«L’ho visto passare, era sulla barella. Sembrava gli fosse passato un tram addosso, proprio sulla faccia». È notte, nel Campo di Bari Palese, ma non tutti dormono. Uno degli internati è disperato e ad un certo punto esplode e comincia a tagliarsi. I suoi compagni si svegliano e alla vista del sangue provano a bloccarlo e chiamano aiuto a gran voce. Le guardie arrivano subito: sono furibonde per essere state disturbate e, aperta la cella, si gettano addosso ai primi due reclusi che trovano a tiro e li riempiono di botte. Uno dei due - qualche ora dopo - verrà visto passare steso sulla barella. «Era in una condizione indescrivibile» - ci dicono da dentro. Dell’altro pestato non si hanno ancora notizie. Al contrario, il ragazzo che si era tagliato è stato medicato e sta bene: era solo una ferita superficiale.
Cristina ha compiuto sedici anni proprio l’altro giorno e per l’occasione ha fatto una piccola festa insieme alle sue compagne all’ombra delle sbarre di Ponte Galeria. È dentro da 40 giorni, anche se è minorenne ed è nata in Italia. Ma la sua famiglia è croata, ed ora è tornata a vivere lì. Lei ha fatto l’errore di venirsi a fare un giro in Italia. I poliziotti che l’hanno fermata le hanno detto che la sua Carta d’Identità era falsa e che senz’altro non era vera nemmeno la sua data di nascita. Adesso è nel Centro che aspetta, aspetta un passaporto per farsi riconoscere, un medico che la visiti per la sua malattia alle ovaie, qualcuno che ascolti la sua storia e la aiuti a tornarsene a casa.
«Ci tengono come cani, impareremo ad abbaiare». La vita dentro al Centro di Gradisca di Isonzo è una vita fatta di minacce e violenze continue e la polizia coglie ogni pretesto per saltare addosso ai reclusi, che vivono in semi-isolamento da più di un mese. Ascoltate la cronaca dettagliata delle ultime bastonate, distribuite solo ieri sotto gli occhi di tutti su http://www.autistici.org/macerie/?p=19573
Un paio di giorni fa, un giovane centroafricano è stato portato dentro alle gabbie di Ponte Galeria. Uno come tanti se non fosse che ne era uscito appena il giorno prima. E già, perché avendolo lì al Centro già da un certo tempo e non sapendo bene come sbarazzarsi di lui, i funzionari dell’Ufficio immigrazione di Roma hanno pensato bene di caricarlo su di un aereo diretto ad Accra, nonostante il rifiuto dell’ambasciata ghanese a Roma di mettere il timbro sui documenti della deportazione. Pensavano non se ne accorgesse nessuno? Oppure di abbandonarlo di nascosto, magari chiudendolo nel bagno dello scalo? Non lo sappiamo. Sta il fatto che appena sbarcati lui e i poliziotti italiani che lo accompagnavano sono stati cortesemente pregati di sloggiare e caricati a bordo del primo aereo diretto in Europa. E se ne sono tornati mesti a Ponte Galeria, dove nel frattempo è scoppiata una epidemia di influenza e i reclusi sono tutti abbastanza a pezzi: hanno solo la forza per lamentarsi. Della Croce Rossa, ovviamente.
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