Svizzera - Crisi economica? Investiamo nelle carceri private
fonte: repubblica
Investire i propri soldi nelle prigioni. L’ultima trovata dei banchieri svizzeri, con più fantasia che scrupoli, propone fondi di investimento alimentati dai profitti delle carceri private statunitensi. Alla base un ragionamento che non fa una grinza: c’è la recessione, una delle conseguenze sarà l’aumento della criminalità e, quindi, le carceri diventeranno sempre più un business.
Così il Credito Svizzero, la seconda banca elvetica, dopo aver subìto un rovescio finanziario colossale, sonda strade alternative per i suoi clienti alla ricerca di redditività. E ha scoperto che le carceri private rendono soldi e attirano finanziamenti pubblici perché consentono risparmi dal 15 al 20%, rispetto a quelle statali. Nel mondo, in primo luogo negli Stati Uniti, ma anche in Australia e in Gran Bretagna, ne esistono 180, alcune con oltre 2 mila detenuti.
Uno dei protagonisti di uno dei più gravi crack finanziari della storia pensa di speculare sull’aumento della criminalità dovuto proprio a questa crisi.
Ma le prigioni private possono, davvero, costituire un business? Giacinto Colombo, che ha operato in diverse organizzazioni non governative svizzere specializzate in consulenza carceraria, ritiene che "anche in questo ambito il privato arriva prima del pubblico, stabilisce i prezzi e riesce a fare utili. Non a caso negli Stati Uniti esistono società che gestiscono carceri che sono quotate in Borsa".
Del resto, riflette l’esperto, proprio negli Usa, dove c’è un tasso di detenzione di 600 detenuti ogni 100 mila abitanti, contro gli 85 della media europea, "le carceri non saranno mai vuote e, di conseguenza, costituiscono un investimento sicuro. Contrariamente agli alberghi, non dipendono dall’evoluzione della congiuntura".
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