nella misura dei nostri mezzi, certamente limitati, ma non irrisori. E a dispetto delle manovre di AREVA, dell’SNCF (Société nationale des chemins de fer français, Società nazionale delle ferrovie francesi) dei loro complici, siamo riusciti a fare ciò che ci eravamo proposti di fare. La cosa non è così semplice. Inoltre, sappiamo che Valognes non è stato il solo blocco del CASTOR in Francia; ed anche se AREVA e SNCF tentano di tacere il logoramento di cui sono state oggetto, noi siamo onnipresenti e irriducibili. Ne sono prova i ritardi di CASTOR conseguenti al blocco della ferrovia nella Mancia del sud e a causa dell’impiego dei segnali d’allarme nella regione di Rouen.

Non abbiamo mai considerato Valognes come un gesto eclatante, ma piuttosto come un nuovo inizio, un apporto di vigore, un contributo a tutto quel che in Francia vuole affrancarsi dalla fatalità nucleare. Sappiamo che il cammino sarà lungo e aspro. Nello stesso tempo in cui abbiamo bisogno di sradicare la produzione elettrica centralizzata e di ritrovare nel nostro modo di vivere, ciò che concerne l’energia di cui abbisognamo, è necessario ostacolare con tutti i mezzi i flussi di uranio e di scorie che tessono il funzionamento regolare, accuratamente occultato, dell’industria dell’atomo al pari delsuo anello debole. Dobbiamo impedire la costruzione dell’EPR (European Pressurized Water Reactor, reattore nucleare) di Flamanville e lo smantellamento delle linee THT che devono rimanere se non vogliamo sottostare al ricatto nucleare ormai quarantennale. C’è da organizzare uno sganciamento tecnico e politico nei confronti della normalità nuclearizzata. AREVA giudica “inaccettabili” i nostri metodi; noi giudichiamo che l’esistenza stessa di AREVA, in ogni suo dettaglio, è inaccettabile. I miliardi investiti nella cura della sua immagine, nella trasformazione di COGEMA in AREVA, non hanno cambiato niente. E’ necessario che la produzione di energia fondata sull’atomo divenga visibilmente ovunque il problema che essenzialmente è. Contate su quelle e quelli di Valognes per lavorare su questo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Germania, addio al nucleare ultimo reattore spento nel 2022

BERLINO – È fatta: la Germania della cancelliera cristianoconservatrice Angela Merkel è la prima grande potenza economica a dire addio all’atomo. Alle prime ore del mattino, dopo un lungo vertice alla Cancelleria e consulti con le opposizioni di sinistra, i sindacati, le Chiese, le parti sociali e il ministro dell’Ambiente, il democristiano Norbert Roettgen ha dato l’annuncio: tra dieci anni, nel 2022, l’ultimo dei 17 reattori atomici tedeschi sarà spento.

L’addio al nucleare costerà 40 miliardi di euro, e sarà accompagnto da uno sforzo ancor più massiccio di quelli già intensi compiuti finora per la riconversione alle energie rinnovabili e pulite. Berlino, sull’onda del terrore provato dalla società tedesca e da tutto il pianeta per la tragedia di Fukushima, si è dunque decisa a bruciare i tempi e a dare l’esempio a tutto il mondo.

Non ci sarà un ritorno indietro, non sarà possibile perché la nostra decisione lo vuole escludere, ha detto Roettgen. Ecco i principali punti del piano governativo, deciso dopo aver sentito la commissione etica bipartisan del Bundestag e dopo negoziati di un’intensità senza precedenti con le opposizioni, cioè socialdemocrazia, verdi e Linke:

1. Le date di spegnimento. L’ultimo reattore sarà spento entro il 2021, tra appena dieci anni. Dal 2021 al 2022 tre reattori saranno tenuti in standby, pronti all’uso, in caso di rischio di blackout.

