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pubblicato il 23.02.06
Milano: vent'anni fa l'omicidio di Luca Rossi.
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[Milano, 23 Febbraio 1986] Vent’anni fa l’omicidio di Luca Rossi

Scrivevano i giornali… Dal Manifesto:

L’assassinio casuale. Un poliziotto litiga con due automobilisti. Spara e uccide un ragazzo che passava.

“Fatalita’ dannata”: e’ l’epitaffio che il capo della squadra mobile milanese, Achille Serra, riserva alla morte del ventenne Luca Rossi. Il giovane, militante di Dp, e’ spirato alle 3.30 di ieri all’ospedale Niguarda. Un proiettile Beretta 92S gli ha trapassato il fegato, stomaco e milza. A sparare, un poliziotto in borghese fuori servizio. Voleva fermare due “teppisti”. Ha fermato, per sempre, un ragazzo che stava correndo per prendere l’autobus.

MILANO. “Non e’ il primo e non sara’ neppure l’ultimo a morire cosi’” dice il padre di Luca, Carlo Rossi, “succedera’ finche’ i poliziotti useranno le armi per delle stupidaggini”. Oppone una calma apparente alla tragedia. La moglie Adele, invece, piange. I Rossi stanno in via Varchi 1. Luca, con l’amico Dario Embi, e’ uscito di casa domenica alle 21.40.
Volevano finire la serata da Sergio Tosini, come tante altre volte. Dovevano prendere il filobus 91, all’incrocio tra piazza Lugano e via Bodio; si mettono a correre perche’ lo vedono arrivare. Intanto il filobus 90, che viaggia in senso contrario, copre parzialmente la visuale ai due amici. Due colpi e Luca cade a terra. Li sentono, da casa, anche i signori Rossi: non ci fanno caso. Li informa, dieci minuti dopo, un vicino; si precipitano a Niguarda. Rivedranno il figlio solo morto.

Cosa e’ successo? Questa la ricostruzione dei fatti fornita in questura. Un agente (27 anni, da tre mesi in forza alla Digos) sta andando in auto a comprare un gelato per la famiglia. Vede due giovani (eta’ apparente 25 anni) scendere da un 500 rossa e dirigersi verso una Golf nera. Cercano di tirar fuori in malo modo l’uomo dalla guida. L’agente interviene qualificandosi. La Golf si allontana; i due prima lo insultano, poi lo picchiano, quindi risalgono sulla 500 con l’intenzione di mettere sotto il poliziotto. A questo punto gli spari. Come dice il dottor Serra, uno dei proiettili “va ad incocciare” contro un giovane che stava andando a prendere l’autobus. Il proiettile estratto dal corpo di Luca e’ ammaccato; “forse perche’ lo ha colpito di rimbalzo” dice il dirigente della squadra mobile. La “ricostruzione” non e’ altro che il racconto dello sparatore, in stato di choc e con una prognosi di 10 giorni per percosse.

Per la squadra mobile non ci sono testimoni “utili”, a 15 ore dall’accaduto gli investigatori non avevano ancora rintracciato i conducenti dei due filobus in transito. Delle due auto nessuna traccia, neppure un brandello di targa. Ma annotare il numero di targa non e’ il primo riflesso condizionato di un poliziotto? Evidentemente, viene prima il grilletto.

Luca Rossi era un militante di Dp dall’80; faceva lavoro politico alla Bovisa e all’universita’ statale, era iscritto a filosofia. Era un ragazzo alto, magro e biondo. Gli piaceva la musica; da venti giorni aveva trovato una supplenza, il primo lavoro della sua vita.

Comunicati di protesta e di denuncia sono venuti dalla Fgci e dal Coordinamento degli studenti medi milanesi. A Roma una delegazione di parlamentari demoproletari si e’ recata ieri pomeriggio dal ministro degli interni.

A Milano, Dp ha organizzato un sit-in silenzioso di fronte alla questura. Per questa mattina chiama allo sciopero gli studenti milanese, con concentramento in piazza Santo Stefano. Presente Dario Embi, ieri pomeriggio Dp ha tenuto una conferenza stampa. “Ci sentiamo emotivamente coinvolti – ha detto Guido Pollice – sottolineando che si stia minimizzando l’accaduto. La questura parla di incidente. Noi consideriamo gravi proprio questo tipo di incidenti, mettiamo sotto accusa un clima fatto di perquisizioni e armi spianate. Sono episodi che avvengono troppo di frequente a Milano.

Ieri Luca e’ stato ricordato dalla redazione di Aula Magna, la trasmissione autogestita dagli studenti in onda al pomeriggio a Radio Popolare. Da quel microfono era uscita parecchie volte la voce di Luca.

