La valle degli elfi

LA VALLE DEGLI ELFI

PARTE PRIMA

Siamo nati nella società del controllo e della paura, del profitto e della cupidigia. Ma non è sempre stato così. Questa è la testimonianza che mondi diversi possono esistere. Se volete deviare completamente dalla rotta prestabilita, potete avventurarvi nella valle degli elfi. Se invece ritenete che il lavoro salariato, la subordinazione ad altri, i rapporti di opportunismo e l’abbrutimento umano causato dalla metropoli siano tollerabili, non vi resta che marciare nella direzione indicata dal “progresso”.

C’era una volta una valle abitata da elfi, non si sa dove né in quale epoca, ma alcuni  raccontano di averla visitata. Questa è la loro storia, quella di un popolo che non si è mai arreso.

Si narra che tutti erano felici e affezionati l’un l’altro. Vivevano in una valle fertile e generosa, attraversata da un fiume. Le loro case erano circondate dai boschi e l’acqua scorreva lungo i campi rigogliosi. Condividevano tutto, senza esitazione. Come mai? Non erano certo contadini sovietici, ma per loro era la cosa più naturale da fare. Tutti lavoravano con eguale sforzo, secondo le proprie attitudini, e i frutti della loro fatica erano messi a disposizione di ogni persona. Non poteva essere altrimenti.

Questa consuetudine era chiamata giustizia e la terra era di tutti perché non apparteneva a nessuno.

Ognuno aveva una propria casa, una propria famiglia ma l’idea di possedere qualcosa che non era stato realizzato dalle loro mani era inconcepibile. Esisteva forse un criterio per stabilirne l’appartenenza? Chi la meritava più degli altri? Il più vecchio? Il più saggio? Il più bello? Il più forte? Nessun elfo si era mai posto questo problema.

Erano coscienti che lavorare la terra garantisse loro il pane quotidiano. E per curarla non avevano bisogno che qualcuno imponesse né la carota, il salario, ne il bastone, la fame. Il fatto che la proprietà fosse divisa equamente risparmiava loro discordie e forme di invidia, mentre l’organizzazione collettiva rendeva inutile una classe dirigente e non produttiva. Nessun elfo avrebbe mai potuto decidere per un altro i tempi del suo lavoro, le modalità e quanto gli spettasse ricevere in cambio delle ore impiegate nei campi. Il profitto individuale era inaccettabile rispetto al benessere della collettività e l’assoluta libertà individuale era il principio che permetteva l’espressione e la realizzazione degli individui.

Non si spezzavano la schiena sul lavoro e non erano tormentati da affanni. Erano sereni. La solidarietà tra persone era il mezzo attraverso cui si sostenevano a vicenda e mostravano che i rapporti che li legavano non erano basati sul profitto, ma su sincera fratellanza.

Il loro modo d’essere era rimasto scolpito nel tempo da generazioni e generazioni, e le regole di convivenza erano tramandate di padre in figlio. Non c’era bisogno di scriverle ne di farle rispettare. Erano espresse giorno per giorno nel vivere quotidiano. Il monito ai trasgressori non era il carcere, ma il disprezzo della comunità. Esse contenevano l’essenza degli elfi e il loro modello di vita.

Vivevano in pace e non si preoccupavano del mondo circostante. Le montagne da cui erano circondati li isolavano dal resto delle civiltà. Non si erano mai allontanati perché non avevano desideri che li spingessero oltre, ma trovavano in quella valle  tutto ciò di cui avevano bisogno.

Sapevano che nelle montagne abitavano gli orchi, ma i due popoli si ignoravano reciprocamente. Gli unici orchi che si erano recati presso il loro villaggio erano i fuoriusciti, gli emarginati. Sono proprio loro che portarono nella comunità una visione più definita degli orchi.