2. Dopo il 2022? Sarà tenuto in stand-by come riserva un solo reattore, ma solo per la produzione di energia in caso di emergenze e per evitare blackout.

3. I costi della riconversione. I media e gli esperti li hanno calcolati in 40 miliardi di euro. Il mantenimento della tassa sull’energia atomica pagata dai produttori di energia aiuterà a finanziare la spesa.

4. Gli obiettivi della riconversione. Tra il 2020 e il 2030 il governo vuole che le energie rinnovabili passino a coprire almeno tra il 70 e l’80 per cento del totale del fabbisogno d’energia della prima potenza economica europea.

5. La situazione attuale. Da alcune settimane sono accesi pochissimi dei 17 reattori: molti sono spenti per controlli di sicurezza o manutenzione. Per cui già adesso la percentuale di fabbisogno energetico fornita dalle centrali atomiche tedesche, 17 per cento circa del totale, è decisamente inferiore a quella (22 per cento) che la Germania ricava da eolico, fotovoltaico, biomassa e altre energie rinnovabili.

La tragedia di Fukushima, il decollo dei Verdi che sembrano in marcia verso il traguardo di divenire primo partito d’opposizione (e in alcuni sondaggi sono il primo partito tout court) e le disfatte elettorali del centrodestra negli ultimi mesi in molte elezioni regionali, a vantaggio soprattutto degli ecologisti, hanno dunque convinto Angela Merkel a una svolta radicale. La cancelliera aveva infatti cancellato (nel 2009) il programma di addio dolce all’atomo lanciato nel 1998 dalla Spd del suo predecessore Gerhard Schroeder e dai suoi alleati Verdi dell’allora ministro degli Esteri Joschka Fischer.

Il centrodestra sosteneva le ragioni dell’atomo e della lobby atomica, dicevano i critici. Ma, come ella stessa ha ammesso in pubblico, Fukushima ha costretto a una riflessione profonda: un rifiuto dell’atomo nella società e una tempesta di dubbi nella stessa Dc tedesca. Già da anni, l’economia tedesca si prepara a vivere senza atomo: mentre la dipendenza dalle centrali, dal 1998 a oggi, è diminuita dal 33 per cento al 17 per cento del fabbisogno totale di elettricità, l’efficienza energetica dell’industria made in Germany è cresciuta del 48 per cento e il paese è diventato molto più competitivo e global player di economie come quella francese che invece scommettono tutto sul nucleare.

Le prime reazioni del mondo economico (come un duro commento dell’amministratore delegato di Daimler, Dieter Zetsche) sono state negative: criticano l’eccessiva fretta e parlano dei rischi dell’insufficienza energetica. La Merkel ha deciso di ignorare riserve e ‘nyet’ dei poteri economici, pure sostenuti dall’ala destra del suo partito e dai suoi alleati di governo liberali (Fdp), e di seguire la scelta degli elettori e del paese reale. Ascoltando opposizioni, sindacati e chiese più che non i produttori d’energia e gli imprenditori. (30 maggio 2011)

http://www.repubblica.it/ambiente/2011/05/30/news/la_germania_dice_addio_al_nucleare_nel_2022_spegner_l_ultimo_reattore-16932841/index.html?ref=search

Fukushima, nucleare: la Tepco ammette la fusione del nocciolo anche ai reattori 2 e 3

È stata confermata da parte della Tepco, la Tokyo Electric Power che gestisce l’impianto nucleare di Fukushima, in Giappone, la fusione delle barre di combustibile anche dei reattori due e tre. Fino ad ora, solo il reattore uno era quello incriminato, ma secondo quando sostiene la società nipponica è molto probabile che la fusione si sia prodotta anche in altri due dei 6 reattori della centrale.

Dopo la conferma che il disastro potrebbe essere legato anche ad un errore umano, nonostante il governo giapponese abbia più volte parlato di probabili fusioni delle barre di combustibile in tre dei sei reattori la Tepco aveva sempre smentito la cosa, confermando soltanto il problema al reattore uno.

