Università bene pubblico. Chiuso a chiave.

Pisa. E’ di pochi giorni fa la notizia della chiusura dei bagni di Palazzo Ricci, sede della facoltà di lettere: per evitare che vengano usati da venditori senegalesi, agli studenti è chiesto di munirsi di chiavi in portineria e lasciare poi i bagni chiusi. Così poi potremo lamentarci degli immigrati che non si lavano e pisciano per strada. Si è giunti in questo caso a un esempio di guerra a 360 gradi contro l’immigrazione difficilmente sostenibile a lungo nella pratica, oltreché dai risvolti razzisti. Infatti gli stessi portinai, già oberati di lavoro, non sono pagati per svolgere la funzione di guardiani dei cessi.

Ma la lotta per recintare gli spazi pubblici, solitamente destinata a fallire, trova precedenti anche nella facoltà di lettere fiorentina. Qui la battaglia è cominciata anni fa, con attacchi di media e istituzioni accademiche contro la presenza di zingari (e eventualmente “squatter coi cani”) in nome della lotta al degrado; attacchi che si sono concretizzati anche con l’assunzione di guardie giurate ARMATE, chiusura dei bagni, cancelli e cancellate. Gli studenti della facoltà sono però riusciti a difendere i loro spazi, lasciandoli liberi e vissuti.

Un confronto simile si è svolto a Novoli, polo che riunisce le facoltà di giurisprudenza, economia e scienze politiche, dove addirittura le istituzioni accademiche erano arrivate a consigliare agli studenti di introdurre un badge all’ingresso dello spazio autogestito per prevenire l’ingresso di “persone di un’altra etnia rispetto alla nostra”. Proposta chiaramente respinta dagli studenti, che quotidianamente si impegnano nel tenere aperto uno spazio di socialità e integrazione.

Questo secondo fronte della privatizzazione delle università è l’altra faccia di un’università sempre più classista, che tenta di chiudersi in una torre d’avorio con muri sempre più materiali che lascino fuori zingari, immigrati e senza tetto per rendere i servizi finanziati dal pubblico appannaggio di pochi. E sempre meno. Agli studenti non resta che battersi per un’università diversa: libera, pubblica e al servizio della collettività. Senza i cancelli e i lucchetti che chi comanda vuole imporci.

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