“Contro la morte assurda”
dal manifesto (26/02/1986)

Scuole deserte, studenti in sciopero per Luca Rossi, ucciso per sbaglio da un poliziotto. 10 mila in corteo.

Gli studenti medi milanesi hanno aderito in massa allo sciopero di protesta indetto da Democrazia ProIetaria per l’uccisione “accidentale” del ventenne Luca Rossi. In 10.000 hanno attraversato le vie del centro di Milano, da piazza Santo Stefano (luogo “sacro” del ‘68) a piazza della Scala. Momenti di tensione in corso Monforte, di fronte alla Prefettura. Gli autonomi hanno cercato di “dirottare” il corteo alla Questura. Alla fine, ci sono andati da soli.

Sui fianchi del pulmino che da’ l’andatura al corteo, c’e’ la faccia di Luca. Lineamenti decisi, kefiah al collo. Sotto il suo mezzo sorriso, delle scritte: “Una vita spezzata, perche’?”; “Anche questa e’ metropoli, invece di lavoro la morte”; “Lo stile di vita milanese… dopo tante promesse questa e’ la reaita’”. Il primo striscione e’ colorato e anonimo: “Cosi viene ucciso un giovane di 20 anni a Milano, addio Luca”. Poi quello della sezione Bovisa-Dergano di Dp, dove Luca militava. La prima insegna di scuola spetta all’Itsos di Bollate, dove Luca aveva studiato, “da giovane” vien da dire. Mamma e sorella di Luca si fanno tutta la manifestazione. Dal primo passo all’ultimo. Anche Dario, il ragazzo che domenica sera correva con Luca per acchiappare un autobus in arrivo. Un poliziotto in borghese, intervenuto per sedare una lite stradale, ha colpito Luca per sbaglio. A due giorni dal fatto, la versione dello sparatore resta l’unica ufficialmente a disposizione. Non e’ una ipotesi maliziosa pensare che alla squadra mobile trovare i “litiganti” non stia particolarmente a cuore. Dario cammina da solo, fuori dal cordoni; interrogarlo significa specchiarsi nelle sue lacrime. Chissa’ quante volte, in questi due giorni, si deve essere chiesto: “Perche’ Luca e non io?”. Regge una lunga bandiera di Dp: sopra ci ha legato una sciarpa nera. Calza anfibi da manifestazione molto sofferti; sicuramente Luca ne aveva un paio identici.
Due le anime del corteo. La prima parte, dove e’ concentrata Dp, tace a lungo, grida per dire che “le nostre idee non moriranno mai”, accenna in sordina l’internazionale. La seconda, separata da un cordone del servizio d’ordine di Dp, si apre con uno striscione degli autonomi: “Disoccupazione, galera, lutto: pagherete caro, pagherete tutto””. Qui gli slogan sono piu’ duri, vecchio stile. Sorprende sentirli gridare dai manifestanti con il look piu’ moderno.

I ragazzi dell’85, sparpagliati un po’ a caso lungo il corteo, si riconoscono dallo slogan: “Cittadino cerca di capire come a 20 anni sia facile morire”.

In fondo come tradizione vuole, la Lega comunista rivoluzionaria e gli anarchici del ponte della Ghisolfa Quelli della Quarta Internazlonale avevano la sede proprio nel cortile dl Luca; lo ricordano bambino, precipitarsi nella loro sede dopo la strage di Brescia.

Di fronte alla Prefettura un cordone di poliziotti in borghese e un altro di Dp. Lancio di monetine; si rompe una finestra e il vetro, cadendo, ferisce al viso una ragazza. Mani in forma di P38 e piu’ irridenti dita medie puntate verso l’alto. Gorla, Molinari e Torri salgono a parlare con il Prefetto Vicari.

Parole commosse, distanti dal comizio ma anche dall’orazione funebre, chiudono la manifestazione sotto Palazzo Marino. Parla Gigi, compagno di Luca all’universita’; il segretario milanese della Loc ricorda che due settimane fa Luca aveva ricevuto risposta positiva alla domanda di obiezione di coscienza. Sandro Barzaghi, segretario provinciale di Dp ed ex insegnante di Luca, dice che “deve essere fermata la cultura di morte che dalla legge Reale arriva all’emergenza; bisogna smilitarizzare la polizia e cambiare i modelli di comportamento improntati alla violenza”. Nico Colonna, della sezione Bovisa di Dp vuole che “”il ricordo di una persona stupenda non diventi una foto ingiallita”.