La maggior parte del combustibile nucleare è probabilmente affondata nella parte inferiore, come nel reattore numero 1” fanno sapere i tecnici della Tepco, che attualmente sono impegnati nelle operazioni di raffreddamento. Al momento sembra che il rischio sia stato limitato e che le condizioni dei due reattori siano state stabilizzate.

Ma cosa succede quando avviene la famigerata fusione del nocciolo?

Si tratta della vera e proprio liquefazione del nocciolo radioattivo, la cui temperatura raggiunge migliaia di gradi a causa della reazione nucleare legata alle barre di zirconio, che a loro volta contengono il combustibile di uranio. Come riporta bene anche un bell’articolo dell’Unità, “nella storia, la fusione del nocciolo è avvenuta una sola volta, nel 1986 a Chernobyl, quando una procedura malaccorta mise fuori uso i sistemi di raffreddamento e controllo. Qualche anno prima, nel 1979 a Three Mile Island negli Usa, la fusione totale del nocciolo venne evitata all’ultimo momento (si fuse soltanto il 25 per cento)”.

Fin dai primi momenti dopo il terremoto, la prima manovra per scongiurare una fusione totale con la conseguente perdita del materiale radioattivo, è stata il raffreddamento di tutti i contenitori del reattore, rallentando così la fusione del nocciolo. Cosa che sta avvenendo proprio adesso nei reattori due e tre.

Il problema è che in caso di fusione del nocciolo i reattori si trasformano in veri e proprio sarcofaghi perpetui in cui è chiusa una massa informe di metallo fortemente radioattivo, inavvicinabile e intrattabile. E questo per l’eternità in quanto occorrono milioni di anni perché la radioattività naturalie dell’uranio si estingua naturalmente.

Dunque, anche se i media non ne parlano più, l’allarme di Fukushima non è affatto rientrato e ciò che si prospetta sono tre grandi cubi “di cemento e acciaio dal cuore altamente radioattivo, che dovrà essere continuamente controllato per tema che non si fessuri o si rompa, provocando un disastro ambientale che è impossibile da quantificare“.

Francesca Mancuso

http://www.greenme.it/informarsi/ambiente/4966-fukushima-nucleare-fusione-del-nocciolo-tepco

Catastrofe di Fukushima: la gestione sociale dei contaminati.

Si stima che il 75% delle scuole della prefettura di Fukushima abbia un livello di radioattività tale da superare la soglia di 1 millisiviert all’anno, la dose finora considerata sicura per la generalità della popolazione civile. Così, per non chiudere le scuole, la soglia tollerabile per i bambini è stata innalzata d’ufficio a 20 millisiviert.
Il consiglio per l’istruzione della prefettura di Fukushima ha distribuito monitor-detector per le radiazioni alle scuole ed agli asili. I detector sono già stati consegnati a 55 strutture educative che vanno dalle scuole materne alle scuole superiori. Alcune scuole elementari e medie della prefettura sono state invitate a limitare le attività all’aperto degli studenti per evitare la possibile esposizione a radiazioni provenienti dalla centrale nucleare Fukushima Daiichi. Diversi insegnanti delle scuole elementari stanno tenendo in registro quotidiano delle radiazioni per avvertire i genitori e tenerli tranquilli Il consiglio per l’istruzione della prefettura raccoglie ogni settimana i dati relativi alle radiazioni provenienti da scuole ed asili e riferisce i risultati al ministero dell’istruzione.