Tra loro scoppiavano spezzo zuffe e litigi riguardo il controllo della proprietà. Come gli elfi non avevano regole scritte, ma vigeva comunque una legge, quella del più forte. E’ per questo che si scontravano, per stabilire chi lo fosse realmente. Erano frammentati in numerose tribù e periodicamente tutte le etnie si sceglievano un campione. L’esito dello scontro stabiliva a chi spettasse detenere il potere.  Erano così ottusi che senza un re non erano in grado di vivere con pace e giustizia, ma preferivano essere uguali nella sudditanza, incapaci di comprendere che qualsiasi fosse il monarca la loro condizione restava la stessa.

PARTE SECONDA

Non c’è terra, non c’è paese, dove, alla forma di accordo e organizzazione spontanea tra persone  , non si sia sostituito il capitalismo selvaggio. Gli elfi furono posti di fronte a un bivio, una scelta  che avrebbe determinato un prima e dopo nella loro storia.

Grande scalpore e sorpresa animava quella popolazione. Erano arrivate le streghe!

Erano in grado di compiere sortilegi talmente potenti che gli elfi non potevano credere ai propri occhi. Avete presente quando avete visto il mare per la prima volta? Immaginate la stessa sensazione. Furono spettatori di invenzioni neanche immaginabili. Così come la nostra mente è incapace di comprendere una distesa blu infinita, gli elfi erano stupefatti di fronte a queste scoperte.

Esattamente come il mare queste possono scatenare due circostanze antipodiche: in un caso il placido e continuo flusso delle onde, nel secondo un gigantesco tsunami

Duemila anni di quello che chiamano progresso era stato catapultato nella loro dimensione.

Videro scatole che trasmettevano suoni e immagini contemporaneamente, carri che correvano veloci come il vento, e armi capaci di annientare qualsiasi nemico, così devastanti da soggiogare persino gli orchi. Le streghe non erano altro che mercanti e questa era la merce che barattavano errando di paese in paese.

In cambio di questi prodigi agli elfi non chiedevano altro che rivelassero le proprio tecniche agricole, per sfruttarle su scala industriale, e che lavorassero per le streghe, per organizzare il lavoro con regolari contratti.

Gli elfi rifiutarono, le streghe erano incapaci di crederci.

Non accettarono prima di tutto perché alla passività di uno schermo preferivano raccontarsi storie e parlare e cantare e danzare intorno al fuoco, e quello schermo non aveva altro da offrire che finzione, una vile distorsione del mondo reale.

Non erano interessati a carri veloci come il vento perché esso  aveva tempi differenti da quelli degli elfi. Questo doveva spingere le nuvole, soffiare lontano i semi e far danzare i fiori della valle. Gli elfi invece non avevano nessuna fretta, e preferivano camminare con i loro piedi. Il rumore e il fumo dei carri li inorridiva. Non erano certo disposti ad accettare tutto questo nello svolgersi della vita quotidiana.

Riguardo le armi furono subito riluttanti Gli elfi non avevano mai avuto un conflitto con altri genti e gli orchi non costituivano certo una minaccia, l’unica reale minaccia forse erano proprio le streghe, ma questo ancora non lo capivano.

Gli elfi avrebbero donato la propria conoscenza a qualsiasi altra civiltà, ma le streghe non potevano farne tesoro. Non intendevano trarre per se ciò che gli era necessario, ma sradicando gli alberi per far posto alle coltivazioni e ricorrendo ad additivi chimici, avrebbero sfruttato intensivamente il terreno e desertificato rapidamente il suolo, in pochi decenni. Senza pensare neanche per un istante che quella terra aveva nutrito chi vi abitava da tempo immemore.

Allo stesso tempo gli elfi non avrebbero mai rinunciato alla propria indipendenza, e la proposta delle streghe era intollerabile, se non offensiva.

Queste streghe non avevano intenzioni bellicose, ma pretendevano di esportare la propria cultura e idea di progresso in tutto il pianeta, cercando continuamente nuovi mercati, avvalendosi della propria conoscenza scientifica per rendere dipendenti dalla loro  tecnologia intere popolazioni.

