Non è mai troppo presto per iniziare a Lottare, intervista alla Rete dei Collettivi

La nostra intervista agli studenti medi che partecipano all’assemblea della Rete dei Collettivi Fiorentini.

Che cos’è la Rete dei Collettivi?

M: la Rete è un insieme di studenti che fanno parte dei vari collettivi che ci sono all’interno dei licei e non. Serve per creare un coordinamento, in cui tutti gli studenti possano portare avanti delle iniziative a livello cittadino, e cercare di coordinare anche azioni all’interno delle varie scuole, principalmente di stampo politico ma, per esempio l’anno scorso, anche di altro tipo, come il progetto Cultura Invisibile (http://retecollettivi.noblogs.org/cultura-invisibile-controcultura-e-informazione-libera). Ovviamente si basa sull’autorganizzazione, non è come altre organizzazioni di stampo sindacale. Non ci sono ruoli di tipo gerarchico, i membri hanno ciascuno Io stesso valore. Si strut­tura in modo assembleare, ovvero c’è una riunione ogni settimana in cui vengono di­scussi vari punti. Non ci sono decisioni prese da singoli.

Quindi qual è la differenza rispetto al­l’Unione degli Studenti o alla Federa­zione degli Studenti?

M: l’Uds e Fds hanno un collegamento di­retto con un partito o un sindacato. La Rete è un’assemblea autorganizzata, nel senso che non si ricollega direttamente a un partito, ma propone un modo di far po­litica diverso.

Tu perché hai scelto di andare all’as­semblea della Rete invece che da qualche altra parte?

M: prima di tutto sono entrato nel collet­tivo di scuola mia, che organizza anche giornate di informazione, o comunque al­ternative ai normali giorni di scuola, su tematiche che mi sono sempre interessate. Ho deciso di entrare alla Rete nel 2009 dopo la mobilitazione studentesca, perché a Firenze era la Rete che la organizzava, e in sostanza mi interessava non solo scendere in piazza con gli altri studenti contro i tagli e le riforme della scuola, ma anche essere in prima linea ad organiz­zare varie manifestazioni, volantinaggi, presidi, informazione… In assemblea tutti gli studenti hanno la possibilità di dire ciò che vogliono. Ho scelto la Rete perché i sindacati studenteschi sono dipendenti da partiti, o, anche se non lo sono, sono co­munque organizzati in modo partitico: hanno un loro simbolo e un modo di porsi istituzionale, mentre la Rete non è istitu­zionale e non c’entra niente con queste cose. Non cerca il dialogo con le istitu­zioni, ma vuole portare gli studenti ad as­sumere un atteggiamento critico, ad essere soggetti della vita politica.

Secondo te com’è percepita la Rete dagli studenti medi?

F: purtroppo male, a essere realista. Ha la reputazione di estremista, che fanno cose illegali, violente… Un po’ i “black bloc” della situazione. Magari la gente ti legit­tima, ma in parte: sa che lanci il primo corteo, ma non viene all’assemblea perché pensa che sia qualcosa di chiuso. Non è così, ma magari da fuori può sembrarlo, perché fare politica insieme vuol dire in­staurare dei rapporti sociali, per forza. Vuol dire che con la persona con cui ti stai a scazzare in assemblea siete amici, uscite… Ma secondo me è una cosa posi­tiva, perché è un crescere insieme, vuol dire che vai la sera ad attacchinare, la gente inizia a scrivere ì primi volantini, chi c’è da più tempo magari aiuta…

Quindi per te è stato importante.

F: sì, è una crescita personale che secondo me ti segna. Impari a parlare, a condivi­dere idee con chi è più grande di te, chi ha vissuto più esperienze. Ti fa crescere, ma proprio tanto.

Voi quale vorreste che fosse il rap­porto tra la Rete e le scuole?

F: la Rete dovrebbe essere un coordina­mento, tutto ciò che avviene nelle scuole dovrebbe riunirsi nella Rete, per portare i disagi dello studente a livello cittadino. Dev’essere quasi un tramite: la stessa gente che partecipa al collettivo, secondo me, dovrebbe andare alla Rete, per discu­terne. [...] La gente è un po’ prevenuta per quello che pensa che sia la Rete, pensa che sia qualcosa di già inscatolato, che sia così e non possa cambiare, che non sia for­mata da chi la compone. Se te vieni ovvia­mente porti il tuo, e contribuisci anche a cambiare e migliorare l’assemblea.

Che tipo di pratiche portate avanti nella vostra lotta quotidiana, nelle scuole ma anche fuori?

M: al momento è un po’ in via di defini­zione, perché, a differenza di realtà che agiscono in ambienti diversi, come pos­sono essere i centri sociali o organizza­zioni politiche che comunque sanno già a che mondo rapportarsi, noi ci dobbiamo rapportare a un mondo che è in continuo sviluppo. Il mondo del liceo cambia, ogni 5 anni ci sono persone che prima non c’erano mai state, per cui ogni volta biso­gna cercare di trovare un metodo d’ap­proccio che possa coinvolgere le persone. Questo non vuol dire trovare un compro­messo, o pensare che a seconda di quello che piace agli studenti bisogna fare. Le pratiche, oltre ai cortei, sono le azioni che ci sono all’interno, che possono essere di vario tipo. Qualche anno fa sono state lan­ciate uova durante un corteo contro una scuola privata, e c’erano studenti che erano allibiti e non vedevano un senso lo­gico in tutto ciò. Scritte o attacchinaggi sono metodi che vengono usati all’interno delle manifestazioni e non, però le azioni singole dipendono un po’ da caso a caso, da quali sono gli obiettivi di un corteo.