“Ciao Luca”. Triste addio al ragazzo ucciso
dal manifesto (3/03/1986)

Luca Rossi ha avuto un funerale a piu’ facce, tante per essere l’addio ad un ragazzo di venti anni. E’ il segno di una complessita’ di esperienze, forse il ricordo piu’ bello che lascia dietro di se’. Il funerale si e’ svolto alla Bovisa, a poche centinaia di metri dalla fermata dei filobus dove, domenica scorsa, Luca era stato colpito da un proiettile sparato da un poliziotto in borghese, coinvolto in una lite stradale.

E’ stata una cerimonia religiosa, politica, giovanile, musicale, poetica, non violenta. Il feretro e’ arrivato dall’Istituto di medicina legale, puntuale alle 14.45, davanti alla parrocchia di santa Maria del Buon Consiglio. All’ingresso gli amici di Luca distribuivano mazzetti di violette, garofani e iris. Quando il feretro e’ entrato sotto le volte neogotiche, un coro di giovani ha intonato “Blowing in the Wind”. Il parroco, don Bruno Baraggia, prima di officinare il rito funebre, ha detto “Preghiamo per i familiari di Luca e per chi e’ stato causa involontaria di questa morte e soffre con noi di questo lutto”.
Su un opuscolo, intitolato “Funzione eucaristica per Luca”, erano stampati testi di canzoni, preghiere, passi dal Vangelo e dalla Bibbia. Passi scelti dai familiari di Luca, in particolare dalla madre Adele, presidente delle Acli di zona. Dal libro della Sapienza: “L’uomo onesto, anche se muore giovane ha una sorte felice. La saggezza vale di piu’ dei capelli bianchi e una vlta onesta piu’ di una lunga esistenza”. Le omelie sono state fatte da due sacerdoti che avevano conosciuto e lavorato con Luca nella comunita’ di quartiere. “Troviamo un senso a quanto e’ successo nella parola, seguiamo l’esemplo della familia di Lucao, ha detto don Marcellino Brivio. “Difendiamo Luca, la sua storia, proseguiamo nel suo cammino di non violenza” ha aggiunto don Virginio Colmegna, della Pastorale del lavoro. Anche la signora Adele e’ salita sul pulpito “Nel Signore c’e’ la risposta, ne abbiamo fatto l’esperienza”. Poi, mentre i ragazzi cantavano “Grazie alla vita” ha accarezzato a lungo il legno chiaro della bara.

E’ avvenuto, in piazza Schiavone, il momento laico della cerimonia. Su un terrazzo lo striscione rosso dell’Itsos di Bollate, I’ex scuola del ragazzo, con sopra scritto “Luca”. Bandiere della stazione Bovisa di Dp e del centro sociale Lario. Su un lato della piazza, un palchetto pieno di fiori. Qui e’ stato collocata la bara, con sopra quella “palestinese” di Luca. Gli amici avevano preparato una cassetta con le sue musiche preterite quella degli U2, Cure, Killiny Joke, e della Joy Division. Su questo sottofondo Silvano Piccardi ha letto poesie, Nina ha parlato a nome delle madri del quartiere, il segretario della Loc ha parlato di Luca obiettore di coscienza. Fablo Treves ha esegulto il blues piu’ amato da Luca: “Quando il Signore ti chiama, devi muoverti”.

Roberta, del Centro sociale Lario, ha parlato di Luca “vulcano di idee, il primo ad arrivare, I’ultimo ad andare via”. Un’amica ha letto una poesia mandatale da Luca: “Il mare piu’ bello e’ quello che dobbiamo ancora attraversare, i figli piu’ belli sono quelli che non abbiamo ancora fatto”. Nico Colonna, della sezione di Dp, ha ricordato “il grande altruismo di Luca, sorprendente un un giovane cresciuto nell’eta’ del piombo… Non potrai piu’ tornare in Irlanda, non potrai andare in Nicaragua, non ti correggero’ piu’ le tesine sul ‘68, non ti vestirai piu’ da punk per poi venire a chiedermi giacca e cravatta per fare il nostro rappresentante di lista”.

Amari i punk della fanzine Amen, alla quale Luca collaborava: “Da domani riprenderemo a leggere i giornali, a bere the, a salire sull’autobus; tra un anno ci sara’ la commemorazione, qualche centro sociale intitolato a Luca Rossi e, forse, ci sara’ un altro ragazzo eliminato”. Di nuovo, la signora Adele ha voluto ringraziare i presenti: “Luca era splendido e altrettanto lo siete voi”.

