[Modena] Conferenza pubblica di Alessandra Kersevan su Foibe e revisionismo fascista

19/02/2017 - 15:30
19/02/2017 - 19:00



ll regime fascista propugnò una pulizia etnica sistematica dei territori al confine orientale. Nel ventennio, le componenti autoctone non italiane della Venezia Giulia furono costrette all'esilio: complessivamente 110.000 persone già dal '19 e fino al '45. Al loro posto furono insediati 130.000 coloni, tra cui 47.000 burocrati e militari dell'apparato statale fascista. Costoro si aggiungevano agli italiani storicamente insediati in Istria, che costituivano la classe dominante, a fronte degli slavi che erano in maggioranza formati da classi lavoratrici.

Tra il 1941 e il 1943, l'Italia invase la Jugoslavia senza dichiarazione di guerra e annettendo ampi territori. Nelle zone delle operazioni 250 villaggi vennero distrutti. Si stimano tra i 200.000 e i 340.000 civili trucidati, nella quasi totalità slavi. Inoltre tra il '42 e il '43 almeno 100.000 civili slavi furono deportati in 169 campi di concentramento, collocati in Italia e nei territori invasi, in cui morirono migliaia di individui.

Nell'autunno del 1943, alla caduta del regime fascista l'Istria insorse, tenendo testa per quasi un mese ai nazi-fascisti, che la riconquistarono massacrando e razziando la popolazione. Negli stessi mesi venne messo in circolazione dalle autorità fasciste uno scritto dal titolo «Ecco il conto!» il quale riportava numeri iperbolici sui morti infoibati durante le insurrezioni popolari del settembre '43, insinuando come movente l'odio etnico. Questi dati – mai provati – sono gli stessi che i neofascisti oggi ripropongono, inventandosi i cosiddetti "eccidi delle foibe", che i governi italiani degli ultimi quindici anni hanno acriticamente fatto propri, evidenziando così la collusione tra lo Stato italiano e il fascismo, sia vecchio che nuovo.

Alla fine della guerra, nell'esodo generale in atto in tutta Europa, circa 200 mila persone lasciarono l'Istria. Le cause e le componenti dell'esodo sono diverse, tra cui anche la paura dal neonato Stato socialista jugoslavo delle classi che finora avevano dominato.

Le istituzioni democratiche ancora oggi sminuiscono o tacciono le malefatte dello Stato fascista ignorando le centinaia di migliaia di vittime della furia razzista del regime. Le stesse istituzioni che ne hanno occultato i crimini fino agli anni '90 negli "armadi della vergogna". Le stesse istituzioni che hanno amnistiato e riciclato al proprio interno i criminali repubblichini e gli alti ufficiali dell'esercito regio, già dai primissimi anni dello Stato "sedicente" antifascista, nella compiacenza di tutte le forze politiche. Le stesse istituzioni che hanno guidato e armato le mani dei neofascisti: nel 1969 a Milano, nel 1970 a Gioia Tauro, nel 1974 a Brescia e a San Benedetto Val di Sambro, nel 1980, e di nuovo nel 1990, a Bologna, per difendere il potere costituito dei padroni, mandanti di queste stragi.

Nel Giorno del Ricordo la nostra memoria va a tutte le vittime dell'odio e della violenza razzista e classista, che in quei giorni del '43 fu – almeno in parte – rispedita al mittente.

Sab, 18/02/2017 – 16:44
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