Lucca Libera!

La città non si vende né si compra... si vive!

La città non si vende né si compra... si vive!

Expandmenu Shrunk


Carrara: in assemblea permanente

Carrara. Notte tra il 4 e il 5 novembre. Il fiume Carrione rompe l’argine destro nella zona di Avenza. In pochi minuti vengono allagati interi quartieri. 450 gli sfollati, 1.600 le abitazioni danneggiate, 5.000 le famiglie coinvolte.
I lavori all’argine destro del fiume erano stati conclusi tra il 2006 e il 2007. Pare che il costo complessivo ammontasse a 2 milioni di euro, divisi in quattro lotti di 500.000 euro ciascuno probabilmente per evitare i collaudi che sono obbligatori quando le opere superano tale cifra. Indagherà la Procura… (?).
Sabato 8 novembre. Una folla di migliaia di persone si raduna sotto il palazzo comunale di Carrara, chiedendo a gran voce e con determinazione le dimissioni del sindaco Zubbani, a capo di una giunta, scusate il termine, PD.
Inizia parlando di questi ultimi fatti la nostra conversazione con Matteo e Silvia del Presidio Permanente presso la Sala della Resistenza del Comune di Carrara.

(Alla fine dell’intervista, foto del Presidio Permanente e della manifestazione di sabato 22 novembre)

Lucca Libera: quando e come è iniziata la protesta?

Matteo: la protesta è scoppiata l’8 novembre: una folla di circa tremila abitanti di Carrara si è ritrovata sotto il palazzo del Comune in una manifestazione organizzata tramite passaparola sui social networks. Una folla inferocita che protestava contro l’amministrazione comunale ed il sindaco. A seguito di un’irruzione all’interno dell’edificio comunale, si è creato un presidio permanente che chiede, essenzialmente, le dimissioni del sindaco e dell’intera giunta. Siamo di fronte ad un’amministrazione che negli ultimi anni ha devastato Carrara sia dal punto di vista economico che idrogeologico; un’amministrazione che, a seguito dell’alluvione, non ha saputo dire nient’altro che: “noi non ci dimettiamo, noi non siamo i responsabili diretti di ciò che è successo”. Con queste parole comincia da subito uno scaricabarile infinito. Il Comune dà la colpa alla Provincia, che è l’ente preposto agli interventi nell’alveo e sugli argini dei fiumi, mentre il Comune dovrebbe solo vigilare, controllare, ma di fatto manda solo pochi tecnici quando ci sono da fare dei lavori. Il rimpallo delle competenze può sì salvare, sul piano giuridico, il nostro sindaco dalle accuse, anzi la stessa Provincia, per bocca del presidente Buffoni, si è assunta la completa responsabilità riguardo al crollo dell’argine. Ma la responsabilità morale del sindaco Zubbani è nettissima. E’ un sindaco che non è riuscito ad esprimere, neppure nei primi momenti di fronte alla folla di cittadini, una sola parola di solidarietà. Nonostante alcuni dicano che la folla fosse costituita solo da anarchici, ultras e gente violenta, in realtà vi erano mamme, bambini e ragazzi molto giovani. La folla era sì arrabbiata, ma comunque aveva un atteggiamento pacifico. Ebbene, nemmeno una parola di solidarietà o di cordoglio per tutti coloro che avevano perso qualcosa è uscita dalla bocca del sindaco. Non ha espresso un solo sentimento umano né ha avuto un approccio solidale con noi popolazione alluvionata. Dinanzi alla folla ha detto: “il sindaco e l’amministrazione non si sentono responsabili per ciò che è successo”. Forse è proprio a causa di tale atteggiamento che è scattata in noi l’idea di dare vita a questo presidio permanente. Solo dopo otto giorni Zubbani ha espresso le proprie scuse ufficiali alla cittadinanza attraverso gli organi di stampa. Nel contempo adducendo giustificazioni ridicole: ha detto che la sua era stata una provocazione. Il fatto, a mio avviso è veramente pesante, ovvero: il sindaco ha provocato la propria cittadinanza e solo dopo otto giorni è venuto a scusarsi, avendo finalmente compreso di essersi comportato in modo deplorevole.
Lucca Libera: qual è stata la reazione della folla a quelle parole del sindaco?

