Parigi - Ennesime pressioni repressive contro il bollettino Lucioles
Traduzione di un comunicato della redazione del bollettino anarchico francese Lucioles.
Fonte: http://luciolesdanslanuit.blogspot.fr/
Parigi: ennesime pressioni contro il bollettino Lucioles
Il pomeriggio del 27 ottobre, alla fermata Belleville della metro, ecco che arriva ancora una volta la BST [Brigade Spécialisée de Terrain, “Brigata specializzata di terreno”, unità antipoveri, “di quartiere”, della polizia; NdT]. Questa volta vengono per noi, sicuramente ci hanno visti attraverso le loro telecamere, mentre volantiniamo il bollettino. Strappano delle copie del numero 19 che erano attaccate alle griglie. Dopo aver analizzato il contenuto del giornale (sì, sanno leggere) decidono di procedere al controllo delle prime due persone che capitano loro sotto tiro. I due compagni vengono portati via e tratti in arresto al commissariato centrale del XIX arrondissement, in rue Erik Satie. Dopo 24 ore di arresti, saranno presentati davanti al Procuratore, accusati di aver rifiutato di farsi prendere le impronte digitali (la data del processo è stata fissata per gennaio). Ricevono anche una convocazione, da parte della polizia, per “pubblica ingiuria”, in riferimento al contenuto del bollettino, con ogni evidenza a causa del piccolo articolo “<<Mais chaud!>> et harcèlement de rue à Belleville” [“Mais caldo” e molestie di strada a Belleville, NdT]. Da qualche anno in qua, non contiamo più i controlli, le minacce, le convocazioni, i controlli d’identità, i tentativi d’intimidazione, gli arresti ed i furti di materiale che accompagnano la diffusione di Lucioles nel Nord-est di Parigi. Si tratta da parte loro, è logico e non ci sorprende, di frenare la diffusione delle idee e pratiche anarchiche e rivoluzionarie nel quartiere.
Siamo ben coscienti di essere soltanto una piccola spina nel piede di quegli sporchi sbirri (BST e compagnia), il cui vero lavoro resta quello di fare la guerra agli indesiderabili (molestie contro i venditori abusivi di mais grigliato e le prostitute, retate di sans-papiers, etc.). Pisciando qua e là per segnare il loro territorio, cercano di impedire che le diverse forme di rivolta possano incontrarsi. Impedire la diffusione del bollettino è una piccola parte di questa loro strategia.
Questo comunicato non ha come scopo quello di vittimizzarci, perché tante persone vivono ogni giorno una repressione ben più violenta da parte degli assassini in uniforme. Il nostro scopo è uscire dalla logica che il nemico cerca di far prevalere: quella di una piccola guerra privata fra loro e noi, dalla quale, data l’asimmetria delle forze, non usciremmo mai vincitori. Perché noi ce ne sbattiamo alla grande di loro, ed è con gli abitanti di questo quartiere, con i quali da anni condividiamo questo bollettino, che vogliamo parlare, sperando di condividere ben più del bello ma banale odio dello sbirro. Quelle e quelli che si prendono la stessa repressione che noi e che potrebbero riconoscersi in noi come noi ci riconosciamo in loro. L’obiettivo principale di Lucioles è quello di mantenere la continuità della diffusione delle idee anarchiche in strada e nulla ci fermerà. E che questo piccolo foglio possa essere uno strumento, fra gli altri, nelle mani degli sfruttati. Finché questo mondo d’autorità non sarà distrutto, continuerà la guerra sociale in corso da sempre.
Tutto continua, viva l’anarchia.
Alcuni/e contributori/ici di Lucioles
P.S. Come promemoria, si potrà rileggere il testo Anarchistes vs. Police: nous ne voluons pas de leur guerre privée [Anarchici contro polizia: non vogliamo la loro guerra privata; NdT] , pubblicato nel dicembre 2013, nel numero 14 di Lucioles. Quelli che desiderano partecipare alla diffusione del bollettino e mostrare loro che non abbasseremo gli occhi di fronte al terrore di Stato, possono contattarci all’indirizzo: lucioles@riseup.net
Segue estratto dal numero 19 del bollettino Lucioles:
Fino a quando ?
