Di terrorismo e interviste ai giornalisti. Un chiarimento importante, un'autocritica doverosa.

Riceviamo e diffondiamo:

Rovereto 09/01/2017

Di terrorismo e interviste ai giornalisti. Un chiarimento importante, un'autocritica doverosa.

‹‹...Quest'articolo è scritto in modo talmente vago che qualunque cosa, anche una manifestazione dal nostro punto di vista, è un atto che viene fatto per "costringere" i poteri forti a "compiere o astenersi dal compiere..." quindi di fatto permette di accusare di terrorismo anche dei ragazzi che, come si è detto, sono accusati di aver bruciato un compressore, non di aver ammazzato nessuno, non di aver gambizzato nessuno. Ecco. Tra l'altro sono "accusati", non si sa neanche se siano stati loro o meno ma non è questo che ci interessa, al movimento della Val Susa è parso chiaro che questa è un'intimidazione. Cioè viene detto "Sei un No Tav, stai cercando di bloccare quest'opera, sei un terrorista". E non sei un terrorista perché terrorizzi le persone, ma perché crei un danno economico... ››

Sono Federica, una compagna Trentina. Quelle che leggete riportate sono parole che ho pronunciato in occasione di un’intervista rilasciata ai telegiornali locali nel febbraio del 2014, in occasione delle manifestazioni legate all’appello Valsusino in solidarietà a Chiara, Mattia, Niccolò e Claudio.
"Compagna e intervista ai telegiornali? Come stanno assieme queste due cose?" Scrivo questo testo per chiarire questo punto e non solo, in particolare mi preme chiarire il passaggio in cui, nello spiegare il cambio delle normative in materia di terrorismo, utilizzo l'omicidio e la gambizzazione come parametro di ciò che nel senso comune viene associato a quel termine. Scelta infelice che si presta a fraintendimenti che non riflettono il mio pensiero. Scrivo questo testo solo ora, a distanza di quasi tre anni dall'intervista in oggetto, perché solo da poco sono tornata a rivederla su sollecitazione di svariati compagni, rendendomi conto che sono necessarie e urgenti delle specifiche.
Ma affrontiamo una questione alla volta.
Partiamo da quella che sento come più urgente anche se a livello di metodo è la meno importante, ovvero la frase sulla gambizzazione. All'epoca dell'intervista quello era un discorso che ripetevo a macchinetta per far capire la portata dei mutamenti legislativi in materia di repressione delle lotte, anarchiche o meno che fossero. L'esempio dell'omicidio o della gambizzazione erano, come già detto, elementi che utilizzavo per far comprendere un primo salto di prospettiva, ovvero che in questione non era tanto il "come" ti opponi ai soprusi, ma il fatto che basta opporsi per vedersi affibbiata un’accusa del genere. Il discorso proseguiva con un altro salto di prospettiva, per far comprendere la nostra questa volta, ovvero nel sottolineare che comunque la violenza mirata a colpire i responsabili dello sfruttamento di altri uomini o di risorse collettive non è terrorismo. Che il terrorismo è una cosa precisa: è sparare "nel mucchio" è colpire "a caso" per costringere al silenzio col terrore per l'appunto. Il terrore di una rappresaglia cieca e spietata. La violenza rivoluzionaria è un’altra cosa. In quell'intervista questo passaggio manca. Sono passati tre anni, l'intervista è tagliata. Io non posso garantire che questa precisazione fosse presente nel pezzo di intervista mancante ma posso garantire per il mio pensiero e chi mi conosce può fare altrettanto visto che ho espresso chiaramente queste idee in tanti e tanti contesti. Dalle lotte, ai concerti, alla convivialità, al mio posto di lavoro.
Qualcuno ha insinuato che quell'esempio fosse una presa di distanze da Alfredo e Nicola, condannati a 10 e a 9 anni di carcere pochi mesi prima (nel Novembre 2013) per aver ferito l’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi. Nella maniera più decisa chiarisco che non è così. Io e i miei compagni abbiamo espresso aperta solidarietà con quel gesto e personalmente io sono orgogliosa di avere compagni capaci di tanto coraggio e determinazione. Capaci di rispondere al terrore del nucleare con una violenza mirata e chiara. Che indica e agisce.
Non credo sia necessario aggiungere altro nel merito.
Passo al secondo punto invece, ovvero alla mia scelta di rilasciare interviste a giornali e telegiornali nell'ambito delle lotte locali contro la costruzione dell'Alta Velocità in Trentino Alto Adige. Ho accettato una delega informale da parte del Coordinamento No Tav Trentino perché riconosciuta dalle sue componenti come persona capace di esprimere delle posizioni pubbliche che non tirassero acqua al mulino di nessuna delle anime del coordinamento focalizzandomi semplicemente sul "NO" all'opera nelle sue sfaccettature, tecniche ed etiche. È una scelta che risale a un bel po'di anni fa, a un periodo di distanza dal movimento anarchico per questioni private - non è questo il luogo ove intendo approfondirle -  e che riflette una fase della mia esperienza politica e umana in cui ho pensato di poter rinunciare a un mio principio (non avere rapporti con i giornalisti) per qualcosa di “più alto”, una sorta di "bene comune". Ero all'interno di una lotta che mi stava dando tanto (e ancora lo sta facendo) sia in termini di prospettiva rivoluzionaria che di piacere umano di condivisione di spazi liberati - dai blocchi dei cantieri alle assemblee - e parlo di bene "comune" perché per tutte le componenti del movimento trentino (esclusa quella anarchica ovviamente) era estremamente importante un contatto con i mezzi d’informazione. Io - col senno di poi presuntuosamente - accettai pensando di non fare gran danni e sicura di mantenere i rapporti al minimo possibile. Ci tengo a precisare che i compagni anarchici trentini non hanno mai condiviso la mia scelta, né si sono mai tirati indietro dal manifestarmi la loro disapprovazione in merito.
L'epilogo della scelta di rinunciare a un mio principio per la pressione di altri, con l'illusione che nel complesso non avrei fatto gran danni e ne avremmo guadagnato tutti, è il mio pensiero stravolto a causa di un’intervista tagliata e una parola non spiegata. Ora mi ritrovo con il fatto che alcuni pensano ch'io abbia preso le distanze da due compagni coraggiosi (Alfredo e Nicola) gettando pure l’ombra degli "omertosi" sui miei compagni trentini. Inutile dire che la mia esperienza con le interviste ai media si conclude qui e che ancora una volta lottare insieme non significa "rinunciare" a un proprio principio, ma semmai trovare punti di contatto ove esistono veramente. Mi servirà di lezione, spero la mia esperienza possa esserlo per altri.

Resto a disposizione per chiarimenti ulteriori all'indirizzo e-mail:
fattapposto@gmail.com.


Per chi volesse vedere l'intervista la trova su youtube al link:
 https://www.youtube.com/watch?v=2w5pNdcjwBs

Lun, 30/01/2017 – 19:51
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