Dal Guardian i genitori di Fukushima protestano per l’innalzamento dei limiti di radioattività cui possono essere esposti i bambini

Ciò che accade in Giappone è una dimostrazione del fatto che la società atomica è la società della menzogna, del negazionismo, del controllo sociale più barbaro. E’ una dimostrazione del fatto che la società atomica è fatta a misura del profitto di un pugno di colossi industriali, energetici, militari.
Gli stessi criminali che hanno provocato questa catastrofe continuano ad avere il potere nella gestione e nelle scelte per tentare di fermare la catastrofe. Ma operano in primis per salvaguardare il loro potere e il loro affare: NON EVACUANO la popolazione e continuano a fare scellerate scelte che ci avvicinano sempre più alla “catastrofe planetaria”: è indicativo il riversamento nell’oceano pacifico di migliaia tonnellate di acqua radioattiva!
Non evacuano la popolazione per non dare visibilità alla catastrofe ambientale che stanno provocando. Minimizzano quanto sta accadendo dicendo di avere tutto sotto controllo. La gestione sociale dei contaminati è ad uso e consumo dello stato, delle lobby nucleari, delle lobby farmaceutiche, delle lobby agricole che riescono a produrre cibi in terreni sterili, degli eserciti, ecc

La zona attorno alla centrale è un ammasso informe di macerie, fango, cadaveri: una montagna radioattiva che nessuno sa che fine farà. La zona evacuata di 20Km rimarrà inabitabile per oltre 20 anni (secondo le prime stime), oltre i 20Km dalla centrale vivono moltissime persone che non vengono evacuate. Chi abita nella zona compresa tra i 20 e i 30 Km dalla centrale non può uscire di casa, deve vivere con porte e finestre sbarrate per proteggersi dalle radiazioni. La contaminazione del cibo e dell’acqua è gravissima: frutta, verdura, latte hanno livelli di radioattività tali per cui il consumo è pericolosissimo. Anche l’acqua corrente di Tokyo è contaminata.

Il governo nipponico, si ostina a minimizzare ripetendo che le quantità rinvenute sono ben lontane dal rappresentare un pericolo per la salute ed ha bloccato la distribuzione di latte e di due tipi di verdure prodotte in 4 prefetture limitrofe all’impianto, come «misura precauzionale».
La realtà è che l’emissione di materiale radioattivo nell’aria è continua e hanno riversato migliaia di tonnellate di acqua radioattiva nell’oceano pacifico.

Secondo l’ultimo rapporto presentato dalla Tepco ci sono circa 70mila tonnellate di acqua stagnante con un alto livello di radioattività nelle unità 1, 2 e 3. Fumo bianco continua a fuoriuscire dalle unità 2 e 3 mentre la situazione è stazionaria nell’unità 4. Al momento viene ancora iniettato gas di azoto per ridurre la possibilità di una fusione.

Oggi sappiamo che nel reattore n° 1 il 55% delle sue barre di combustibile sono fuse essendo rimaste all’asciutto. Stessa sorte per il 35% del combustibile del reattore 2 e per il 30% del numero 3 (Fonte: World Nuclear News 6 maggio 2011).

Dopo due mesi ancora si lavora con sistemi di raffreddamento di emergenza, La Tepco ha annunciato una nuova, consistente perdita di acqua radioattiva dal reattore n. 1 della centrale di Fukushima, il governo ha deciso di abbattere tutti capi di bestiame presenti entro il raggio di venti chilometri dall’impianto nucleare, il governo ha alzato i limiti di radioattività considerati sicuri per i lavoratori da 100 a 250 millisiviert all’anno e adesso anche per i bambini nelle scuole della prefettura di Fukushima da 1 millisiviert a 20 millisiviert all’anno. Sono morti 3 lavoratori della disastrata centrale per “cause sconosciute”.

Sono passati due mesi, la situazione è drammatica, non è ancora il momento di dimenticare Fukushima! Perchè milioni di giapponesi subiscono tutto ciò senza ribellarsi? L’unica cosa che il governo, la Tepco e i loro codazzi di assassini hanno sotto controllo sono i lavoratori e la popolazione contaminata!
Battiamoci contro il nucleare e il mondo che lo produce, perchè la società atomica è questa!