Matteo: davanti alla folla il sindaco ha certamente sbagliato l’incipit del discorso e la folla è esplosa in un boato, c’è stata quindi una corsa in direzione del sindaco, ma era una corsa assolutamente pacifica e non violenta; la celere faceva da scudo al sindaco e le persone in prima fila tenevano le mani dietro la schiena. Non c’è stata alcuna colluttazione con le forze dell’ordine. E’ vero che due poliziotti si sono presentati al pronto soccorso, ma ciò è avvenuto molte ore dopo i fatti. E comunque un referto di sei e dieci giorni a noi pare piuttosto esagerato, tant’è che le stesse forze dell’ordine hanno parlato di mantenimento della posizione e hanno escluso un contatto fisico evidente.

Lucca Libera: a seguito dell’irruzione nell’edificio comunale e della costituzione dell’assemblea permanente, quali sono state le risposte delle istituzioni?

Matteo: le risposte delle istituzioni sono state nulle. Noi abbiamo ricevuto gli inviati di trasmissioni televisive da tutta Italia i quali in un paio di occasioni ci hanno proposto un colloquio con il sindaco Zubbani. Inizialmente abbiamo rifiutato qualunque tipo di colloquio: quello che poteva dirci l’8 novembre si è guardato bene dal dirlo. Nelle prime ore si è sempre negato, per cui noi, oltre a chiedergli perché non si fosse ancora dimesso dopo due mandati fallimentari, non avevamo proprio nulla da dirgli. Poi attraverso un’emittente locale, dopo un voto a maggioranza da parte dell’assemblea, abbiamo acconsentito ad un confronto il 13 novembre. Il confronto si è svolto seguendo la classica logica politica dello scaricabarile. Zubbani, anche di fronte ad articoli di diritto amministrativo come, ad esempio, quello sulla sicurezza e l’incolumità del cittadino che recita, in sostanza, che quando ci sono situazioni di grave pericolo, anche se la competenza effettuale spetta alla Provincia, il sindaco deve vigilare e controllare perché non ci siano dissesti idrogeologici che mettano in pericolo l’incolumità del cittadino, ha insistito sulla linea dello scaricabarile. Zubbani dice: se sul fiume c’è già un vasto personale della Provincia e c’è qualche addetto della Regione, per noi è sufficiente mandare un tecnico del Comune a vigilare che tutto vada per il meglio e così la nostra responsabilità è a posto. Secondo noi, oltre al fatto che la responsabilità morale spetta totalmente a lui, abbiamo una legge fallace che consente questi continui rimbalzi di responsabilità.

Lucca Libera: oltre alla Provincia e al Comune esistono altri responsabili di quanto è accaduto?

Silvia: sulle responsabilità vanno fatte tutte le distinzioni del caso. Sicuramente è responsabile la Provincia: l’appaltatore per la costruzione dell’argine che ha ceduto era la Provincia. In questo caso si tratta di una responsabilità legale, civile e probabilmente anche penale. Ci sono stati, infatti, degli errori, o meglio vogliamo sperare si tratti di errori, perché si fa fatica a crederlo. Errori tecnici ed errori nella scelta dei tecnici. C’è quindi, certamente, la responsabilità di un tecnico che ha realizzato il progetto e ha seguito i lavori della ditta che li ha realizzati. Questo oltre all’errore dell’ente, la Provincia, che ha emesso il bando. D’altra parte noi individuiamo una grossa responsabilità a carico del Comune, perché, indipendentemente da questo specifico crollo, qui avvengono alluvioni in continuazione da oltre dieci anni. Quindi, se il nostro territorio si trova in queste condizioni, incapace di assorbire l’acqua e mantenerla all’interno dei canali, significa che il territorio non è stato gestito in modo corretto. Questa colpa ricade inevitabilmente su chi amministra la città e la giunta Zubbani amministra la città ormai da due legislature. Questa situazione, in realtà, a Carrara si protrae da diversi decenni, siamo di fronte ad un habitus mentale per cui si utilizzano le istituzioni per curare gli interessi particolari, soprattutto dei concessionari delle cave e del porto, a scapito degli interessi della collettività. Ciò che è avvenuto con l’ultima alluvione è la classica goccia che fa traboccare il vaso. Ma la responsabilità del sindaco riguarda anche proprio il crollo di quello specifico muro, perché si tratta di un’opera costruita su territorio carrarese e il sindaco è il primo responsabile della sicurezza dei cittadini; in caso di emergenza, il sindaco diviene in pratica il capo della protezione civile. Oltretutto esiste una relazione effettuata dai vigili del fuoco, relazione consegnata al sindaco almeno un anno fa, in cui si specificava che quel muro non sarebbe stato in grado di contenere una grossa piena.

