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Solo slogan, nessun incidente. Chiesta la piazza per il 3 aprile. Romagnoli: Brutta pagina per la democrazia’. Un gruppo tenta di marciare verso il centro ma il partito dà lo stop. Mini-sfilata in via Boldrini tra poliziotti e insulti dalle finestre
BOLOGNA, 26 MARZO 2006 – Finisce in Questura il pomeriggio bolognese di Luca Romagnoli, segretario nazionale della Fiamma tricolore. Nessuna bega giudiziaria. Il leader della formazione di estrema destra arriva negli uffici di piazza Galilei per chiedere di potere tenere un comizio in una piazza cittadina il 3 aprile.
Romagnoli denuncia così «l’assurdo veto posto dal sindaco Cofferati» alla concessione di piazza Carducci, ieri, come chiesto dalla Fiamma tricolore. La Questura girerà la richiesta alla Commissione interpartitica comunale, che già aveva negato il comizio di ieri «perché tutte le piazze disponibili erano già occupate». «Voglio vedere — commenta ora Romagnoli — se Cofferati dirà anche questa volta che è impossibile concederci uno spazio».
La Fiamma tiene una conferenza stampa in una saletta dell’Hotel Europa. Ci sono i principali dirigenti e alcuni militanti. Una trentina di persone in tutto. Molti di più gli uomini delle forze dell’ordine che presidiano via Boldrini, chiusa al traffico.A un certo punto, spunta uno striscione. C’è scritto «A Bologna la libertà è morta». Maurizio Boccacci, fondatore del Veneto Fronte Skinheads, lo vuole portare «in stazione, poi in piazza. Mi basta che i bolognesi capiscano che limitazioni sono perpetrate da questo sindaco».Escono dall’albergo in sette. Si passano il megafono.
Piero Puschiavo, coordinatore del Veneto, urla slogan contro «i compagni antifascisti»: «Venite, conigli, dimostrate il vostro coraggio, siamo qui, non abbiamo paura». Da alcune finestre accese piovono insulti: assassini, andate via, siete solo quattro gatti neri. Appena il mini corteo accenna a muoversi, scoppia un breve diverbio fra Puschiavo e il bolognese Carlo Ciaccia, che vuole evitare provocazioni e rischi di incidenti, dopo giorni di tensione. «Ricorda, i patti erano altri», sbotta Ciaccia. Puschiavo ribatte a muso duro, poi ricomincia a urlare slogan. Alla fine, però, convinto anche dalle forze dell’ordine, il gruppetto rinuncia a sfilare con lo striscione.In albergo, Romagnoli ricorda il comizio negato.
Parla di «brutta pagina per la democrazia», denuncia la «resa dello Stato e dell’amministrazione pubblica, in campagna elettorale, a gruppi non identificati di persone che si permettono di dire che c’è chi ha dei diritti e chi non li ha». Per il segretario nazionale della Fiamma, «chi amministra questa città e i rappresentanti dello Stato, questore e prefetto, si sono presi una grossa responsabilità».Cofferati, maligna Romagnoli, «vuole recuperare a sinistra ciò che il suo partito sta perdendo». Qualche mese fa «il sindaco, contestato dalla sinistra antagonista, si arroccò sulla legalità, il rispetto delle regole. Con noi quelle regole non valgono?. Altri devastano le città, non noi. E a questi altri, se vince il centrosinistra, sarà concesso ancora di più».
Il Resto del Carlino
da anarcotico
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