Pattumiera nucleare: tonnellate di scorie a due passi da Torino

da indymedia

La pattumiera del nucleare italiano, vista dall’esterno, sembra una fabbrica qualunque. Un bel reperto di archeologia industriale sperduto nel verde, tra la Dora Baltea e le risaie del Vercellese. Si trova a Saluggia, 40 chilometri da Torino, 120 da Milano. E nonostante l’apparenza bucolica, quarant’anni dopo lo spegnimento dei reattori della centrale, continua a rappresentare un pericolo per l’ambiente e la popolazione. Lo dice l’Arpa Piemonte, che nel 2009 ha rilevato una “lieve contaminazione” in alcuni campioni d’acqua e di terreno ad una profondità di due o tre metri. E lo dice Niccolò Pollari, ex direttore del Sismi, che in un’audizione alla Commissione Difesa, nel 2003 la metteva in cima alla lista dei potenziali obiettivi sensibili del terrorismo internazionale.

Il comprensorio nucleare di Saluggia è suddiviso in due aree separate. Nella prima si trova l’impianto Eurex, che in passato ha prodotto un grosso quantitativo di rifiuti radioattivi sia solidi che liquidi attualmente stoccati all’interno dell’area. Nella seconda, l’ex reattore di ricerca Avogadro che nel 1971 ha cessato la propria attività, e dal ’79 viene utilizzato come deposito. Nei capannoni sono custodite 30 tonnellate di materiali radioattivi, tra cui 164 barre di uranio provenienti dalle centrali di Trino Vercellese e Garigliano, in provincia di Caserta. I materiali stoccati nell’Avogadro, entro due anni, dovranno essere trasferiti nei più moderni depositi francesi. Mentre per le scorie liquide dell’Eurex, che vanno prima solidificate in un impianto ad hoc, occorrerà più tempo.

L’Agenzia regionale per l’ambiente, naturalmente, monitora periodicamente la situazione. E nell’ultima relazione, pubblicata nel 2009, rileva «una lieve contaminazione di alcune matrici ambientali». Acqua e terreno, in cui sono state rilevate tracce di Stronzio 90, Cobalto 60, Cesio 137 e Trizio. Secondo l’Arpa, i livelli non sono preoccupanti. Ma le indagini “hanno evidenziato presso il sito alcune situazioni di criticità presso gli impianti che hanno causato episodi di contaminazione”. Nel giugno 2004, inoltre, la società che gestisce Eurex ha segnalato la “parziale perdita di contenimento della piscina di stoccaggio del combustibile irraggiato dell’impianto”. E in seguito alla fuoriuscita di materiale radioattivo, in un pozzo di Casale Benne, è stata riscontrata la presenza di Stronzio 90 “ad un valore più elevato rispetto ai precedenti”. Casale Benne è una piccola frazione tra la centrale e la Dora Baltea, che qualche chilometro più avanti confluisce nel Po. E il rischio, in caso di incidente, è che la contaminazione raggiunga in brevissimo tempo il Mare Adriatico.

“I rilasci conseguenti ad eventi anomali – scrive l’Arpa – non sono controllabili». E tra gli “eventi anomali”, stando a quanto riferito da Niccolò Pollari nell’audizione 2003, non si può escludere un attentato terroristico. Pollari parla di Saluggia e dei «rifiuti radioattivi liquidi, che sono tra i più pericolosi, in quanto suscettibili contaminazione anche solo per esondazione del Po». Saluggia, secondo l’ex capo dei servizi segreti, è da inserire tra le centrali «a livello alto di pericolosità». E i terroristi potrebbero sceglierla come obiettivo «per massimizzare l’effetto mediatico» di un attentato. L’ipotesi «dell’impatto di un aereo non militare su questi siti – dice Pollari – è remota, ma non da escludere». Anche perchè, avverte il direttore del Sismi, le piscine con residui liquidi di Saluggia, distano «poche decine di chilometri dall’aeroporto di Caselle» e sono «raggiungibili in tre minuti di volo».