Matteo: sindaco che continua a ripetere che lui, però, ha allertato la Provincia. Come dice Giulio Golia delle Iene, si sono scambiati un paio di foglietti e tutto si è fermato lì. Veri interventi non se ne sono visti. Quest’estate, addirittura, una signora, pur essendoci solo un rigagnolo d’acqua nel Carrione, denunciava continue fuoriuscite proprio nel punto in cui poi si è rotto l’argine. Se ci sono problemi in estate, figuriamoci cosa può accadere con le piogge autunnali.

Lucca Libera: esiste un rapporto tra l’escavazione selvaggia del marmo a monte di Carrara e il dissesto idrogeologico che negli anni si è andato aggravando in questo territorio?

Silvia: quello dell’escavazione selvaggia nelle cave di marmo è sicuramente un problema, ma le ricadute idrogeologiche derivano soprattutto dal fatto che si scava al di fuori delle regole. Quando si apre una cava ci sono delle regole da seguire: stabilizzare i ravaneti, mettere in stato di sicurezza il territorio, ripristinare e bonificare le aree. Il fatto è che qui nessuno vigila. Mettere in sicurezza e ripristinare il territorio comporta dei costi e le ditte che escavano il marmo non li vogliono sostenere e nessuno li obbliga a sostenerli. C’è quindi la responsabilità del singolo concessionario, che non fa quello che dovrebbe, ma c’è di nuovo la responsabilità dell’amministrazione che non fa rispettare le regole. Alla fine, così, ci troviamo in questa situazione, perché poi i detriti scendono a valle: il letto dei fiumi si alza e l’acqua scivola giù veloce portando con sé i pezzi di marmo. Possiamo anche fare degli argini altissimi e belli solidi, per poi vivere in un bunker…

Matteo: …se non puliamo il letto del fiume e non ne abbassiamo l’alveo è inutile fare interventi sugli argini. In una qualsiasi giornata piovosa il fiume può esondare.

Lucca Libera: c’è stata quindi una cattiva gestione dei ravaneti?

Matteo: sì, ma c’è anche da dire che se avessimo un Comune virtuoso che eliminasse con continuità questi detriti, il problema avrebbe sicuramente un’incidenza minore. Sarebbe necessaria una prevenzione e una pulizia costante degli alvei, non una volta ogni vent’anni. In questo caso il marmo sarebbe solo una concausa, non una delle cause preponderanti. Ora abbiamo un fiume che esce dagli argini dopo poche ore di pioggia.

