Stati Uniti - Sull'ammutinamento nelle carceri della Georgia

tratto da "Bello come una prigione che brucia" - trasmissione di Radio Blackout

La mobilitazione dello scorso dicembre nelle carceri dello stato nordamericano della Georgia rappresenta una protesta dal valore storico nel contesto del complesso industriale carcerario americano.

Per comprendere l'origine e l'importanza di questo ammutinamento bisogna conoscere il contesto in cui si è sviluppato, ovvero il programma di speculazione capitalista sulla privazione della libertà attuato negli Stati Uniti d'America, e non solo.

Negli USA ci sono le carceri fabbrica (amministrate da privati o dagli stati), gestite da aguzzini-manager come aziende. I detenuti vengono costretti a lavorare in diversi ambiti produttivi, dall'industria pesante all'agricoltura, come veri e propri schiavi, con paghe da 17 cents ai 50 cents l'ora, senza indennizzi, contributi, ferie e senza ovviamente diritto allo sciopero.
Negli USA c'è una forza lavoro detenuta che si aggira tra i 600.000 e il milione di individui letteralmente schiavizzati.
Quindi ci sono le lobby della carcerazione, di quella pubblica ma soprattutto di quella privata (gruppi di pressione politica ed economica alimentati con i dollari delle multinazionali della carcerazione quotate a Wall Street) che influenzano i legislatori, e quindi chi formula le leggi, affinché fette sempre più ampie di popolazione vengano inghiottite dal carcere (e per periodi sempre più lunghi) e finiscano a lavorare a paghe più basse di quelle delle industrie messicane. 

Quindi, da un lato, carceri che diventano fabbriche produttivamente concorrenziali, luoghi in cui l'unico diritto riconosciuto è quello al lavoro coatto, dall'altro, tutto un'insieme di leggi e trasformazioni politiche e sociali tese a garantire un costante e crescente approvvigionamento di schiavi. Ti trovano con un po' di droga, schiavo per due anni, ti trovano con più droga, schiavo per 12 anni, rubi una macchina, schiavo per 6 e via dicendo.

L'altro fattore da tenere in considerazione per capire la portata di questa mobilitazione è quello delle divisioni tra comunità di detenuti: divisioni etniche, religiose o dettate da rivalità tra gang.

Conclusa questa premessa, andiamo a descrivere quanto accaduto nelle carceri della Georgia: 

Il 9 dicembre 2010, qualche migliaio di persone detenute, che prima si scannavano perché uno era dei Crips, uno dei Bloods, uno della fratellanza ariana, uno dei fratelli mussulmani, uno di una delle decine di gang di latinos... ebbene il 9 dicembre questa eterogenea comunità ha deciso di unirsi per affrontare un nemico comune, ovvero il complesso industriale carcerario.

E quindi è scattata “Lockdown for liberty” - “Chiusura per la libertà”, e nelle carceri della Georgia, comprese le principali di Augusta, Baldwin, Hancock, Hays, Macon, Smith e Telfair, i detenuti, con un'adesione quasi totale, si sono rifiutati di uscire dalle proprie celle per le attività lavorative e di altro genere. In molti hanno anche intrapreso uno sciopero della fame di massa. Quindi una protesta passiva e non violenta, ma assolutamente paralizzante per un sistema carcerario fondato sullo sfruttamento schiavista del lavoro coatto. Così pericolosa da venire categoricamente censurata da tutti i media mainstream americani, e della quale si è avuto modo di venire a conoscenza solo grazie ai gruppi di supporto, nonostante abbia riguardato migliaia di detenuti.

Non è chiaro come si siano organizzati, coordinati, né chi siano stati i promotori della protesta; il DOC, departement of corrections, l'equivalente del DAP nostrano, sostiene che il passaparola sia avvenuto attraverso telefoni cellulari illegalmente in possesso dei detenuti, e ha cercato con perquisizioni e prelievi selettivi di reclusi dalle proprie celle, di trovare i mezzi di comunicazione e i promotori della mobilitazione, e quindi di smorzare l'ammutinamento.

Ma vediamo intanto le richieste sintetizzate e diffuse dai detenuti, successivamente vedremo le rappresaglie dei carcerieri:

1) RETRIBUZIONE IN CAMBIO DEL LAVORO: In violazione del 13° emendamento che proibisce la schiavitù e la servitù non volontaria il dipartimento penitenziario richiede ai detenuti di lavorare gratis. - (E infatti se come abbiamo visto in altri stati americani le paghe tra carceri pubbliche e private si aggirano su qualche decina di centesimi l'ora, in Georgia neanche quelli. .ndr)

2)POSSIBILITA' DI EDCAZIONE E FORMAZIONE: Il DOC nega alla grande maggioranza dei prigionieri l'accesso a livelli di istruzione successivi al GED (diploma di educazione generale, all'incirca l'equivalente della nostra terza media .ndr), a discapito dei benefici per i detenuti e per la società.

