Da mesi gli studenti cileni sono in sciopero e sono scesi diverse volte in strada. Esigono un sistema scolastico e universitario più giusto (cioè meno classista) e con le proteste hanno maturato via via una critica complessiva al sistema capitalista. In un paese ricco come il Cile infatti (con il Prodotto Interno Lordo maggiore di tutta l’America Latina, e in costante crescita del 4/5% annuo), le differenze sociali si acuiscono e il governo tende a rispondere con la repressione alla questione sociale. Negli ultimi, straripanti, cortei di agosto ci sono stati pesanti scontri, più di un migliaio di arresti e i carabineros — gli stessi dei tempi di Pinochet — hanno ammazzato un ragazzino di quindici anni. Qui di seguito un’analisi del movimento di un compagno, nostro corrispondente, del Frente de Estudiantes Libertarios http://feluchile.blogspot.com/
Il movimento studentesco in Cile è stato sempre fondamentale nelle mobilitazioni sociali del post-dittatura, e oggi sta riuscendo a coinvolgere una buona parte degli studenti in un processo di messa in discussione di alcune delle basi strutturali del sistema educativo vigente.
Se dovessimo definire gli elementi centrali della domanda studentesca, troveremo certamente una focalizzazione su questioni settoriali, ma contemporaneamente, nel quadro della radicalizzazione delle richieste, troveremmo anche innumerevoli voci, a livello dirigenziale e di base, che hanno messo in evidenza il legame diretto tra i cambiamenti richiesti e la necessità di una svolta di fondo, che ovviamente va al di là delle semplici esigenze corporative.
Lo scenario nel quale è emersa la protesta studentesca è quello di un Cile segnato dalla sfiducia verso la politica ufficiale da parte di una società che, per quanto ancora in maggioranza disorganizzata e frammentata, ha sollevato però importanti questioni sociali; le esperienze recenti, a conferma di questo, sono: la rivolta nella provincia di Magallanes per l’aumento dei prezzi del petrolio, le gigantesche manifestazioni, principalmente a Santiago, contro le centrali idroelettriche progettate nel sud (Progetto Hidroaysén), e poi le grandi proteste studentesche, che hanno raggiunto livelli di partecipazione poche volte visti nel Cile contemporaneo, con oltre 500 mila persone per le strade.
Più che analisi più o meno condivise a livello politico, tra le molteplici sinistre presenti nel panorama delle principali università del paese sono state privilegiate questioni di maggiore gravità sociale come l’accesso all’educazione superiore, marcato da una forte discriminazione di classe, tasse universitarie eccessivamente alte, la mancanza di democrazia interna, in maggior o minor misura, e l’esistenza di università che, non rispettando nemmeno la legislazione esistente, lucrano sui propri stabilimenti. Tutto è iniziato con un dibattito all’interno della Confederazione degli Studenti che aveva l’obiettivo di opporsi alla riforma dell’educazione voluta dal governo e di portare avanti un processo educativo definito dagli studenti.
Ora, se vogliamo capire gli obiettivi e le possibilità di questo movimento, dobbiamo analizzare alcune questioni contestuali. Innanzitutto il fatto che sia in atto in Cile un esperimento neoliberista e quindi che ci sia un potere enorme in mano all’impresa privata, con uno Stato al suo servizio, a cui si contrappone una popolazione organizzata solo in alcuni suoi settori; in secondo luogo la posizione debole del primo governo di destra dai tempi della dittatura e in particolare del suo presidente a cui fa fronte una opposizone politica altrettanto debole, ma anche un’opposizone generale di popolo; un modello del sistema educativo ereditato dalla dittatura militare e rafforzato dai successivi governi di centro (la cossiddetta Concértacion) composti da esponenti del Partito Socialista e Democristiano che hanno perpetuato un sistema totalmente ingiusto e classista dove ci sono scuole e università per ricchi e scuole e università per tutti gli altri, in cui le rette mensili sono superiori al salario medio.
Ci si potrebbe chiedere però: dato che queste condizioni durano da anni, perché proprio adesso è nato questo movimento? Perché c’è stata una maturazione nella critica al neoliberismo a cui si è affiancata una partecipazione di massa in grado di controllare i tipici maneggi che sono appannaggio dei leaders studenteschi tradizionalmente vicini a qualche partito politico.
Di fronte a un governo che non riesce nemmeno a pensare un sistema educativo staccato dal modello neoliberista, gli studenti sono consapevoli che ottenere una vittoria potrebbe essere cosa non immediata, ma sanno anche che una nuova scuola e una nuova università sono possibili solo con una nuova società e sanno che essa si ottiene attraverso la ricostruzione di un tessuto sociale e organizzativo solidale. In questo senso il movimento si sta radicalizzando e gli scontri di piazza di agosto sono il riflesso di una critica più complessiva al sistema.
Gli studenti delle scuole superiori e delle università stanno quindi dimostrando di essere capaci di andare oltre una vertenza settoriale e di mettere in discussione il modello politico ed economico vigente e in questo senso hanno ottenuto le simpatie di diversi settori sociali, in maniera trasversale. Questo ci permette di guardare con fiducia al prossimo futuro, perchè, sebbene il pericolo dell’istituzionalizzazione del movimento sia sempre in agguato, oggi c’è una critica generalizzata al governo politico classista e neoliberista e questo potrebbe avere inaspettate conseguenze, se il popolo si organizza autonomamente per mettere fine all’attuale sistema di dominazione.
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