Post-antropocene - Alla radice: cyborg anti-tecnologisti

Riceviamo e diffondiamo, offrendoci di pubblicare repliche e riflessioni varie:

ALLA RADICE  I : CYBORG-ANTITECNOLOGISTI

.."Sembra che una strana invenzione riprodotta su scala sempre più vasta da tal T.J. Ford oltreoceano, stia prendendo sempre più piede, al punto da appropriarsi ormai del sostantivo di macchina sin'ora di senso ben più generico o tutt'al più designante la nostra cara bicicletta. Si tratta di una più o meno grossa scatola di metallo posata su quattro ruote, che ha facoltà di muoversi grazie ad un complesso marchingegno denominato motore, che brucia olio di roccia raffinato e genera energia motrice. Tramite un opportuno manubrio è possibile condurre tale vettura lungo strade che stanno venendo man mano sistemate o create allo scopo, disegnando una sempre più fitta ragnatela nei territori più disparati. Pare che con un simile mezzo si possano coprire distanze notevoli in tempi inimmaginabili attualmente, e ovviamente tale invenzione viene perfezionata di giorno in giorno, mirando a diventare una sorta di protesi meccanica delle nostre gambe. Sempre, noi nemici della tecnologia, ci opporemo ad un'alienazione simile, che ci allontana dal significato stesso del viaggio, annullando il percorso a vantaggio del raggiungimento della meta. Solamente una civiltà così frenetica può aver bisogno di simili strumenti al fine di velocizzare il traffico di merci ed umani, rendere più efficenti le nostre giornate e, non ultimo, incalanre la nostra stessa immaginazione verso scenari sempre meno in sintornia con la natura."..

.."Tutti voi avrete ormai avuto l'occasione di vedere da vicino, o addirittura di utilizzare, l'ultimo grande boom di questa società sempre più robotizzata: il telefono portatile, o, più esattamente, il cellulare. Solo qualche secolo fa il telegrafo aveva fatto la sua comparsa, segnalata da lunghi percorsi di pali e cavi trasmettitori, per poi essere soppiantato dai primi telefoni, che permettono addirittura di poter parlare con persone ben lontane dalla nostra portata. Questo ha già contribuito a dissociare le nostre relazioni, che non necessitano più di un rapporto vis à vis, di una possibilità di vita, o al massimo di un viaggio volto a raggiungere un destinatario lontano, per ascoltarne la voce. Da ormai molto tempo la quantità delle nostre relazioni è esplosa, non necessitando più di una fisicità diversa da quella delle onde che viaggiano sui cavi. Il nuovo passo del gigante capitalista è quello di aver reso portatile questa invenzione, così che ciascuno di noi potrà sempre contattare chiunque possieda un cellulare, nonché essere perennemente rintracciabile. E' finito il tempo della solitudine! Man mano che la rete di cui necessita il segnale per viaggiare diverrà sempre più diffusa, ovunque potremo contattare i nostri cari, o soddisfare  nostre esigenze lavorative o commerciali, semplicemente componendo il numero giusto. La portata della nostra voce, la sensibilità delle nostre orecchie sono aumentate esponenzialmente. Ben presto potremo parlare con un conoscente all'altro capo del mondo durante una camminata in montagna. Noi, luddisti del nuovo secolo, non ci faremo mai impigliare in questa rete, e continueremo a cercare complicità negli sguardi diretti e nelle parole sussurrate all'orecchio di chi possiamo stringere in un abbraccio. Tuttavia non possiamo non chiederci:" RIusciremo a frenare questa avanzata tecnologica? Quanto impiegherà il cellulare a diventare l'ennesimo organo del nostro corpo-macchina?"..

I due che avete appena letto sono scritti immaginari, redatti da altrettanto immaginari antitecnologisti di epoche passate. Pensiamo di non sbagliare se affermiamo che ogni nuova tecnologia, più o meno palese e sconvolgente, sia stata ostracizzata teoricamente o praticamente, da coloro che si definiscono contrari alla diffusione del meccanico, del computerizzato, del cibernetico. A questi eccepiscono coloro che hanno creduto, o pensano tutt'ora, che la tecnologia possa affrancare dalla schiavitù e rendere più liberi gli uomini. Essendo sempre più evidente come la tecnologia venga sviluppata e commercializzata per coloro che tengono le redinidi questo sistema, torniamo agli oppositori in senso stretto. Anche oggi siamo a conoscenza degli orizzonti e dei successi tecnologici della nostra era, che profilano e concretizzano scenari di una vita in cui le funzioni un tempo primarie dell'animale-uomo vengono espletate con l'ausilio, a volte indispensabile, di macchine o computers. Se fare un ipotetico salto nel futuro scatena decisamente il disgusto di molti per una realtà fatta di robots e di interazioni automatizzate, vorremmo concentrarci su quanto è già in corso, su quanto è già avvenuto o sta avvenendo in noi. L'utilizzo di qualsiasi tecnologia non ha il semplice risultato di un ampliamento delle capacità, bensì della modifica delle capacità stesse: se guardare attraverso una lente di occhiale impigrisce l'occhio, comunicare tramite uno schermo cambia totalmente i nostri stimoli, non più basati su un'espressione captata, ma su una frase letta in un font prestabilito. Tutto ciò sedimenta in noi dei tasselli che ci fanno evolvere di generazione in generazione, e nell'arco della nostra stessa vita in una direzione ben precisa: quella dell'Homo Tecnologicus, dell'uomo robitizzato, del cyborg. Più o meno velocemente ciascuno di noi si è lanciato in questa corsa. Diviene allora sempre più evidente un ramo morto dei nostri discorsi e del nostro agire: come possono ripugnarci i frutti, le conseguenze, i passi successivi di un progresso di cui siamo avidi fruitori? Non dobbiamo a questo progresso la nostra sopravvivenza, i nostri piaceri e perfino la nostra capacità di critica e le azioni che ne conseguono? Perchè continuiamo a paventare l'avvento di una società di cyborgs senza supporre che tale evento sia già avvenuto? E' sul petrolio che corrono i nostri viaggi e le nostre esplorazioni, sotto la luce elettrica prendono forma le nostre discussioni, nei supermercati si nutrono i nostri corpi. Come si può non pensare allora che tra qualche secolo ci saranno cyborgs antitecnologisti oppositori di viaggi intergalattici ma più o meno ignari fruitori di protesi robotiche? Ormai non si può più parlare di contraddizioni in quanto non sono piccole eccezioni le nostre adesioni alla tecnologia. La contraddizione può essere quella di un aborigeno che resta affascinato da una radiolina parlante, ma nelle nostre vite le contraddizioni rispetto alla norma sono piuttosto gli slanci di opposizione alla vita automatizzata di cui siamo rappresentanti. Non è forse il caso di riformulare la critica alla tecnologia focalizzando un pò meglio dove nasce (e dove muore) la nostra opposizione? Tutto ciò non vuole condurre al fatalismo dell'"ormai è troppo tardi", o addirittura invitare a ricredersi sulla bontà della tecnologia, ma vorrebbe gettare chiarezza su discrepanze tra ideologia e azioni che stanno sempre più immobilizzando qualsiasi stimolo. Qualcuno di noi può dire di soffrire nel guidare un'auto, nel vedere un film o nell'ascoltare una cassa che canta? Come è possibile odiare l' "uomo bionico" del futuro che potremmo paragonare, a livello di evoluzione tecnologica, all'internet di cui ci nutriamo oggi? Dove nasce allora la rabbia verso il prossimo passo robotico e verso cosa volge?

Gio, 16/06/2016 – 19:39
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