3)ASSISTENZA SANITARIA DECENTE: In violazione dellì8° emendamento contro le punizioni crudeli e irregolari (che tra parentesi è lo stesso che stabilisce quali farmaci possano essere utilizzati per sopprimere i detenuti), il DOC nega adeguate cure mediche ai prigioieri, li carica di costi spropositati per le più irrilevanti prestazioni sanitarie ed è responsabile di indicibili sofferenze.

4)PORRE FINE A PUNIZIONI CRUDELI E INUSUALI: Violando ulteriormente l'8° emendamento il DOC è responsabile di punizioni crudeli per minime infrazioni dell'ordinamento carcerario
 
5)DECENTI CONDIZIONI DI VIVIBILITA': I detenuti della Georgia sono confinati in condizioni degradanti e di sovraffollamento, con riscaldamento minimo d'inverno e caldo opprimente d'estate.

6)PASTI NUTRIENTI: Nelle strutture del DOC c'p un approvvigionamento carente di frutta e verdura, mentre abbondano amidi e cibi grassi.

7)OPPORTUNITA' DI SVILUPPARE I PORPRI INTERESSI E LA CRESCITA INDIVIDUALE:
Il Doc ha eliminato dalle proprie strutture ogni possibilità di accrescere le proprie abilità, la crescita personale e l'esercizio fisico.

8)CONTATTI CON LE FAMIGLIE: Il DOC ha separato migliaia di prigionieri dalle proprie famiglie imponendo assurde tariffe telefoniche e innumerevoli ostacoli alle visite. - (Da ricordare che negli USA esistono aziende specializzate nella gestione dei “comfort” carcerari: dalle cabine telefoniche, alle postazioni di download di mp3, ai cibi preconfezionati, all'abbigliamento, ai dispositivi elettronici. Del resto una popolazione detenuta di oltre 2 milioni di individui senza alternative è un ottimo bacino commerciale .ndr)

9)CORRETTO ACCESSO ALLE MISURE ALTERNATIVE: L'ufficio della libertà condizionale (libertà sulla parola) nega regolarmente e arbitrariamente l'accesso alle misure alternative alla maggior parte dei detenuti anche in presenza di evidenti prove di idoneità.

Questi sono i 9 punti, le nove istanze alla base di questa mobilitazione. Niente di rivoluzionario, o estremamente radicale, ma la radicalità e la forza di questa rivolta carceraria non-violenta consiste nell'aver individuato scientificamente i punti cardine della macchina carceraria, in questo caso il lavoro non retribuito e la gestione delle masse come mandrie di schiavi, e di aver trovato degli strumenti di lotta efficaci, replicabili senza una preparazione militare, e in grado di inceppare gli ingranaggi del sistema carcerario e di veicolare allo stesso tempo messaggi di critica più complessi sul sistema detentivo e repressivo.

Segue uno dei messaggi circolati nel corso della mobilitazione: “Lunedì mattina, quando le porte si apriranno, chiudetele, Non andate a lavorare. Non possono farci nulla che non ci abbiano già fatto altre volte. Fratelli, non fermiamoci. Facciamoli scendere a trattare. Dobbiamo essere forti, non produciamo più denaro per lo Stato che lo utilizza per mantenerci in schivitù.”


Vediamo ora le rappresaglie degli aguzzini:

Vista la natura non violenta della rivolta e la sua diffusione capillare nelle carceri dello stato della Georgia, la strategia del DOC è stata quella di provocare violentemente i detenuti al fine di trasformarla in una sommossa carceraria standard, meglio gestibile in ambito repressivo e politico.

I prigionieri del carcere di Augusta hanno dichiarato che diversi detenuti sono stati prelevati dalle proprie celle e pestati dai secondini del CERT [le squadre di risposta alle emergenze carcerarie, una sorta di GOM nostrani], alcuni riportati in cella con le costole rotte.

Nel carcere di Telfair le squadre tattiche dei secondini hanno immobilizzato i detenuti mentre distruggevano tutti i loro effetti personali. Nelle carceri di Macon e di Hays, hanno minacciato per giorni i detenuti, prelevandone alcuni destinati al cosiddetto “buco” e chiudendo nelle sezioni l'accesso ad acqua calda e riscaldamento.In altre carceri hanno provato a sfruttare la strategia della divisione negando fino a notte inoltrata il cibo ai detenuti che non operavano lo sciopero della fame.

Nonostante tutte queste manovre di rappresaglia non sono riusciti a sedare la protesta che si è interrotta autonomamente, offrendo una tregua in attesa di risposte, dopo più di una settimana di paralisi della carceri locali, e soprattutto del sistema produttivo di quelle carceri, con un danno economico notevole per il complesso industriale carcerario, e soprattutto avendo inaugurato uno strumento di lotta unitario, in grado di superare le divisioni tra le comunità di detenuti. Possiamo ipotizzare che i tecnocrati della privazione della libertà temano il replicarsi di simili rivolte molto più di sporadici episodi anche più violenti.

Gio, 03/02/2011 – 11:49
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