Sardegna, una valanga contro il nucleare

I sì superano il 97%. L’affluenza al 60%, serviva un terzo dei votanti. Il Pd: «Governo non può non tenerne conto»

Pr

MILANO – Dalla Sardegna, al referendum consultivo regionale sul nucleare, arriva un vero e proprio plebiscito contro le centrali. I sì, ovvero i contrari all’atomo, raggiungono il 97,14 per cento, mentre i no si fermano al 2,85 per cento.
L’affluenza definitiva è stata del 59,34%, pari a 877.982 votanti. Il quorum di un terzo dei votanti, stabilito dalla legge regionale 20 del 1957, è stato dunque ampiamente superato. In provincia di Cagliari è andato alle urne il 61,39 per cento degli elettori, nel Nuorese il 59,12 per cento, nell’Oristanese il 57,83 per cento, nel Medio Campidano il 61,59 per cento, nella provincia di Carbonia-Iglesias il 65,91 per cento, in provincia di Sassari il 59,34 per cento, in Ogliastra il 58,67 per cento e nella provincia di Olbia-Tempio il 56,73 per cento. Il referendum nazionale abrogativo, fissato per il 12-13 giugno (insieme ai quesiti sull’acqua e sul legittimo impedimento) è ancora in bilico. Deciderà la Cassazione dopo la moratoria del governo che ha congelato il programma sul nucleare per un anno.

LE REAZIONI – «Adesso dobbiamo mettere in campo la capacitá di scegliere l’alternativa al nucleare» ha detto il presidente della Regione Sardegna Ugo Cappellacci, commentando il risultato del referendum sul nucleare. «Ho sentito e letto, in questi minuti, dichiarazioni su chi ha vinto o meno. Credo – ha detto il presidente – che abbiano vinto la Sardegna e i Sardi, che hanno dato prova di avere a cuore le sorti dell’isola. La nostra non è stata una scelta isterica, non condizionata da Fukushima. Ora dobbiamo dimostrare quella capacitá d’intenti da mettere in campo per costruire l’alternativa con la green economy».
«La Sardegna sconfigge con un vero e proprio plebiscito il nucleare ed il bavaglio che Berlusconi vorrebbe imporre agli italiani e alla democrazia» ha detto il presidente dei Verdi Angelo Bonelli.
«Un vero e proprio plebiscito che spazza via dall’isola l’incubo nucleare. Se qualcuno voleva la dimostrazione che i cittadini non vogliono ritornare all’atomo, il segnale è arrivato fortissimo e chiaro. Ora l’incubo nucleare va abbandonato, insieme ai trucchetti per riproporlo tra due anni» dice Stefano Leoni, presidente del Wwf Italia.
Per Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd, «il risultato del referendum è andato ben oltre le aspettative. Siamo certi che questo risultato sarebbe analogo in tutte le Regioni se si votasse sulla collocazione delle centrali. Di questo i legislatori e il Governo non possono non tener conto, rispettando la volontà popolare e chiudendo definitivamente con il ritorno al nucleare che non solo mette a rischio la sicurezza, la salute e l’ambiente, ma ci sta facendo perdere tanto tempo e denaro».

Redazione online
16 maggio 2011
http://www.corriere.it/politica/11_maggio_16/referendum-sardegna-quorum_20917878-7fa6-11e0-845d-a4559d849f1e.shtml

Tagli ai fondi per i “paesi nucleari”, il comune fa causa al Governo

da varesenews.it
Il paese del Varesotto fa parte della consulta Anci che ha avviato un’azione legale nei confronti di Palazzo Chigi. Il sindaco: «Attendiamo circa 2.500.000 euro»
I fondi promessi dallo Stato ai “paesi nucleari” non arrivano e i comuni fanno causa al Governo. Tra questi c’è anche Ispra che ha avviato, insieme a Caorso, Saluggia, Trino Vercellese, Rotondella e Piacenza un’azione legale per ottenere il rimborso delle somme spettanti dal 2005 come compensazione economica. Fondi consistenti, previsti dal decreto Scanzano come rimborso per il fatto di ospitare sul proprio territorio delle servitù nucleari siano esse vecchie centrali piuttosto che depositi di materiale radioattivo. 

