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Versati 6.000 marchi a Martino Siciliano
Dall’inchiesta Fininvest tracce su un pagamento al pentito di Piazza Fontana
Atti a Brescia che indaga su pressioni per far ritrattare l’accusatore di Zorzi, difeso da Pecorella
MILANO – Martino Siciliano, il «pentito» delle inchieste sulle stragi di piazza Fontana e piazza della Loggia, risulta essere stato pagato – nel 1994 – con 6mila marchi tedeschi (incassati da Siciliano in Francia) provenienti da uno dei conti svizzeri che – oggi – gli inquirenti ritengono riconducibili all’architettura finanziaria protagonista di ingenti frodi fiscali e falsi nei bilanci Fininvest/Mediaset nella compravendita di diritti cine-tv. Il dato spunta da un rivolo dell’inchiesta Mediaset della Procura di Milano, che per competenza territoriale ha trasmesso una rogatoria svizzera (su conti bancari nell’orbita della «Arner Sa») alla Procura di Brescia, titolare già di un fascicolo su una differente ipotesi di pagamento a Siciliano, datata 1998 e a suo dire ispirata da uno dei legali dell’imputato di strage (poi assolto) Delfo Zorzi, l’on. Gaetano Pecorella.
Nell’ambito delle accuse mosse a Silvio Berlusconi nell’inchiesta Mediaset, la «Arner» è scandagliata perché nel suo banchiere Paolo Del Bue i pm individuano un «fiduciario della famiglia Berlusconi», che con l’avvocato Mills avrebbe «prelevato in contanti e occultato», tra il 1992e il 1994, oltre 63 milioni di dollari stornati dalla Fininvest e in precedenza accumulati su conti esteri con «beneficiari economici» i figli Marina e Piersilvio.
Fuori da questa coincidenza di salvadanai di partenza, invece, allo stato nessun elemento collega i protagonisti dell’inchiesta Mediaset agli ipotizzati (nuovo e vecchio) pagamenti a Siciliano. E se Pecorella è da tempo indagato a Brescia per favoreggiamento (con il legale di Siciliano), altri due suoi colleghi, a dispetto di una richiesta di condanna a 2 anni e 4 mesi con l’accusa d’aver intermediato la promessa al pentito di 115mila dollari in cambio di una ritrattazione, sono già stati assolti due volte a Brescia «per non aver commesso il fatto».
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Luigi Ferrarella
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