Resistere per continuare ad Esistere

Nel maggio scorso la Questura di Genova autorizza un corteo di Forza Nuova, partito nazifascista i cui simpatizzanti in altre città danno fuoco ai campi rom e tentano continuamente agguati omicidi ai compagni. Alcune decine di persone organizzano un presidio di protesta davanti a Brignole. Dopo lunghe ore passate sotto il sole, il presidio viene caricato a freddo dalla polizia schierata a difendere i neonazisti. I compagni si difendono dalle cariche mentre arretrano in via XX Settembre nell’indifferenza di una città distratta per qualche minuto dallo shopping del sabato pomeriggio. Qualche giorno fa alle sei di mattina la DIGOS si presenta a casa di 15 compagni con mandati di perquisizione e denunce (a piede libero) per resistenza aggravata (e altri reati vari e assortiti). Poche settimane prima altri compagni sono stati de-nunciati per aver partecipato in aprile ai blocchi di protesta per l’ennesimo ragazzo morto in porto, ed altri ancora per altre situazioni di opposizione alla feccia nazifascista.
Questa ondata repressiva genovese riguarda non solo gli imputati, accusati di non accettare a testa bassa il fatto che si possa morire di lavoro e di razzismo, ma tutti coloro che non si considerino esplicitamente dei reazionari, felici abi-tanti della galera a cielo aperto che è il capitalismo odierno.
L’ossessione per la sicurezza, che accomuna destra e sinistra (fino al cittadinismo grillesco), e la preoccupazione per un’immagine di pulizia, ordine e sterilizzazione delle città e dei suoi abitanti misurano il livello di apatia e alienazione di una società ammalata di terrore per tutto ciò che incrina la pace sociale firmata dal ciclo di sfruttamento lavoro-consumo, che disturba il silenzio assordante del dominio delle merci. Nel chiuso delle case, dei luoghi di lavoro e dello svago coatto, la percezione del non-senso della vita collettiva si trasforma in paura, frustrazione e rancore; di conse-guenza, le piazze e le strade delle città, persa qualsiasi dimensione sociale che sfugga all’imperativo utilitario, diventa-no solo luoghi del pericolo da sorvegliare. Così, in un clima di indifferenza generale, quando non di plauso esplicito, assistiamo all’espandersi della banalità del male quotidiano: dalla mancanza di un biglietto dell’autobus che determina la deportazione degli immigrati privi di documenti in un CPT (due i suicidi in quello di Modena nei giorni scorsi) alla criminalizzazione di azioni banali come il lavaggio dei vetri delle automobili agli angoli delle strade o la decorazione di alcuni squallidi angoli della metropoli (per citare solo gli ultimi esempi proposti dal pacchetto sicurezza che vuole au-mentare i poteri di polizia dei sindaci), fino all’intollerabile situazione creatasi in questi giorni a Bologna, dove il tenta-tivo di impedire il ricovero psichiatrico coatto (TSO) di una ragazza ubriaca ha portato all’arresto di cinque ragazzi a-narchici con accuse molto pesanti e alcune successive scritte in solidarietà agli arrestati sono immediatamente costa-te quasi un anno di carcere ad altri due compagni processati per direttissima.
Il problema non sono allora solo le denunce, le perquisizioni e gli arresti per i compagni, ma il silenzio di chi crede che essere un buon cittadino significhi acconsentire sempre, senza ricordare che esempi storici ancora vicini a noi hanno dimostrato che il confine tra l’indifferenza e la complicità con sistemi sociali oppressivi è labile.
La restrizione degli spazi di libertà pone una questione che riguarda tutti; in un momento storico in cui la povertà au-menta quotidianamente, la repressione che oggi colpisce soprattutto gli indesiderati e i ribelli domani è destinata ad espandersi in modo esponenziale, coinvolgendo tutti coloro che si troveranno costretti, anche solo per necessità, a in-frangere le regole imposte dal capitale.
Per quanto riguarda noi compagni la situazione non ci scompone e chi ci reprime lo sa bene; siamo sempre gli stessi e continueremo a reagire a ciò che ci ripugna, se mai dovremo imparare a farlo in modo più efficace.
In questo senso, la prossimità delle sentenze dei processi del g8, oltre alla certezza dell’impunità per gli assassini e i torturatori di Stato e dell’accanimento verso i 25 capri espiatori chiamati a pagare il costo simbolico delle vetrine in-frante e offese del Capitale, ci ricorda anche il gioioso esempio delle migliaia di persone, anonime e libere, che hanno mostrato che l’unico blocco nero esistente è quello rappresentato dal sistema di dominio che opprime le nostre vite e che ogni tanto si può prenderlo a calci senza incappare nelle maglie della repressione.

Alcune/i che resistono

Ven, 19/10/2007 – 21:04
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