Il 29 luglio Dorel Iosif Floarea é stato ammazzato da un colpo sparato da uno sbirro, a Montgeron [nella banlieue sud di Parigi, NdT]. Forse era ubriaco (e allora?). Era, soprattutto, povero, uno straniero povero: ecco la ragione del suo assassinio.
Il 21 agosto, Abdelhak Goradia muore di « morte naturale » nella macchina nella quale gli sbirri lo hanno caricato: legato, ammanettato e con un casco sulla testa. Sì, quando le guardie strangolano qualcuno si tratta di “morte naturale”. Dopo la galera per delle truffe (un modo come un altro per sopravvivere) era l’aereo ad aspettare Abdelhak; direzione l’Algeria, tutta la sua vita lasciata qui, nessun ritorno. Si è opposto all’espulsione, è per questo che gli sbirri lo hanno assassinato. Era povero, uno straniero povero, e ha cercato di resistere: ecco la ragione della sua morte.
In media, ogni tre giorni una persona “si suicida” in prigione ed un’altra muore di “morte naturale”. Non fanno nemmeno più notizia. Uomini e donne morti di violenza, di miseria affettiva, di abbandono, di povertà. Morti di prigione.
Gli sbirri assassinano. Le frontiere assassinano. La giustizia assassina. La prigione assassina. Lo Stato, in tutte le sue ramificazioni, assassina.
A volte ciò fa un pochettino di rumore, scandalizza le anime belle di sinistra, per la durata di un telegiornale. A volte un’operazione poliziesca un po’ più mediatizzata sveglia un po’ gli animi. Ci sono quelli che gridano allo scandalo, facendo appello alla stessa ideologia sulla quale si basa questo mondo: la democrazia dei diritti umani. Ci sono quelli che denunciano gli abusi della polizia e chiedono giustizia (di sicuro…). Ci sono quelli che denunciano il crescere del fascismo. Ce ne sono che lanciano appelli alla resistenza, come se ci fosse qualcosa da difendere, in questo mondo.
Ma il problema non è la fascistizzazione di non so che cosa, non è l’abuso, l’eccezione. Il problema è la normalità, questa normalità che si chiama democrazia, che si chiama repubblica, che si chiama libero mercato. Una normalità fatta di gerarchia, di oppressione, di sfruttamento, di rassegnazione, di lenta morte dello spirito, di un certo numero (piccolo o grande, ma sempre normale) di omicidi statali.
Sbirri, giudici e secondini picchiano, mutilano, umiliano, rinchiudono tutti i giorni, nelle strade, i tribunali, le prigioni, ovunque. I padroni, proprietari e capi ci sfruttano, ci impediscono di vivere, ogni giorno. I preti di ogni cappella, i politici, gli intellettuali ci spacciano illusioni per spingerci all’obbedienza ed alla rassegnazione. E sembra “normale”.
In questa cupa normalità, ce ne sono, fra i poveri, che sono di troppo a causa del fatto stesso di esistere. Ce ne sono altri che, per scelta o per errore, fanno dei passi falsi. La polizia è la mano che arriva a colpire le teste che non si abbassano. La prigione il destino promesso a quei poveri che non accettano di essere sottomessi. Ecco tutto.
Fino a quando?
La risposta a questa domanda è abbastanza semplice, ma perciò ancor più dura. Finché crederemo a fantasmi quali i diritti e la democrazia. Finché continueremo ad obbedire. Finché non decideremo di prendere le nostre vite in mano. Finché ci accontenteremo di guardare altrove per non correre rischi. Finché non risponderemo colpo su colpo. Finché non troveremo il coraggio di cominciare ad abbattere questo mondo di sfruttamento e di oppressione.
Finché continueremo a pensare che non possiamo fare niente.
Tradotto da: http://non-fides.fr/?Jusqu-a-quand
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