Alcune riflessioni sul sequestro della Buccaneer...
11 aprile 2009. Il rimorchiatore d’altura italiano Buccanner viene sequestrato secondo la stampa, da imbarcazioni pirata mentre è in navigazione nel Golfo di Aden.
15 maggio 2009. Londra. Inizia il processo alla multinazionale Trafigura, accusata di essere responsabile della morte e l’intossicazione di migliaia di persone per aver riversato 528 tonnellate di scorie altamente tossiche nella città di Abidjan, Costa d’Avorio, Africa.
22 maggio 2009. Golfo di Aden la fregata della marina militare italiana in un’azione di Polizia internazionale sventa un attacco pirata ad un mercantile e arresta 9 presunti pirati.
Imbarcazioni pirata, mercantili pattumiera e operazioni di polizia internazionale: siamo sicuri che siano avvenimenti senza nessuna relazione tra loro?
Da fine 2008 ai primi mesi del 2009 gli attacchi dei pirati alle navi in transito a ridosso delle acque somale e yemenite si intensificano arrivando a incidere direttamente sulla determinazione sui costi
del petrolio e delle polizze assicurative. Ad essere coinvolti nelle azioni dei pirati sono soprattutto petroliere, porta-container, navi fattoria, vere e proprie fabbriche galleggianti. In questa maniera i pirati mettono in serio rischio i profitti del principale vettore di trasporto del mondo, portando al capitale un attacco tanto inaspettato quanto inevitabile. Ed ecco allora che l’Onu, propinatoci come organizzazione di collaborazione tra le nazioni avente il fine gi garantire la stabilità politica mondiale, rilascia il proprio nulla hosta agli stati, per poter inviare navi pattuglia della marina nelle acque somale con il compito di difendere le merci dagli assalti dei pirati.
È sempre affascinante assistere al ruolo di collante proprio del denaro: appena la sicurezza dei commerci è in pericolo in un attimo le differenze politiche svaniscono.
In un paese come il nostro in cui, qualsiasi cosa per accadere ha bisogno di essere riportata dai media, il velo di silenzio calato sul caso del rimorchiatore d’altura Buccaneer è sospetto. Pare strano che la stampa non monti una campagna d’odio sul rapimento di 10 connazionali (tre dei quali di Torre del Greco e uno di Ercolano) da parte di flotte di pirati “senza scrupoli né leggi”.
Sembra strano che l’Armatore Micoperi di Ravenna – proprietario del rimorchiatore – non abbia richiesto a gran voce l’intervento governativo. Così come sembra altrettanto strano il ruolo della Marina Militare nelle acque somale: nei giorni di massima attenzione mediatica si rende partecipe di un tempestivo intervento a difesa di un mercantile battente una bandiera (ombra) di uno stato caraibico, a cui è seguito l’arresto di 9 “pirati” somali, mentre, quando i tentativi di abbordaggio
hanno riguardato navi italiane come la porta-contenitori Jolly Smeraldo dell’armatore Messina (riconosciuto negli amibenti portuali come vero e proprio spazzino del mare) o la crociera MSC Melody, la prontezza della marina è immancabilmente venuta meno. Sarà forse perché in quei giorni i riflettori erano puntati su i teatrini politici interni? Così come pare ancora più strano che questo governo, per il quale il delirio di sicurezza strisciante è linfa vitale, non abbia calcato la mano per richiamare all’unità e solidarietà nazionale nei confronti delle famiglie direttamente interessate. Ma si sa, gli sforzi delle istituzioni sono direttamente proporzionali al peso specifico della persona coinvolta; e quando ad essere coinvolti non sono degli sbirri (come nel caso dei mercenari Quattrocchi&Co.) allora si può anche parlare un po’ più a bassa voce. Se poi si venisse a scoprire che il rimorchiatore in questione trasportava materiali tossici da abbandonare nelle acque somale, beh, allora meglio metterci una bella pietra sopra evitando di svelare le reali responsabilità degli impresari occidentali (tra cui anche italiani) nelle devastazioni perpetuate nelle acque e nei territori africani necessarie per smaltire le inevitabili nocività derivate dalla produzione industriale a ciclo continuo di merci superflue.
Dalla pesca industriale che svuota le acque con le sue fabbriche galleggianti, alle pattumiere di scorie, passando per i mercanti d’armi: questi sono i criminali che aggrediscono il mare e le sue popolazioni. Questi sono alcuni dei responsabili delle devastazioni che da secoli si perpetuano nel continente africano. Intere popolazioni vessate da guerre , scarsità di risorse primarie, anche a causa dell’alterazione degli equilibri ambientali, miseria, fughe e migrazioni. Tutto questo organizzato e pianificato da affaristi e speculatori, veri artefici della guerra civile permanente che attraversa l’Africa in lungo e in largo, senza la quale sarebbe impraticabile l’attuale saccheggio delle ricchezze del luogo.
Forse la pirateria da quelle parti non è solo un metodo di arricchimento illegale, bensì una forma di autodifesa dall’aggressione della società del capitale e del suo spettacolo. Forse i pirati che assaltano le navi in azioni temerarie e disperate sono gli stessi che hanno vissuto lo Tsunami del dicembre del 2004, quando, da questo lato della costa dell’Oceano Indiano, le onde hanno portato a riva tonnellate di fanghi, polveri e residui nocivi, sversati negli anni precedenti da navi come la Buccaneer, avvelenando costa e abitanti per centinaia di chilometri.
Forse i pirati catturati – che a seguire le regole seppur vacue del diritto internazionale, non possono essere processati in Italia per il reato di pirateria quando compiuto contro terzi e in acque internazionali – diventeranno un’ottima merce di scambio per una torbida quanto silenziosa negoziazione per riportare a casa il Buccaneer e il suo equipaggio, ancora meglio se a riflettori spenti.
Di sicuro da quelle parti la pirateria non è più un’utopia ma una necessità inevitabile, un prezzo da pagare per l’economia capitalista e i suoi difensori. E ci auguriamo che questo prezzo sia molto salato.
Di sicuro chi si difende dalle nocività della società industriale, con le proprie modalità, a nostro avviso non è mai dalla parte del torto. In qualsiasi parte del mondo, in Somalia come in Italia.
Dopo l’abbordaggio, fuggi pirata, fuggi!
Gli uccellaci della morte ti cercano. Che la fortuna ti sorrida!
Napoli, luglio ‘09
Alcuni nemici interni
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