La curva Moana Pozzi ricorda la vicenda di Paolo Scaroni

Durante Sporting Sesto-C.S. Lebowski di oggi pomeriggio, gli Ultimi Rimasti Lebowski hanno alzato questo striscione per prendere posizione in merito alla sentenza di ieri che ha scagionato gli otto agenti di polizia accusati di aver pestato, fino a mandarlo in coma, il tifoso del Brescia Paolo Scaroni, in trasferta col suo gruppo a Verona nel 2005.

Qui sotto una ricostruzione dei fatti:

“Sono immagini agghiaccianti postate sul web poche ore dopo l’assoluzione di otto agenti accusati di aver caricato a freddo i tifosi del Brescia che tornavano a casa da Verona. Restò a terra, in coma, Paolo Scaroni, che era rimasto indietro per aver comprato qualcosa in un bar.Il giovane di Castenedolo, allevatore di tori, non sarebbe mai tornato come prima. E’ invalido al 100%. Era una domenica di campionato del 2005. Restò a terra, in coma, Paolo Scaroni, che era rimasto indietro per aver comprato qualcosa in un bar.Il giovane di Castenedolo, allevatore di tori, non sarebbe mai tornato come prima. E’ invalido al 100%. Era una domenica di campionato del 2005.

I poliziotti l’avrebbero fatta franca non solo per la difficoltà di riconoscere chi opera travisato in ordine pubblico ma anche perché qualcuno avrebbe fatto sparire i dieci minuti cruciali del video girato dalla digos quel giorno.

[...]

«Finita la partita – scrisse Paolo Scaroni su Liberazione – siamo stati scortati in stazione dalla polizia senza nessun intoppo o tensione. Dopo essermi recato al bar sottostante la stazione, stavo tornando con molta serenità al treno riservato a noi tifosi portando dell’acqua al resto della compagnia (era stata una giornata molto calda ed eravamo quasi tutti disidratati). Tutti gli altri tifosi erano già pronti sui vagoni per fare velocemente ritorno a Brescia. Mancavano pochi minuti ed i binari della stazione erano completamente deserti. Cosa alquanto strana …Improvvisamente, senza alcun preavviso o motivo apparente, sono stato travolto da una carica di “alleggerimento” del reparto celere e picchiato a sangue, senza avere nemmeno la possibilità di ripararmi. Sottratto al pestaggio dagli amici (colpiti loro stessi dalla furia delle manganellate), sono entrato in coma nel giro di pochissimo e quasi morto. Dopo circa venti minuti sono stato caricato su un’ambulanza, osteggiata, più o meno velatamente, dallo stesso reparto che mi aveva aggredito e trasportato all’ospedale. Lì sono stato operato d’urgenza. Lì sono stato salvato. Lì sono tornato dal coma dopo molte settimane. Lì ho passato alcuni mesi della mia nuova vita. Una vita d’inferno. Nel frattempo la mia famiglia, in uno stato d’animo che fatico ad immaginare, subiva pressioni e minacce affinché la mia vicenda mantenesse un basso profilo. Ai miei amici non andava certo meglio, nonostante tutti gli sforzi per far uscire la verità». «Ho perso il lavoro, sebbene abbia un padre caparbio che insiste nel mandare avanti la mia ditta, sottraendo tempo e valore ai suoi impegni.

Ho perso la ragazza. Ho perso il gusto del viaggiare (il più delle volte quelli che erano itinerari di piacere si sono trasformati in veri e propri calvari a causa delle mie condizioni fisiche), nonostante mi spinga ancora molto lontano. Ho perso soprattutto molte certezze, relative alla Libertà, al Rispetto, alla Dignità, alla Giustizia e soprattutto alla Sicurezza».

Fonte: Popoff Globalist

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