Caffè, sigaretta, caffè

Con caldo invito all'inoltro, diffusione e pubblicazione (in ogni dove: siti, blog, forum, ecc.).
Fonte dell'articolo: Peggio, numero otto, dicembre 2007 - Pagine salentine (Peggio: C.P. 260, 73100 Lecce - peggio2008@libero.it www.guerrasociale.org).
Natale Adornetto
-------------------------
Caffè, sigaretta, caffè

Non è facile trovare un posto dove fumare in pace se sei degente in un reparto pieno di vecchiette... così io facevo la guardia mentre lei fumava in bagno.
Roberta l'ho conosciuta in ospedale. L'avevano ricoverata dopo una pesante intossicazione da barbiturici.
Ci aveva provato un'altra volta, e un'altra volta senza riuscirci. Fra una sigaretta e l'altra veniva fuori la sua storia, un racconto tremendo in cui, in un paesaggio di invincibile solitudine, si avvicendavano avventure rocambolesche e sofferenze insostenibili: aveva solo venticinque anni e molti, troppi TSO alle spalle.
Nel labirinto mostruoso della psichiatria Roberta vi era entrata poco più che adolescente; come tutti quelli che ci entrano, anche lei ci è entrata per forza.
Caffè, sigaretta, caffè... Nei reparti di psichiatria tutti ti ripetono che lo schifo in cui vivi è solo colpa tua... alla meglio trovi operatori che mascherano il loro sconcerto dietro modi gentili e misurati, professionisti del Buon Senso che provano ad insegnarti a dare il meno fastidio possibile.
Quando di notte riuscivo a smontare le sbarre del suo letto, pianissimo per non svegliare le altre, i suoi occhi si riempivano di una soddisfazione complice e sincera: qualcosa che non si vede mai sulle facce dei soggetti col cervello biochimicamente normale, quelli con la materia grigia talmente in regola che il grigio in esubero li segue un po' dovunque.
Slegarsi dalle cinghie, fare pace con il proprio cervello, evadere dal labirinto di solitudine e colpa che come un parassita si impossessa della tua mente non lasciando quasi più spazio ad altro... sono queste le necessità impellenti, i chiodi fissi, i sogni di libertà...
Come per qalunque rinchiuso, forzato, carcerato, l'obiettivo di Roberta era la libertà.
Ci è riuscita pochi mesi fa quando, con un volo dal terzo piano, è sfuggita per sempre ai suoi aguzzini... quelli in carne ed ossa e quelli no (psicofarmaci; ndr).
Per molti come lei l'unica decisione libera che resta è il suicidio, e in un insopprimibile impeto di ribellione, molti riescono a farla finita.
Caffè, sigaretta, caffè... lei andava avanti fra sorriso e pianto: quando cominci col TSO sai che sarà difficile scappare e che i medici, gli operatori sociali, talvolta la famiglia e la polizia saranno per sempre il nemico da cui dovrai nasconderti.
Il TSO è il trattamento sanitario obbligatorio somministrato a coloro i quali vengono riconosciuti malati di mente: cicli infiniti di terapie farmacologiche, sedute di controllo, iniezioni di farmaci a lungo rilascio e ricoveri coatti.
Non di rado capita che sia proprio la polizia a trascinare questi disturbatori della pubblica decenza in ospedale e spesso non è nemmeno necessario dare in escandescenze o usare violenza su qualcuno, basta anche stare solo in disparte e farsi i fatti propri, magari sdraiarsi su un marciapiede e addormentarsi un poco per attirare l'attenzione dei tutori dell'ordine... per il tuo bene. [...].
C.
-----------------------
L'articolo continua, ma io mi fermo qui. Continua su cose attinenti il TSO e la psichiatria, però non lo trascrivo tutto. Questo non perché voglia fare da censore - non lo faccio con nessuno - ma perché voglio mettere in primo piano la storia di Roberta. E comunque in allegato c'è la copia completa dell'articolo, per cui chi vuole può benissimo leggerla e, eventualmente, trascriverla.

La storia di Roberta mi ha, per ovvi motivi, toccato tantissimo e profondamente.
Son riemerse da me moltissime cose che da tempo non venivano su, ed ho pianto mentre trascrivevo l'articolo, pianto amaramente, sia per Roberta che per me. Ma anche per tutte le altre persone (vedi, ad esempio, la storia di Mauro: http://isole.ecn.org/telviola/mauro.html).