Occhi rossi, lacrime, soprattutto tra i coetanei. Teste ricciute coperte di neve affondate nella spalla del vicino. Alla fine il gruppo collettivo si scioglie in una liberatoria Internazionale. Pugni alzati; parte l’unico slogan di tutto il pomeriggio (la famiglia aveva invitato al silenzio e alla gioia): “Luca e’ vivo e lotta insieme a noi, Ie nostre idee non moriranno mai”. Applausi al passaggio del feretro che si dirige verso il cimitero di Bruzzano.

Testimonianza di Umberto Gay – Radio Popolare

“Buon giorno ai nostri ascoltatori, le 7 e 2 minuti, le notizie in breve di Radio Popolare. Abbiamo appreso poco fa che un ragazzo e’ stato ucciso questa notte da un poliziotto in borghese. Si chiamava Luca Rossi, aveva vent’anni ed era militante di DP. Le notizie sono ora confuse, vi daremo maggiori particolari nei prossimi notiziari”.

E’ toccato a me e ancora oggi, a mesi di distanza, ricordo minuto per minuto l’accavallarsi dei fatti, delle notizie, delle ricostruzioni di quel lunedi mattina 24 febbraio. Pochi istanti prima di entrare in studio aveva chiamato Sergio, un amico di Luca. Avevo tentato di farmi richiamare dopo le notizie: ma lui, di solito cosl conciliante, aveva usato un tono duro nel dirmi “e’ successo un fatto grave, hanno ucciso un compagno”. Subito dopo il notiziario in breve aveva chiamato Vittorio: altri particolari, il numero di telefono di casa Rossi, dove c’era Dario che era insieme a Luca al momento della sparatoria.

Intanto c’era il Giornale radio da preparare. Ero agitato, scosso: ma in grado di continuare a lavorare. Non sapevo ancora di conoscere Luca. Lo avevo visto solo due giorni prima, mi aveva salutato con il suo sorriso un po’ speciale.

Chiamo Dario, mi descrive quello che e’ accaduto come se stesse raccontando un film; singhiozza, quando ricorda le ultime parole di Luca: “aiutami Dario, aiutami”. Poi al telefono Adele, la mamma di Luca, fra le lacrime: “me l’hanno ucciso, hanno ucciso Luca. E stata la polizia… cara Radio Popolare”. Cara Radio Popolare, perche’ era quella di Luca, dov’era venuto tante volte, e a quel punto la voglia di piangere non era piu’ solo da un capo del filo. Poco dopo arriva Vittorio. Al registratore parla piu’ veloce del solito, lucidissimo nonostante la notte passata al capezzale di Luca. Riesce a comporre un perfetto quadro clinico che spiega cos’e’ successo, di come e’ morto Luca. Lo conosco da anni, Vittorio, quella mattina ho capito che sara’ un buon medico.

Alle 8.30 gli ascoltatori di Radio Popolare sanno gia’ tutto: chi era il ragazzo ucciso, come e’ potuto capitare, il dolore degli amici e dei familiari, la tragica inutilita’ di quel proiettile. Subito le telefonate, tante, a decine: per chiedere altri particolari, per sapere se c’e’ in programma una manifestazione, delle assemblee. La conferenza stampa in Questura fornisce solo la versione del poliziotto omicida (anonima, naturalmente. Vuoi mai che qualcuno gli possa fare qualche brutto scherzo…).

Le manifestazioni dei giorni seguenti, le trasmissioni serali a RP con Daniela, la sorella di Luca, gli amici, le conferenze stampa di denuncia di DP.

Una settimana terribile, un’emotivita’ fortissima per tutta la citta’, il viso di Luca che guardava da mille muri, una settimana che si conclude con i funerali. Tanta gente, tanti fiori, tante lacrime. C’era anche tanta neve, ma solo in pochi sapevano che Luca sarebbe stato felicissimo di tutta quella roba bianca che scendeva dal cielo.

I quotidiani, i media in genere, parlano tanto di Luca Rossi. Anche i fogli meno sensibili e lontani dai problemi di Milano e dei giovani milanesi riescono solo in parte a manovrare l’episodio. La risposta degli studenti, la figura di Luca, le modalita’ dell’accaduto, le palesi responsabilita’ del poliziotto vengono riportate con discreta correttezza. Certo: a molti giornalisti non par vero di potersi un po’ sfogare quando un vetro della Prefettura viene rotto durante un corteo, ferendo una ragazza; cosi come in Questura i giornalisti della sala stampa, non tutti comunque, lavorano alla ricerca di una possibile giustificazione al gesto dell’agente della Digos che aveva sparato. Di Luca, si e’ parlato tanto, anche abbastanza bene.

