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Sembra impossibile ma è vero. Nel civile Piemonte che ha appena visto la vittoria di Mercedes Bresso e del centro-sinistra nelle recenti elezioni regionali, a Condove, un paese della collina torinese, si riuniscono, sessanta anni dopo la fine della seconda guerra mondiale uomini in carne ed ossa che si qualificano ancora oggi come ex SS,la guardia pretoriana di Adolf Hitler nella Germania nazista. Se la notizia non fosse stata pubblicata sulla prima pagina dell’Unità verrebbe la tentazione di non crederci, ma è proprio così. Non fantasmi ma uomini in carne e ossa che rivendicano la loro appartenenza a un corpo militare che si è macchiato in tutta l’Europa di crimini orribili durante la seconda guerra mondiale e che ha eletto la superiorità della razza ariana come proprio caposaldo ideologico. Come ci si è potuti arrivare, proprio in questo mese che tanti comuni, province e associazioni di italiani dedicano al sessantesimo della Liberazione, spingendo tanti storici, tra cui chi scrive, a girare la penisola per ricordare quello che é accaduto nei venti mesi della guerra nel vecchio continente e sul nostro territorio nazionale?
Alla domanda angosciata non è difficile rispondere per chi ha vissuto con gli occhi aperti gli ultimi anni nel nostro paese. Quando c’è un presidente del Consiglio che rivaluta il regime fascista e definisce il confino e il carcere subito dagli antifascisti una “villeggiatura” propiziata dal duce e minimizza in ogni modo la partecipazione della repubblica sociale e dei fascisti alla deportazione degli ebrei, degli zingari e degli oppositori politici nei lager nazisti, non c’è da stupirsi.
E ancora quando c’è un ministro dell’Istruzione come Letizia Moratti che presenta i nuovi programmi del Novecento e fa una doppia operazione: quella di diminuire lo spazio della storia nei programmi dell’ultimo anno e di eliminare l’espressione fascismo, parlando genericamente di totalitarismi, non ci può meravigliare.
Per non parlare di questa maggioranza parlamentare di centro-destra che, da una parte, parla del fascismo per bocca del presidente di Alleanza Nazionale come del “male assoluto” ma, dall’altra parte, presenta alla Camera per l’approvazione il disegno di legge numero 2244 che equipara chi combattè per Salò a tutti i militari cobelligeranti in Europa, e quindi anche ai partigiani.
O ancora di deputati della maggioranza, sottosegretari e capigruppo di Alleanza Nazionale che si preparano a ricordare proprio il 25 aprile non la liberazione dell’Italia dalla dittatura e dall’occupazione nazista ma i fascisti caduti nei venti mesi dal 1943 al 1945. E, a tutto questo, occorre aggiungere la ripresa nell’ultimo decennio di un discorso pubblico ossessivo sui grandi quotidiani e nelle maggiori televisioni da parte di storici e di giornalisti che, senza fare nessuna ricerca nuova che confermi le loro tesi, negano che vi sia stata una Resistenza nel nostro paese, dipingono quel biennio di guerra come una pura invasione di eserciti stranieri da cui l’Italia è uscita soltanto grazie all’intervento degli angloamericani, una costituzione repubblicana che in nulla e per nulla si può collegare all’antifascismo e alla Resistenza.
Insomma, a voler trarre una piccola lezione dall’inqualificabile riunione di SS che hanno scelto la collina torinese come luogo di incontro e di nostalgici discorsi sul loro terribile passato, bisogna dire che se un paese e le sue istituzioni non riescono a rivedere il loro passato ma addirittura contro quello che la storia ha detto con chiarezza vogliono riabilitarlo (come sta facendo l’Italia di Berlusconi) il rischio non è soltanto quello di confondere le idee alle nuove generazioni ma anche di ritornare indietro, di vedere quei fantasmi ritornare in carne ed ossa sui luoghi del delitto.
Lo prevedeva molti anni fa, prima di morire, Primo Levi dopo la terribile esperienza di Auschwitz, e ormai di fronte a quello che sto vedendo in questi ultimi anni di governo Berlusconi, non mi pare proprio di poterlo escludere. Antisemitismo e neofascismo, purtroppo, non sono ancora dietro le nostre spalle.»