Erano mesi che non piangevo sulla mia situazione, su quello che ho subito, su ciò che m'hanno fatto, sulla atroce, perenne, soverchiante ed insopportabile sofferenza che m'hanno causato gli psichiatri e le psichiatre coi loro interventi, con gli immani, permanenti ed irreversibili danni che mi hanno dato in "preziosa eredità".

Schifosi, vigliacchi ed aguzzini tutte le persone che mi sono andate contro e che ancora mi vanno contro. Schifosi, vigliacchi ed aguzzini almeno quanto lo sono stati le psichiatre e le psichiatre.
Andare contro ed infierire su chi è stato martirizzato dalla psichiatria, è ancor peggio che rincarare la dose sulle persone che sono state nei lager e nei campi di concentramento.

Ancora adesso, come è sempre stato in passato, spesse volte, parecchie volte al giorno, sento il fortissimo impulso, a volte anche all'improvviso, di salire in terrazza e lanciarmi giù, di farla finita. Sono anni ed anni che lotto contro questo colosso di impulso.
E perché?
Per il pensiero di ciò che mi è stato fatto, per l'angoscia che ne scaturisce e che provo, per il terrore che mi pervade nel pensare di dover subire un altro TSO, per come mi hanno rovinato e distrutto la vita, per l'impossibilità di viverla anche solo minimamente, impossibilità nata dagli interventi delle psichiatre e degli psichiatri, così come è nato il resto, resto che c'è stato, assieme a tante altre cose, già sin dal primo TSO.

Sto qui scrivendo quello che state leggendo, e sono parole inequivocabili: i miei impulsi nascono dall'aver subito i TSO e dalle paure di subirli di nuovo.
Chissà, sapendo ciò, magari a qualche "brillante" psichiatra viene l'idea di farmi il TSO per farmi scomparire le idee "suicide"... Come se non è più che palese che se le ho, è proprio a causa dei TSO. Ma loro pensano di risolvere così i mali che creano, e pensano di risolverli con le cose che li hanno generati. Gli psichiatri e le psichiatre hanno questa arroganza e questa presunzione: pensano di risolvere con gli psicofarmaci i sintomi e i danni che loro hanno causato, e che hanno causato proprio con gli psicofarmaci.
Del resto, non ci sarebbe nulla di cui sorprendersi se mi facessero di nuovo un TSO. Più volte ho detto agli psichiatri e alle psichiatre che mi hanno fatto il TSO, o a cui ero affidato durante il ricovero, che mi sarei tolto la vita in caso di nuovo TSO, e una volta gliel'ho pure scritto.
E l'ho pure scritto nel mio libro:
"[...] perché non mi andava di avere un’altra botta di t.s.o. E il pensare a come avrei passato la mia vita dopo un altro t.s.o., mi fece venire strane idee in testa, e cioè che se fossi stato nuovamente ricoverato mi sarei tolto la vita. Ognuno di noi ha una sua capacità di sopportazione al dolore e alla sofferenza, ed io capivo che non c’è l’avrei fatta ad affrontare nuovamente l’inferno. E in ogni caso, non volevo rivivere nell’inferno. Attualmente sono tranquillo, sia perché non temo di poter ricadere nel delirio e sia perché non penso più, nell’eventualità, al suicidio. Credo però che l’idea di farla finita sia conservata in me (come “estrema ratio”) in qualche angolino del mio animo e che è pronta a venir fuori nel caso in cui (chi lo può mai sapere?) venissi ricoverato. (Che arma formidabile, potente e micidiale fornisco agli altri... Se qualcuno vuole che io mi ammazzi gli basta ricoverarmi...) [...]".
Ma loro hanno sempre tirato dritto, aggravando sempre più la mia situazione e facendo divenire l'impulso sempre più forte, impulso che son sempre riuscito a tenere a bada solo grazie alle mie forze, alla mia voglia di vivere, alla tenue speranza che un giorno possa riavere almeno un briciolo di quella che era la mia esistenza e di potermela nuovamente godere.

Natale Adornetto

Mer, 12/03/2008 – 02:26
tutti i contenuti del sito sono no-copyright e ne incentiviamo la diffusione