Silvia: inoltre, adesso, l’acqua accelera in modo impressionante, perché con l’ultima pulizia del fiume hanno spianato tutte le cascatelle naturali a monte, le quali servivano a rompere e rallentare la discesa dell’acqua. Ma si tratta di un intervento a cui sono stati costretti, perché i detriti di marmo continuavano a scendere innalzando il letto del fiume. Abbiamo un letto che è più alto del piano di campagna fuori dell’argine. In sostanza, la pulizia che viene fatta è scarsa e spesso fatta male. A valle di tutto abbiamo anche il problema del mare che non riceve. E’ una cosa normale durante le mareggiate, ma per aggravare il problema hanno pensato bene, nel 2009, di costruire proprio in prossimità della foce del fiume un nuovo piazzale del porto. Utilizzando Google Earth e andando indietro nel tempo a prima della costruzione, si vede quanto sia avanzato il deposito del fiume da quando è stato realizzato questo “Piazzale Città di Massa” che svolge in pratica la funzione di un tappo: i detriti che scendono dai monti rimangono lì.

Lucca Libera: i proventi della tassa sul marmo non dovrebbero essere utilizzati anche per mettere in sicurezza e bonificare il territorio?

Matteo: forse non tutti sanno che stiamo parlando di una giunta e di un sindaco che qualche mese fa hanno ricevuto avvisi di garanzia proprio riguardo a questo. Detto in sintesi: qui a Carrara la tassa del marmo c’è, ma non la paga nessuno. In base ai protocolli del 2008 e del 2009 gli amministratori sono sotto indagine, in quanto sembrerebbe che il marmo venisse svalutato. Faccio un esempio: se un marmo pregiato doveva pagare 450 euro di tasse su un valore di mercato per la vendita di 4.500 euro a tonnellata, veniva in realtà fatto valere 450 euro al momento della tassazione ed erano pagati così solo 45 euro. L’evasione in base ai suddetti protocolli raggiunge il rapporto di uno a dieci: il potente del marmo doveva pagare dieci, in realtà pagava uno. Il Comune per adesso si difende dicendo che una delle associazioni coinvolte nei protocolli, cioè l’Associazione degli Industriali, non era stata firmataria di uno dei due protocolli. Il problema è che pochi mesi prima era scoppiato uno scandalo incredibile riguardo al nero alle cave. Il nero alle cave è dilagante, nessuno controlla. Su dieci blocchi che scendono a valle va bene se tre vengono dichiarati, alcuni esperti fanno una stima del 60% del nero alle cave. Qui rientra anche la faccenda allucinante che il regolamento degli agri marmiferi di Carrara sia di epoca settecentesca, con rimodernazioni avvenute nell’Ottocento e in epoca mussoliniana. E’ logico, dunque, che sia un regolamento che difende quella che una volta era la nobiltà delle cave, riconoscibile oggi in un gruppo di poche ricche aziende. Qui a Carrara una frase comune è: il marmo, ricchezza per pochi. Dal marmo ci guadagnano in pratica dieci famiglie e non c’è la minima redistribuzione sul territorio. Una delle proposte a cui stiamo lavorando nei nostri tavoli di assemblea dovrebbe essere quella di una tassazione molto più alta per lo sfruttamento del marmo e, di conseguenza, molto più bassa per tutta la cittadinanza, cavatori compresi. E’ ridicolo che un cavatore sulla sua busta paga debba pagare il 40-50% di tasse mentre i potenti del marmo pagano l’1%, il 10% se va bene. La sperequazione è incredibile. Teniamo conto, inoltre, che l’operaio passa tutta la vita lavorativa alle cave, con frequenti rischi di infortuni, anche mortali.

Lucca Libera: riguardo all’enorme evasione, com’è possibile che non vi siano controlli più stringenti sulle pochissime strade che dalle cave scendono a valle?