Le casse del comune del Varesotto, spiega il sindaco Paolo Gozzi, attendono dunque «circa 2.500.000 euro». Vale a dire le quote dovute dal 2005 al 2010. «Contare su soldi annunciati che poi non arrivano equivale a vedersi sottratte delle risorse attese. Ed è anche una questione di principio. Erano state fatte delle promesse alle comunità locali».

«Stiamo parlando – ha spiegato Fabio Callori, presidente della consulta Anci delle città sedi di impianti nucleari – delle risorse spettanti ai Comuni che ospitano i vecchi impianti nucleari quali misura di compensazione. In virtù della legge Finanziaria, nel 2005 tali risorse sono state decurtate del 70% per destinare gli introiti che i cittadini pagano con la bolletta elettrica alla fiscalità generale. Anche l’Autorità per l’Energia e il Gas si era espressa in maniera non favorevole a tale previsione dato che in via generale non si possono destinare a un’entrata dello Stato delle cifre che hanno una precisa destinazione, quella di riqualificare i territori sui quali ha gravato la vecchia generazione del nucleare. Finora – ha sottolineato Callori – l’Anci si è impegnata con tutte le iniziative possibili a livello di emendamenti e di proposte per il recupero delle somme, fino ad arrivare alla proposta al Governo del rilascio di attestati per il riconoscimento dei crediti, ma da parte del Governo non c’è stato nessun riscontro».

«Oggi – ha denunciato il Presidente della Consulta – ci ritroviamo poi a dover anche inseguire l’erogazione di quello che rimane, ovvero il 30% che è stato già deliberato dal ministero dell’Ambiente per le annualità 2008-2009 e contabilizzato dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico, ma finora il CIPE non si è ancora espresso per la ripartizione del fondo e probabilmente ciò comporterà oggettive difficoltà per il completamento delle opere in corso di realizzazione sul territorio. Siamo letteralmente sconcertati dalle “menzogne” che ci vengono raccontate – conclude Callori – le carte e le risorse per le delibere CIPE ci sono tutte e oggi ne abbiamo avuto conferma. Ancora una volta non riusciamo proprio a capire il perché di queste negligenze».

Giappone: nuovo allarme fusione a Fukushima, si abbatte bestiame

11:11 12 MAG 2011

(AGI) – Tokyo, 12 mag. – La Tepco ha annunciato una nuova, consistente perdita di acqua radioattiva dal reattore n. 1 della centrale di Fukushima, che potrebbe essersi parzialmente fuso. Tuttavia, la temperatura relativamente bassa del contenitore esterno lascerebbe pensare che il materiale combustibile sia scivolato sul fondo e continui dunque ad essere raffreddato dal liquido rimanente.

Intanto, il governo ha deciso di abbattere tutti capi di bestiame presenti entro il raggio di venti chilometri dall’impianto nucleare. “Ci scusiamo per il dolore che questo causera’ a coloro che li hanno allevati, a prescindere dall’indennizzo economico che riceveranno”, ha dichiarato il portavoce Yukio Edano. Ma e’ soprattutto la situazione della centrale che continua a preoccupare. Dalle nuove misure effettuate, e malgrado le sette tonnellate di acqua all’ora iniettate, il liquido nel reattore n. 1 e’ sceso sotto il fondo delle barre di combustibile, che sono lunghe quattro metri.

Nel reattore, dunque, si e’ verificata una consistente perdita d’acqua radioattiva. La Tepco ha tuttavia precisato che la temperatura del contenitore esterno e’ di 100-120 gradi, un livello che dovrebbe garantire in “modo relativamente stabile” il raffreddamento delle barre. Il reattore n. 1 e’ il piu’ instabile, avendo subito un danneggiamento del 55 per cento con parziale fusione del nocciolo.

