Mostra itinerante: Un mondo rinchiuso dietro le sbarre
Questa mostra nasce come proseguimento di un percorso contro il 41 bis in particolare e il carcere in generale che da circa tre anni vede la partecipazione di compagne e compagni comunisti e anarchici.
Momenti significativi di questo percorso sono state le mobilitazioni sotto il carcere di Biella, Parma, Viterbo e dell’Aquila (giugno 2007), questo unico carcere in Italia ad essere praticamente tutto a regime di 41 bis.
Siamo partiti dal 41 bis non tanto e non solo per le specifiche condizioni detentive che esso prevede, condizioni peraltro simili a quelle imposte a varie forme di reclusione analoghe come ad esempio l’elevato indice di vigilanza EIV e l’Alta Sorveglianza (AS) ma per il significato politico che questo assume.
Il 41 bis, come approfondiranno meglio i pannelli che seguiranno, è la forma di reclusione più estrema formalizzata dallo stato. Un tempo applicato ai detenuti per reati di “mafia” negli ultimi anni è stato esteso anche a prigionieri rivoluzionari.
Col 41 bis lo stato cerca di imporre al prigioniero il rinnegamento di sé e dei propri valori, cercando di spingerlo alla collaborazione attraverso la deterrenza esercitata dalla tortura dell’isolamento e della reclusione speciale.
La lotta contro il 41 bis non va intesa però come una battaglia specifica contro un articolo del codice penale ma, proprio per le finalità che esso persegue, va intesa come lotta in difesa della solidarietà rivoluzionaria, di classe e contro tutte le strategie repressive perseguite dallo stato volte a fiaccare e indebolire ogni ambito di conflitto e resistenza.
Conflitto e resistenza che nascono ogni qualvolta il capitale, per arginare le proprie crisi, imponga come in questi anni salari sempre più bassi, licenziamenti, guerre di rapina e saccheggio.
Per questo assistiamo negli ultimi tempi a un vero e proprio “salto di qualità” repressivo, di cui il 41 bis è solo uno, seppur politicamente centrale, aspetto.
Altri importanti strumenti repressivi sono i già citati regimi a EIV ed AS, forme di carcerazione speciale incentrate sull’isolamento dei prigionieri e la sospensione di fatto delle normali regole trattamentali.
Dimostrazione dei precisi intenti controrivoluzionari dello stato è il fatto che questi regimi vengano sempre più applicati da un lato a chiunque abbia un’identità politica antagonista al di la dell’entità del reato specifico e dall’altro a chiunque anche solo con una protesta dietro le sbarre metta in discussione e combatta l’attuale sistema di cose. Innescando una meccanica di differenziazione i prigionieri, a seconda di quanto sia conflittuale il loro rapporto col carcere e la società che lo crea, vengono divisi in “buoni” o “cattivi”, tra chi ha diritto a un “premio” e chi a una “punizione”. Attraverso trattamenti individualizzati legati più all’identità del prigioniero che al reato contestato il meccanismo premiale ha come scopo primario quello di isolare il prigioniero dalla collettività dagli altri detenuti spingendo ciascuno ad ottenere individualmente dei benefici a scapito di ogni forma di lotta collettiva.
A tale riguardo il carcere di Benevento merita un’attenzione particolare. In questo carcere è stata da poco aperta una sezione EIV solo per prigionieri islamici. La cosa non è ancora stata “istituzionalizzata” ma nei fatti assistiamo a una vera e propria creazione di “sezioni speciali” dove è l’identità del prigioniero, in questo caso araba e islamica, a determinare la tipologia trattamentale, che nel caso specifico di Benevento è anche particolarmente feroce, addirittura peggiore che nel 41 bis.
Contemporaneamente e con la stessa logica nel carcere di Siano, Catanzaro, è stata aperta un’altra sezione speciale, questa volta riservata ai prigionieri rivoluzionari italiani.
La lettera di denuncia fatta uscire da Benevento dal prigioniero palestinese Khaled Hussein mostra fino a che punto possa arrivare la ferocia repressiva dello stato nei confronti di chi ritiene suoi nemici. Chi giustamente si indigna per ciò che succede a Guantanamo dovrebbe sapere che un simile trattamento viene applicato anche nelle carceri italiane.
L’intento di tenere separati i prigionieri, differenziarli a seconda della loro identità politica e sociale e quindi poter meglio gestire il potenziale conflittuale di ampi strati della popolazione è in queste sezioni fin troppo evidente.
E in egual modo lo vediamo concretizzarsi vedendo approvata l’introduzione di un quanto mai ambiguo “reato di clandestinità” e il costante sviluppo e allargamento dei centri di detenzione per immigrati ( ex CPT ora Centri di Identificazione ed Espulsione).
Per questo parte della mostra è dedicata proprio a questa particolare forma di detenzione per immigrati. Immigrati che sottoposti al continuo ricatto dell’internamento e quindi dell’espulsione vengono utilizzati da Confindustria e padroncini per limitare ogni possibile conflittualità che possa unire nelle lotte tutti gli sfruttati al di là che siano immigrati o italiani, regolari o irregolari. Categorie queste in fondo utili solo per i padroni che in questo modo possono permettersi di mantenere sempre peggiori condizioni di sfruttamento.
Le rivolte nei cpt di Milano e Torino dell’estate 2008 e lo sciopero della fame che i detenuti ergastolani porteranno avanti dal primo dicembre 2008 per l’abolizione dell'ergastolo sono solo una piccola parte del potenziale di rivolta che cova all’interno di quelle mura.
Come compagni e compagne saremo presenti con questa mostra sotto diverse carceri e cpt al fine di rilanciare la lotta contro il carcere e la società che lo crea e supportare tutte quelle lotte che in questi mesi abbiamo visto scoppiare dentro i centri di detenzione per immigrati e dentro le carceri.
CHE DI GALERE E CPT RIMANGANO SOLO MACERIE!
Compagni e compagne contro il carcere e la società che lo crea
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