Faceva notizia per tanti motovi. “Luca deve essere l’ultimo” aveva detto la mamma ai funerali. Non e’ stato cosi’, ed era prevedibile. Quasi un mese dopo e’ stato ucciso dalla polizia Agrippino Parolisi, ladruncolo perche’ tossicodipendente, e i giornali ne hanno scritto per un paio di giorni. Due mesi dopo un ragazzo arrestato nei pressi di Linate e’ vo!ato giu’ dall’auto in corsa della polizia lungo il viale Forlanini sfracellandosi le gambe: sui giornali la notizia non viene riportata.

Ogni giorno a Milano, ma nell’hinterland e in provincia e’ ancora peggio, i giovani fanno le spese di una politica di ordine pubblico tesa unicamente a salvaguardare la superficie, a proteggere il grande/luminoso/ricco centro della metropoli da chi e’ giudicato diverso, da chi non e’ controllabile, da chi puo infastidire il cittadino che scrive ai giornali o alle autorita’ per lamentarsi del chiasso, del tossicomane che scippa per sopravvivere, delle puttane e dei sex-shop. Stampa e autorita’, lavorano di concerto e si condizionano a vicenda creando nuovi mostri, continui pericoli sociali ed emergenze.

Cosi’ di volta in volta, “wanted” diventa il punk con la cresta colorata e vestito di nero, il tossicodipendente che anche l’ultimo poliziotto sa che ruba per estremo bisogno, il gruppo di “randa” adolescenti del quartiere dormitorio che in mancanza d’altro sfascia la cabina della SIP. Un elenco che potrebbe durare a lungo con un comune denominatore: i figli stessi della metropoli, certo i meno protetti e garantiti, criminalizzati e “usati” per mantenere ad un determinato livello il clima di tensione nella citta’. Accade cosi che persino un quotidiano come La Repubblica nelle sue pagine milanesi abbracci la logica dell’allarme spesso, fra l’altro, scadendo in ovvieta’ come .quella volta in cui scopri’ che l’ambiente della Stazione Centrale era particolarmente ostico.

D’altronde i giornali devono vendere e cosi’ lanciarsi sui titoli scandalistici e grandguignoleschi oppure sulle inchieste fatte sempre e solo con l’occhio di chi le spalle ce l’ha ben coperte, diventa obbligatorio e complice.

Centro e’ proprio complicita’. Complicita’ con le forze dell’ordine che storicamente hanno ruolo di repressione e solo raramente di prevenzione. La soluzione dei problemi, le riforme, le attivita’ preventive spettano ad altri, non certo al celerino di leva o all’agente della Volante indurito da anni e anni di turni faticosi e rischiosi.

Detto questo, pero, c’e’ modo e modo di amministrare l’ordine pubblico. Ogni giorno a Milano e nell’hinterland si ripetono fatti sconcertanti che, al di la’ dei sorrisi e delle promesse, mostrano il volto di una polizia (ma i cc non sono problema da poco dato che il loro operato e’ ancora meno verificabile) che sta acquisendo sempre piu’ una mentalita’ da grande metropoli made in USA: si fa quel che si puo sul grande crimine e ci si muove al limite della stessa legge per quanto riguarda la piccola delinquenza e i piccoli reati. Cosi’ puo succedere di essere fermati davanti ad un bar, oppure per una piccola infrazione di guida, malmenati e ingiuriati e solo alla fine gli aggressori si qualificano. Oppure si spara anche quando e’ chiaro che chi sta fuggendo e’ un piccolo pesciolino.

E’ una cultura generale che si diffonde sempre piu’ soprattutto sulle giovani leve. Persino i vigili urbani non ne sono immuni. La figura del vecchio ghisa tende a scomparire per far posto a comportamenti autoritari, violenti, poco inclini al rapporto con il cittadino, coperti e obbligati a muoversi in certo modo dalla qualifica di pubblico ufficiale.

Intanto a Milano ogni giorno entrano, escono, vengono consumati decine di chili di droga pesante; le bische, quelle all’aperto e quelle al chiuso, funzionano quotidianamente; i racket taglieggiano e le banche custodiscono forzieri zeppi di capitali mafiosi. Qui e’ stridente la contraddizione. Per i giovani, invece, c’e’ sempre la possibilita’ di organizzare una bella retata o qualche posto di blocco che li dissuada dall’idea del gironzolare piu’ del necessario. Poi, ogni tanto, ci scappa il morto. Sono cose che possono accadere. L’hanno anche detto, in fondo: “la morte di Luca Rossi e’ stata una tragica fatalita’”.

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