 

Giappone: fuga radioattiva anche da centrale di Tsuruga

Tokio, 2 mag. (Adnkronos/Dpa) – Una fuga di radioattivita’ e’ stata scoperta anche alla centrale nucleare di Tsuruga, nella provincia giapponese di Fukui. Lo rende noto l’agenzia di stampa Jiji, citando fonti dell’amministrazione locale. I problemi di quest’impianto sarebbero stati provocati, come nel caso della centrale di Fukushuma Daiichi, dal terremoto dello scorso undici marzo. L’agenzia di stampa Kyodo spiega che tracce di sostanze radioattive sono state scoperte nell’acqua di raffreddamento delle barre di combustibile usata.

Giappone, probabile fuga radioattiva a Tsuruga
Si sospetta una fuga radioattiva dalla centrale nucleare di Tsuruga, nel Giappone occidentale.

Oggi, durante un controllo di routine, è stato rilevato un aumento della concentrazione di sostanze tossiche nell’acqua di raffreddamento del reattore numero 2. Si presume sia a causa di perdite di materiale radioattivo dalle barre di combustibile.

Secondo l’agenzia di stampa Jiji, che cita fonti dell’amministrazione locale, i problemi dell’impianto sono stati provocati dal sisma e dallo tsunami che ha colpito l’11 marzo la parte nord orientale del Giappone. Il caso, così presentato dalle agenzie di stampa Kyodo e Jiji, sembra analogo a ciò che è successo alla centrale di Fukushuma Daiichi.

Secondo quanto afferma l’Atomic Power Co., la società elettrica giapponese che gestisce l’impianto, non si è verificata alcuna fuga radioattiva e si tratterebbe di un problema tecnico che non ha alcun collegamento con il terremoto dell’11 marzo. La centrale di Tsuruga si trova nella prefettura di Fukui, circa 450 km a ovest di Tokyo, in una zona che non è stata colpita dal sisma e dal successivo tsunami.

La Atomic Power Co. ha ammesso di aver individuato una “possibile” perdita di iodio che si è depositata nel liquido di raffreddamento e proveniente dal combustibile nucleare del reattore “Tsuruga-2”. Questo, costruito nel 1987 e in grado di generare una potenza di circa 1160 MW, è il più recente dei 2 reattori della centrale.

In ogni caso per questioni di sicurezza la società ha assicurato il blocco del reattore in modo da consentire dei controlli più approfonditi.

Nucleare: censurato il tema al concerto del primo maggio

http://www.ecologiae.com/nucleare-censurato-concerto-primo-maggio/39366/

Ha fatto scalpore la performance di Carmen Consoli nel concerto di due settimane fa in onore dell’Earth Day, in cui fece molta pubblicità, se così si può definire, ai referendum sul nucleare e l’acqua pubblica.

In quell’occasione la cantante siciliana ammise le sue perplessità sull’atomo, anche con immagini e parole forti, che nei due giorni successivi hanno fatto il giro d’Italia.

Per evitare che ciò accadesse di nuovo, peraltro di fronte ad un pubblico ancor maggiore (si parla di un picco di 3,7 milioni di spettatori), la Rai si è “cautelata”, e prima dell’ingresso sul palco degli artisti che si sono succeduti nel concerto del primo maggio, ha fatto firmare a tutti una dichiarazione in cui annunciavano che non avrebbero toccato gli argomenti del referendum.

Una vera e propria censura, peraltro perpetrata in malafede, visto che agli artisti non è stato detto cosa firmavano, tanto che molti di loro pensavano si trattasse di una semplice liberatoria sui diritti d’immagine. E’ stato solo appena prima di salire sul palco che gli è
stato comunicato il contenuto del testo firmato, e così molti di loro, che avevano in mente di seguire le orme della Consoli, si sono trovati imbavagliati.

Dansette