Torino una sega è (un) successo

Chi come noi, la sera di venerdì 18, era tra gli avventori del Caffé Notte, se non tra i partecipanti, a «Torino una sega 2» si trova di fronte scene che raramente (purtroppo) si vedono a Firenze. C’erano due sale in cui si legge per 10 minuti a testa qualcosa di proprio e qualcosa di qualcun altro. Tutto intorno un uditorio corposo, umano, che mentre beve, ascolta, si commuove, qualcuno casca all’indietro per le risate e ogni tanto parte un dibattito. Entrambe le sale avevano una lista di almeno una quindicina di scrittori in attesa di leggere i propri pezzi e altri libri, grandi successi e non, pezzi conosciuti e pezzi che in quel momento, per quella sera, erano protagonisti a pieno titolo della scena letteraria senza scomparire nel mercato editoriale, divoratore da fast-food di creatività, e dietro copertine satinate create a design. Subito fuori dal Caffé si vedono molte persone che aspettano, con il libro scelto e le proprie opere sotto braccio, il proprio turno per leggere. Si fa fatica ad entrare per ascoltare, il Caffé Notte è denso di estro. Nelle tre e più ore di letture si sono mischiati «scrittori di professione», dilettanti o semplicemente «scrittori da introspezione» creando a conti fatti un amalgama affascinante che affida il duro compito di tenere insieme tutti i vari stati d’animo degli scritti alla Condivisione. Condivisione che per la cultura dal basso raramente abbiamo avuto il piacere di vedere così in forma. Tra un amaro e l’altro, versati dall’ottimo Danilo (il gestore del Caffé), abbiamo passato il tempo con: «gli scrittori aspiranti e quelli famosi e quelli sconosciuti e i critici e i lettori e i giovani e i vecchi e i superpazzi e chiunque volesse esserci, accatastarsi uno sull’altro, mettersi in lista, spingere, vociare, agitarsi, leggere, scartabellare fogli stampati e pieni di chiose a penna, discutere di quanto letto, esaltarsi, panicare» [scritto sull'evento FB di Torino una sega 2].

Speriamo che presto ne venga organizzato un altro e che il fatto che sia stato un successo non faccia appassire, cosa che purtroppo alle volte accade, il clima di spontaneità delle cose che succedono e basta.

[Per capire meglio i retroscena dell'evento rimandiamo all'articolo di La Republica limitandoci a segnalare l'assurdo stupore che si intuisce delle parole «dichiarazione che ha qualcosa di politico» del giornalista alla frase, riferita all'evento, «più che letterari siamo operai della cultura». Assurdo poiché per noi è ovvio che abbia rilevanza politica creare un evento di condivisione e spazi di espressione al di fuori delle logiche dell'editoria che troppo spesso selezionano chi vende e danno quindi il potere di indirizzare la produzione letteraria ad una fredda relazione tra domanda e offerta.]

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