Infatti, rispetto a queste cose, spesso i giornali, quando parlano della Rete, ne parlano come qualcosa di quasi pe­ricoloso. Soprattutto, pongono l’atten­zione sulle pratiche di piazza e sul discorso dell’illegalità. Secondo voi perché succede?

F: perché è chiaro che a loro conviene far ricadere l’attenzione su questo. Nel 2008, nel periodo dell’Onda, la razza studenti stava anche simpatica alla gente. Mi ri­cordo le vecchiette che ti fermavano sul­l’autobus e ti dicevano “ma state occupando? bravi bravi”, e quando la razza studenti ha tirato un pochino più fuori i denti era anche chiaro che ti ini­ziassero a infamare, perché a loro che tu alla gente stia simpatico mica gli con­viene.

Invece cosa ne pensate dei vari partiti che, almeno stando alle loro dichiara­zioni, sembra che si avvicinino di più ai movimenti?

M: eh, appunto, è proprio questo il pro­blema. Stando alle loro dichiarazioni si potrebbe credere di tutto e di più, stando ai fatti ci si accorge che è esattamente il contrario. Di soggetti di questo tipo si può prendere Vendola, che mi ricordo pochi mesi fa fece una bella orazione contro la Tav, a difesa del movimento… Ma anche soltanto il fatto che cerchi alleanza con partiti come il PD, che portano avanti tante di quelle campagne e iniziative che dire che fanno vomitare non rende l’idea, per quanto mi riguarda mostra qual è lo spessore politico. Vuol dire che dei propri valori gliene frega abbastanza poco, vuol dire che sotto c’è un comune denomina­tore che è il potere, che è quello che alla fin fine interessa a questi partiti. Non un cambiamento reale ma un cambiamento che spesso è di facciata.

Per quest’anno quali sono le prospet­tive che la Rete si dà?

M: prima di tutto adesso, in seguito al primo corteo, potremo vedere quali sa­ranno i voleri dei vari collettivi o comun­que delle realtà studentesche che ci sono a Firenze. Al momento l’idea è quella di portare avanti le varie lotte, visto che anche quest’estate sono state tirate fuori nuove riforme, nuovi disegni di legge per la scuola. Come il decreto Profumo, che colpisce la scuola e anche l’università, e la riforma degli Organi Collegiali. Questa in­serisce la figura dei privati all’interno dei Consigli d’Istituto, che cambiano nome in Consigli dell’Autonomia, e va a sminuire la rappresentanza studentesca che non avrà più il numero che era garantito adesso. Anche le rappresentanze genitori e ATA dovrebbero avere sempre meno spessore. Per il decreto merito Profumo, nella scuola, la notizia più eclatante, che ha fatto un po’ drizzare i capelli e aprire gli occhi a tutti, è stata la figura dello Stu­dente dell’Anno, questa impostazione estremamente meritocratica della scuola. Una visione veramente poco istruttiva della competizione. Se, all’interno della scuola, si potrebbe cercare di avere una sorta di competizione positiva, uno sti­molo reciproco tra gli studenti a lavorare e studiare e cercare di migliorarsi insieme, questo porta ad avere una competizione negativa, che potremmo chiamare con­correnza, e a cercare nel singolo di far ti­rare fuori i migliori numeri che ha per fare il culo a tutti gli altri e guadagnarsi una serie di diritti, che quest’anno sono stati tolti agli altri e garantiti solo a lui. Ad esempio avere borse di studio, e una serie di agevolazioni economiche che di questo periodo sicuramente fanno co­modo.

Per quanto riguarda i test Invalsi, in­vece?

M: gli Invalsi seguono la linea logica di queste riforme e di quelle che sono state portate avanti negli anni scorsi. Sono ab­bastanza emblematici perché sono dei test che hanno la presunzione di poter va­lutare il livello di istruzione di un paese se­condo delle risposte prefatte. Ad ogni studente viene posto lo stesso test, quando quello che si dovrebbe cercare all’interno di una scuola è valorizzare le personalità al di fuori del nozionismo. Gli Invalsi in­vece vanno esattamente in questa dire­zione, cioè puntano a un nozionismo fine a se stesso.

Secondo te, come si è evoluto il movi­mento studentesco da quando hai ini­ziato a fare politica a oggi?

F: a livello cittadino si possono notare una serie di caratteristiche che sono all’occhio di tutti. Le occupazioni hanno portato anche grane al movimento studentesco, perché la tesi che l’occupazione non ha scopi politici ma è soltanto una scusa per fare vacanze o non studiare è stata abu­sata. Nel 2008 c’erano motivazioni che erano ugualmente pesanti rispetto a ora, ma se ne parlava di più, e anche dal punto di vista istituzionale a volte c’è stato un po’ più di ascolto. Adesso le lotte che ven­gono fatte, o il movimento studentesco, vengono sminuiti. Si cerca di parlarne il meno possibile perché forse si è visto il suo potere. Questo lo possiamo constatare tranquillamente al primo corteo del­l’anno, che forse è un indicatore. Dal 2008 a oggi via via ogni corteo ha avuto meno partecipanti, perché sempre meno stu­denti credevano che ci potesse essere ve­ramente un’utilità in quello che facevano, poi avendo perso persone si è persa la vo­glia di fare quello che veniva fatto prima. Quando nel 2008 c’è stato il picco del mo­vimento le istanze che venivano portate avanti erano prettamente studentesche e spesso studentiste. Si combatteva una ri­forma che riguardava soltanto la scuola. Oggi non si può fare questo, perché la re­altà è talmente variegata, complessa, e ci sono talmente tanti attacchi a tutti gli ele­menti sociali che rimanere soltanto nel proprio campo vorrebbe dire restringersi, e agire in un modo ipocrita.

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