[Co] Presidio antirazzista

30/05/2009 - 15:00
30/05/2009 - 19:00

Aggressioni razziste, intolleranza, reclusione nei CIE, lavoro nero: questo è quello che trova chi arriva in cerca di una vita migliore.
Quale sarà il prossimo passo?
Governi di destra e di sinistra considerano il migrante come un problema di ordine pubblico e come forza lavoro a basso costo.Ora più che mai vogliamo ribadire la neccesità di una solidarietà attiva e concreta che abbatta frontiere e pregiudizi.
CIBO,BEVANDE,MUSICA PER LA SOLIDARIETA' CONTRO I PREGIUDIZI
PRESIDIO ANTIRAZZISTA IL 30 MAGGIO DALLE H.15.00 A PONTECHIASSO IN PIAZZA ANNA FRANK (VICINO ALLA DOGANA)

SOLIDARIETÀ A TUTTI I MIGRANTI, CONTRO SFRUTTAMENTO E OPPRESSIONE

Giovedì 14 maggio la camera dei deputati ha approvato il cosiddetto “pacchetto sicurezza”, segnando un altro passo verso la sua approvazione definitiva. Le disposizioni contenute nel disegno di legge non fanno altro che peggiorare per l’ennesima volta la condizione di migliaia di uomini e donne, la cui vita viene subordinata alla legge del profitto. In quanto categorie deboli e facili da colpire, dopo gli attacchi a lavoratori e studenti, i migranti vengono resi ancora più ricattabili, con l’introduzione del reato di clandestinità, con il prolungamento della reclusione nei CIE, con l’introduzione di tariffe da usurai per le pratiche connesse al permesso di soggiorno etc etc... I governanti offrono così ai padroni carne da sfruttamento che non può permettersi di protestare o di ribellarsi, tanto è facile la delazione o la denuncia, tanto è alto il prezzo da pagare.
Inoltre, per essere sicuri che il migrante si senta estraneo e sempre sotto attacco, vengono incentivate le forme di (in)giustizia sommaria dei cittadini, che possono organizzarsi in ronde e provvedere a portare da soli gli attacchi a chiunque non rientri nei loro canoni.
Uno dei principali strumenti utilizzati dallo stato per reprimere sistematicamente ogni forma di migrazione è rappresentato dai CIE (centri di identificazione ed espulsione), ex CPT, strutture detentive dove vengono reclusi i cittadini stranieri sprovvisti di regolare titolo di soggiorno.
Le "forze dell’ordine" presidiano lo spazio esterno di tali strutture e dovrebbero entrare nelle zone dove vivono i detenuti solo su richiesta degli enti gestori in casi eccezionali e di emergenza, ma di fatto spesso viene loro consentito l'ingresso per applicare la politica del "pugno duro", con minacce e violenze, alle quali non seguono nemmeno le cure più basilari. Fino ad oggi la detenzione poteva durare al massimo 30+30 giorni, mentre il nuovo pacchetto sicurezza la protrae fino a 180 giorni.
Inoltre, riteniamo fondamentale ricordare come le inadeguate condizioni igenico-sanitarie, il sovraffollamento, le continue violenze e l’assenza di diritti all’interno di queste strutture hanno provocato un susseguirsi di rivolte da parte dei detenuti, sostenute anche dall'esterno con mobilitazioni ed azioni di solidarietà per i reclusi.
Se, a livello nazionale, i CIE sono la massima espressione materiale delle politiche repressive, razziste e discriminatorie, a livello locale negli ultimi mesi abbiamo invece assistito alla nascita di riprovevoli provvedimenti "anti-clandestini", voluti da alcuni sindaci per incoraggiare i propri concittadini a segnalare la presenza di migranti irregolari. Pensiamo a Cantù, dov'è stato istituito un numero verde per denunciare i clandestini, attività svolta anche dall'ufficio "di controllo di polizia giudiziaria" aperto pochi mesi fa a Turate. La loro funzione è quella di raccogliere le segnalazioni (prevalentemente anonime) dei cittadini e verificarle per poi far scattare verifiche e controlli nei confronti di quei migranti sospettati di essere irregolari.
E' evidente che questi provvedimenti non sono casi isolati, ma fanno parte di quel quadro politico che negli ultimi tempi si sta delineando in tutto il Paese, un quadro politico incentrato sempre di più sull'intolleranza, sul razzismo e sul tentativo di trasformare tutti i migranti in probabili criminali. Con il pretesto di rendere le città più sicure viene messa in atto ogni giorno una vera e propria caccia all'uomo, fatta di numeri di telefono, sportelli, retate e continui controlli da parte delle "forze dell'ordine" nelle zone e nei quartieri abitati prevalentemente da migranti (impossibile non pensare alla militarizzazione di zone come via Milano alta e via Leoni o alla recente proposta di alcuni consiglieri comunali comaschi di vietare ai migranti di ritrovarsi nei parchi pubblici).
Tornando sul piano nazionale, l'ultimo eclatante episodio di violazione dei diritti dell'uomo a cui abbiamo assistito risale a qualche giorno fa. Stiamo parlando del rimpatrio immediato dei 227 migranti provenienti dalla Libia e rispediti nei propri paesi senza nemmeno aver toccato terra. L'inumana e inaccettabile decisione del governo italiano di rimpatriare forzatamente centinaia di persone fuggite dalla miseria, dall'oppressione e dalle torture è l'ennesima dimostrazione del crescente clima di intoleranza e di razzismo che si sta creando in questo Paese.
Non si tratta di più di fingere un interesse "obbligato" di fronte alle tragedie che colpiscono altri esseri umani, bensì di scegliere apertamente e consapevolmente di ignorare tali tragedie, in nome di quell'allarme "sicurezza" tanto propagandato da governo e istituzioni. Ora questo Paese si rifiuta anche di accogliere chi fugge da regimi dittatoriali, dalle torture, dall'oppressione. Poi succede che Nabruka, dopo aver saputo di dover essere rimpatriata in Tunisia, si suicidi dentro il Cie di Ponte Galeria, a Roma.
Ma la decisione di una donna di togliersi la vita piuttosto che dover tornare nel suo Paese d'origine non interessa al governo italiano, disposto ad uccidere pur di avere qualche migrante in meno nel proprio territorio.

Ora più che mai ribadiamo la nostra solidarietà a tutti coloro che arrivano da qualunque parte del mondo sperando in una vita migliore, ma trovano intolleranza, razzismo, sfruttamento e reclusione.
Antirazzisti/e

Ven, 29/05/2009 – 14:35
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