Aspettavano che le loro merci entrassero nella consuetudine per stravolgere le carte in tavola.

Dopo che la televisione era diventata un bene a cui non era possibile rinunciare, parlavano di crisi energetica, di inevitabili aumenti dei prezzi. Chiedevano un sacrificio altissimo, ma che, garantivano, sarebbe durato poco.

Sfruttavano questa strategia per dominare le altre popolazioni, imporgli una società basata su autoritarismo e sfruttamento. Dove prima il lavoro era libero e la proprietà condivisa, nascevano imprenditori e salariati. Dove prima le campagne erano incontaminate e pure, nascevano fabbriche e sobborghi industriali che inquinavano la terra e i fiumi. Dove prima la convivenza era pacifica e serena nascevano leggi e polizia per soffocare il conflitto sociale derivante dall’ingiustizia.  Dove prima c’era la pace tra uguali scoppiava la guerra tra subordinati.

Quando le persone si erano abituate a compiere enormi distanze, a vivere in grandi città e a non spostarsi più con i propri piedi, ecco che il petrolio cominciava a scarseggiare. Serviva una guerra per ottenere il controllo di nuovi pozzi. Ma per fare una guerra serve un motivo. Un motivo tanto valido da diffondere l’idea che avrebbero invaso un paese straniero per il bene dei suoi abitanti naturalmente. E’ così che si cominciava a parlare dei soprusi di quel tale dittatore, della violazione dei diritti umani, della mancanza di libertà e chi più ne ha più ne metta. La guerra sarebbe stata combattuta.

Le streghe con la loro magia evocavano potenti demoni capaci di influenzare le persone, insinuare la paranoia dentro di loro e manovrarle come burattini. Entravano nelle case senza neanche bussare e si impadronivano delle menti, del linguaggio stesso attraverso il quale si esprimevano. Diverso diventava pericoloso, libero diventava incontrollabile. Ed così che la legge del più forte cominciava ad essere chiamata giustizia. La paura diveniva un mezzo di controllo e la proprietà della terra un caposaldo della civiltà. In questo modo le cose assumevano un valore nuovo, visto che dovevano essere tutelate e protette: le cose non hanno un’anima eppure ci possiedono

Per quanto riguarda le armi stiamo parlando di un mercato redditizio e inesauribile. Il progresso, come lo chiamavano le streghe, sfornava tecniche e conoscenze sempre più moderne, nel caso in cui moderno significa letale, devastante, distruttivo. Era necessario possedere le più recenti se si intendeva essere competitivi e pronti ad una azione armata, per non andare incontro ad una disfatta. E la corsa alle armi era una vera e propria ossessione, una corsa senza fine.

In ogni caso, insoddisfatte, le streghe tornarono da dove erano venute. Intimarono gli elfi che la questione non era affatto conclusa. Si trattava di conquistare un nuovo mercato, e pur di controllarlo sarebbero ricorse a qualsiasi mezzo.

 

PARTE TERZA

Quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo pesce pescato, ci accorgeremo che non si potrà mangiare il denaro. La nostra terra vale più del denaro.”

Gli elfi non furono svegliati dalla luce del sole, come consuetudine, ma poco prima dell’alba.

Le strade del paese erano calpestate da piedi che mai prima d’ora erano capitati in quella zona.  Plotoni di mercenari si apprestavano a occupare militarmente la zona, in cambio di una buona paga, eccitati dalle pasticche e imbevuti di odio nazionalista, avrebbero commesso qualsiasi atrocità.

Il bando delle streghe fu reso noto alla popolazione: gli elfi avevano tempo una settimana per accettare di adeguarsi al loro sistema. In caso contrario tutti i dissidenti sarebbero stati uccisi.

Cosa ciò sarebbe significato è sotto gli occhi di tutti noi, ogni giorno della nostra vita.

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