Abruzzo - Ho visto l'Aquila: lettera a mia moglie scritta ieri notte

Ho visto l’Aquila. Un silenzio spettrale, una pace irreale, le case
distrutte, il gelo fra le rovine. Cani randagi abbandonati al loro destino.
Un militare a fare da guardia ciascuno agli accessi alla zona rossa, quella
off limits. Camionette, ruspe, case sventrate. Tendopoli. Ho mangiato
nell’unico posto aperto, dove vanno tutti, la gente, dai militari alla
protezione civile. Bellissimo. Ho mangiato gli arrosticini e la mozzarella
e
i pomodori e gli affettati. Siamo andati mentre in una tenda duecento
persone stavano guardando “Si Può Fare” . Eravamo io, Pietro, Michele,
Natasha, Cecilia, AnnaMaria, Franco e la sua donna.
Poi siamo tornati quando il film stava per finire. La gente piangeva. Avevo
il microfono e mi hanno chiesto come si fa a non impazzire, cosa ho
imparato
da Robby e dalla follia di Robby, se non avevo paura di diventare pazzo
quando recitavo.
Ho parlato con i ragazzi, tutti trentenni da fitta al cuore. Chi ha perso
la
fidanzata, chi i genitori, chi il vicino di casa. Francesca, stanno
malissimo. Sono riusciti ad ottenere solo ieri che quelli della protezione
civile non potessero piombargli nelle tende all’improvviso, anche nel
cuore
della notte, per CONTROLLARE. Gli anziani stanno impazzendo. Hanno vietato
internet nelle tendopoli perché dicono che non gli serve. Gli hanno
vietato
persino di distribuire volantini nei campi, con la scusa che nel testo di
quello che avevano scritto c’era la parola ‘cazzeggio’. A venti
chilometri
dall’Aquila il tom tom è oscurato. La città è completamente
militarizzata.
Sono schiacciati da tutto, nelle tendopoli ogni giorno dilagano episodi di
follia e di violenza inauditi, ieri hanno accoltellato uno. Nel frattempo
tutte le zone e i boschi sopra la città sono sempre più gremiti di
militari,
che controllano ogni albero e ogni roccia in previsione del G8. Ti rendi
conto di cosa succederà a questa gente quando quei pezzi di *****
arriveranno coi loro elicotteri e le loro auto blindate? Lì???? Per
entrare
in ciascuna delle tendopoli bisogna subire una serie di perquisizioni
umilianti, un terzo grado sconcertante, manco fossero delinquenti, anche
solo per poter salutare un amico o un parente.

Non hanno niente, gli serve tutto. (Hanno) rifiutato ogni aiuto
internazionale e loro hanno bisogno anche solo di tute, di scarpe da
ginnastica. Per far fare la messa a Ratzinger, il governo ha speso
duecentomila euro per trasportare una chiesa di legno da Cinecittà a
L’Aquila.
Poi c’è il tempo che non passa mai, gli anziani che impazziscono. Le
tendopoli sono imbottite di droga. I militari hanno fatto entrare qualunque
cosa, eroina, ecstasy, cannabis, tutto. E’ come se avessero voluto
isolarli
da tutto e da tutti, e preferiscano lasciarli a stordirsi di qualunque
cosa,
l’importante è che all’esterno non trapeli nulla. Berlusconi si è
presentato, GIURO, con il banchetto della Presidenza del Consiglio. Il
ragazzo che me l’ha raccontato mi ha detto che sembrava un venditore di
pentole. Qua i media dicono che lì va tutto benissimo. Quel ragazzo che mi
ha raccontato le cose che ti ho detto, insieme ad altri ragazzi adulti, a
qualche anziano, mi ha detto che "quello che il Governo sta facendo sulla
loro pelle è un gigantesco banco di prova per vedere come si fa a tenere
prigioniera l’intera popolazione di una città, senza che al di fuori
possa
trapelare niente". Mi ha anche spiegato che la lotta più grande per tutti

è proprio non impazzire. In tutto questo ci sono i lutti, le case che non
ci
sono più, il lavoro che non c’è più, tutto perduto.
Prima di mangiare in quel posto abbiamo fatto a piedi più di tre
chilometri
in cerca di un ristorante, ma erano tutti già chiusi perché i proprietari
devono rientrare nelle tendopoli per la sera. C’era un silenzio
terrificante, sembrava una città di zombie in un film di zombie. E poi
quest’umanità all’improvviso di cuori palpitanti e di persone non
dignitose,
di più, che ti ringraziano piangendo per essere andato lì. Ci voglio
tornare. Con quella luna gigantesca che mi guardava nella notte in fondo
alla strada quando siamo partiti e io pensavo a te e a quanto avrei voluto
buttarmi al tuo collo per dirti che non ti lascerò mai, mai, mai.
Dentro al ristoro privato (una specie di rosticceria) in cui abbiamo
mangiato, mentre ci preparavano la roba e ci facevano lo scontrino e fuori
c’erano i tavoli nel vento della sera, un commesso dietro al bancone ha
porto un arrosticino a Michele, dicendogli ‘Assaggi, assaggi’. Michele
gli
ha detto di no, che li stavamo già comprando insieme alle altre cose, ma
quello ha insistito finché Michele non l’ha preso, e quello gli ha detto
sorridendogli: "Non bisogna perdere le buone abitudini".
Domani scriverò cose su internet a proposito di questo, la gente deve
sapere.
Anzi metto in rete questa mia lettera per te.
Andrea Gattinoni, 11 maggio notte.

Lun, 15/06/2009 – 11:10
tutti i contenuti del sito sono no-copyright e ne incentiviamo la diffusione