Matteo: il controllo alle pese del marmo è praticamente inesistente. Le pese sono a monte e a valle, durante il controllo bisogna vedere quanti blocchi di marmo sono portati a valle e, poi, stabilire la tassa a seconda della quantità e della qualità del marmo. Però, se chi deve controllare è in sostanza connivente con l’evasore, è facile la creazione di tutto il nero che abbiamo detto. Noi chiediamo maggiore vigilanza sulle pese, maggiore vigilanza nei piazzali, maggiore vigilanza sull’effettiva estrazione in cava. Qua, però, è necessario chiamare in causa anche altri enti, come la guardia di finanza, che spesso dorme un sonno profondo e solo dopo si accorge dell’evasione, quando ormai i buoi sono scappati e si contano ammanchi erariali incredibili. Denaro che potrebbe essere investito in tanti diversi settori, fra cui il riassetto idrogeologico. I soldi qui a Carrara ci sono e sappiamo dove trovarli, è che non li vogliono trovare, perché ci sono delle logiche massoniche e di carattere mafioso. Logiche che devono essere combattute. Noi oggi possiamo sì dire che siamo qui contro Zubbani e la sua giunta, ma ci sono delle logiche di potere molto più alte. Da tanti anni, ma è uscito sui giornali solo negli ultimi tempi, la famiglia Bin Laden ha acquisito il 50% delle cave di marmo di Carrara. La Bin Laden Corporation è tra le prime dieci conglomerate mondiali per fatturato, specializzata nel settore edile, ed è giunta fino a qua perché evidentemente ha trovato la possibilità di far soldi. Se un territorio come il nostro fa gola addirittura a una multinazionale del genere, significa che il denaro gira, il denaro però deve, secondo loro, girare solo fra i soliti.

Lucca Libera: insomma, non è proprio possibile costringere questi potenti del marmo a contribuire in qualche maniera al risanamento del territorio?

Silvia: dovrebbero già farlo per legge, oltre a pagare la tassa del marmo. Ma noi abbiamo una giunta comunale e il sindaco indagati per un enorme danno erariale all’ente comunale… è possibile che non venga loro in mente di dimettersi? Sono loro che non fanno rispettare le regole, è loro compito. Intanto dovrebbero cominciare ad applicare il regolamento degli agri marmiferi, cosa che non fanno. Il regolamento dice che le cave non sono dei “proprietari di cava”, perché i “proprietari di cava” non esistono, le cave sono del Comune. I “concessionari di cava” dovrebbero essere in possesso di accordi di concessione scritti, ma non li hanno. E’ per questo che il nostro caro sindaco perde i ricorsi sulla tassa marmi e così noi alla fine dobbiamo pagare, con i pochi soldi incassati con la tassa, i concessionari che vincono pure i ricorsi in tribunale.

Matteo: finché la legge non si smuoverà un po’, noi non sappiamo a chi appellarci. Sono ormai diversi anni che si parla di un nuovo regolamento, ma nessuno in Comune ha mai mosso un dito per aggiornare il vecchio e nessuno muove un dito per alzare la pressione fiscale. Basterebbe un modello come quello francese: 75% di oneri fiscali per chi sfrutta il marmo e 10% per la popolazione. Qui avviene il contrario: il popolo paga tanto di tasse, che oltretutto non vengono reinvestite, invece il potente non paga nulla e alla fine ci guadagna anche un sovrappiù attraverso i ricorsi. Questa situazione va avanti da centinaia di anni e questo divario nei tempi moderni è aumentato. Bisogna poi ricordare che una volta non si escavava così indiscriminatamente, le statistiche dicono che negli ultimi vent’anni si è escavato quanto i precedenti duemila anni. Oltretutto con sempre meno cavatori all’opera, perché la meccanizzazione ha portato a una drastica riduzione della manodopera: se negli anni ’80 cave e indotto occupavano 20.000 cavatori, oggi si parla di 550 cavatori e circa 1.000 occupati nell’indotto. Alla fine, quindi, i potenti, pagando meno manovalanza, possono ampliare a dismisura i loro guadagni.

Lucca Libera: quanto è consapevole la popolazione di Carrara di questa situazione?

Silvia: la popolazione di Carrara proviene da una storia in cui con il marmo si mangiava. I blocchi uscivano dalle cave, arrivavano nella piana, entravano nei laboratori e diventavano lastre o opere d’arte. Si lavorava e tutti mangiavano con il marmo. Per il carrarese di una certa età il marmo e le cave sono intoccabili, e chi ha le cave è a sua volta intoccabile. C’è proprio una sorta di riverenza, dovuta al fatto che davvero la popolazione mangiava con il marmo. Oggi queste persone faticano ad ammettere che questa cosa è esplosa. I blocchi di marmo non passano nemmeno più dal territorio, la strada dei marmi serve per portare i blocchi al porto e spedirli altrove, non ci sono segherie allo sbocco della strada dei marmi.

Matteo: sarebbe intelligente pretendere anche una legge che imponga, ad esempio, il 70% della lavorazione in loco. Ma non la faranno mai, perché perderebbero i partner cinesi e indiani che li ricoprono di denaro liquido. I concessionari si fanno ingolosire vendendo blocchi in India e in Cina e agli indiani e ai cinesi sono stati i carrarini ad insegnare a lavorare il marmo; forse vent’anni fa avremmo dovuto far qualcosa per cercare quantomeno di tutelarci. Allora, perché non farglielo pagare di più, tassarglielo di più questo marmo esportato direttamente in blocchi e lastroni? A nostro avviso il Comune è sempre l’anello debole tra il cittadino e il potente del marmo.

Lucca Libera: ma perché, secondo voi, c’è questa specie di collusione tra le amministrazioni succedutesi negli anni e i concessionari?

Matteo: non ho paura a dire che ciò avviene perché sono asserviti a logiche di potere e di denaro, dove ci sono i soldi non c’è onestà, ma prendono campo logiche mafiose. Il flusso di denaro è veramente incredibile e viene così meno ogni rispetto per i cittadini.

Lucca Libera: come avete intenzione di proseguire la protesta? Quali i prossimi passi?

Matteo: la nostra lotta proseguirà ad oltranza, perché il nostro obiettivo primario è quello delle dimissioni del sindaco Zubbani e di tutta la sua giunta. Non sarà facile, perché Zubbani in questi giorni ha più volte dichiarato che lui non si dimetterà, almeno fino a che non sarà terminata l’emergenza di sicurezza sul territorio che, ai punti in cui siamo arrivati, potrebbe essere anche decennale. Non è certo possibile rimettere in sesto il nostro territorio in pochi mesi. Quindi l’intendimento comune di tutta l’assemblea è di non muoversi di qua finché il sindaco non darà le proprie dimissioni. Se non le darà, cercheremo di rimanere qui, perché vogliamo comunque creare un organo alternativo a tutte queste logiche di potere. Più in là, magari, potrà essere una specie di comitato, un’assemblea di cittadini, che vigili costantemente su ciò che viene fatto nelle stanze del potere. Naturalmente dobbiamo ancora pensare al futuro, perché cerchiamo di vivere il presente. Quindi, giustamente, chiediamo intanto le dimissioni di una giunta corrotta. Per il futuro poi ci piacerebbe non disunirci, si sono creati anche dei vincoli umani tra di noi…

Lucca Libera: …ecco, come valutate la partecipazione di questi giorni all’assemblea permanente?

Matteo: molto bene. A parte qualche piccolo screzio che ovviamente ci sta, vista la presenza di persone di idee politiche completamente diverse. Ma sono cose naturali. Ci sono tanti anarchici, perché la culla dell’anarchia, fino a prova contraria e lo si legge anche nei libri di storia, è sempre stata qui e in poche altre città europee; ci sono tanti ultras che, nonostante qualcuno abbia detto il contrario, hanno finora tenuto un comportamento perfetto; ci sono tanti del Movimento 5 Stelle; ci sono tanti giovani che magari non hanno ancora scelto una posizione politica ben precisa; ci sono tanti studenti delle superiori…

Silvia: ci sono anche alcuni che hanno votato Zubbani…

Matteo: …è vero, alcuni di quelli che hanno votato Zubbani ora, pentiti, sono qui a contestarlo, quasi per una sorta di purificazione della propria coscienza. E’ bello, comunque, che tutte queste persone si siano unite in un qualcosa che, forse, possiamo già definire come un organismo di democrazia dal basso. Qui veramente il cittadino può venire ed esporre le proprie idee, cosa che altrove non è consentita, si pensi ad un consiglio comunale… sì ci sono i consigli comunali aperti, ma tanto poi lì il cittadino non viene ascoltato. Da noi, invece, tutto viene messo ai voti, da che cosa si mangia all’ordine del giorno dell’assemblea successiva. La nostra speranza è quella di rimanere qua fissi e di creare uno zoccolo duro di persone che veramente vogliono rompere le scatole al sistema. Solamente vigilando, informandoci sempre di più, consultando esperti in ogni campo è possibile cercare di distruggere le attuali logiche di potere. Noi stiamo facendo appello a ingegneri, geologi, economisti, avvocati, esperti in regolamenti affinché ci diano una mano nella nostra battaglia.

Lucca Libera: avete già ipotizzato i passaggi successivi dell’assemblea permanente nell’eventualità delle dimissioni della giunta Zubbani?

Matteo: ne stiamo a tutt’oggi parlando, però l’unica cosa sensata da dire ora è: speriamo che Zubbani si dimetta! Avremmo già ottenuto un ottimo risultato. Nel momento in cui ciò dovesse accadere, rivendicando la nostra piena democrazia, l’assemblea si riunirà e tutti insieme decideremo che cosa fare, in che forma costituirsi anche per il futuro. Magari qualcuno potrà avere anche aspirazioni politiche, tra di noi ci possono essere personaggi che in passato si sono candidati per alcune liste o partiti politici, non siamo tutti anarchici o ultras. Però, il bello è che per ora queste differenze ideologiche si sono appiattite per far emergere l’elemento comune, ovvero dire basta nei confronti di una classe amministrativa assolutamente corrotta. La cosa più importante, dopo le dimissioni del sindaco, sarebbe non disunirci, rimanere tutti insieme proprio per combattere chi eventualmente potrà venire dopo. In caso di dimissioni, una delle soluzioni potrebbe essere il commissariamento, ma, è un mio personale parere, non credo che mettere una città come Carrara, con le logiche che la governano, nelle mani di un prefetto possa essere un effettivo passo in avanti. Comunque anche di fronte a un commissariamento a noi piacerebbe rimanere lì, vigili su qualunque dinamica.

Silvia: aggiungo che parte della cittadinanza ci ha già riconosciuti, viene a chiederci delle cose, ci porta segnalazioni su problematiche del territorio, ci chiede di aiutarla in qualche modo per le cose più piccole ma anche per le cose più grandi. Portano direttamente a noi le denunce, dicendoci: “tenetele voi, le abbiamo già portate in Procura ma lì non le considera nessuno”. Se la stessa cittadinanza ci ha riconosciuti come un presidio che può aiutarli, perché un domani un’amministrazione non ci potrà riconoscere come un organo che rappresenta la voce di tanti cittadini? Ciò non significa voler amministrare questa città, almeno io non credo. Credo che la persistenza del presidio, oltre alla funzione di vigilare, possa rappresentare un insegnamento all’amministrazione e agli stessi cittadini affinché imparino che la responsabilità non finisce una volta messa una croce sulla scheda elettorale. La responsabilità non finisce mai, abbiamo la responsabilità civile su tutto quello che succede; anche sulle cose brutte siamo in parte responsabili, di tutto questo scempio, dal monento che loro, gli amministratori, ce li abbiamo messi noi nel posto che occupano. In conclusione vogliamo restare qua perché vogliamo dire a loro che noi siamo qua e i cittadini devono imparare a venire qui dentro a dire: questi sono i nostri diritti e tu li devi rispettare e difendere.

Matteo: significa anche crescere e quindi: basta delegare, prendiamoci noi stessi più a cuore i problemi, perché delegando e delegando abbiamo visto alla fine dove siamo finiti. Basta con l’ottica della delega. Questo potrebbe essere l’inizio di una partecipazione dal basso, abbiamo bisogno di idee che vengano dal basso, perché tanto le idee dall’alto portano sempre a devastazione.