Piovono denunce per la contestazione del Senato Accademico

Contestazione al Senato Accademico

Arrivano oggi le denunce per quanto avvenuto in data Mercoledì 16 Dicembre alla riunione del Senato Accademico. Quel giorno alcune decine di studenti si sono organizzati con la precisa intenzione di impedire quanto stesse accadendo in quella sede: svendere parte della gestione del consiglio di amministrazione, al migliore offerente. A tutela del profitto e dell’interesse privato nell’università pubblica sono stati schierati alcuni agenti della DIGOS, davanti ai quali sono stati scanditi cori contro la distruzione dello stato sociale, contro la presenza dei privati nel mondo dell’istruzione, per reclamare l’affermazione di una università pubblica, laica e di massa e per un insegnamento che vada oltre al puro indottrinamento di ideologia dominante, oltre il nozionismo che impera nella maggior parte dei manuali e dei corsi universitari.

Chi era presente quel giorno

In quel corridoio, che portava all’aula dove si stava svolgendo il Senato Accademico, c’erano una cinquantina di studenti coinvolti nella contestazione, alcuni agenti della DIGOS a sbarrare l’ingresso e, dall’altra parte, i membri del Senato Accademico, tra cui, ovviamente, il rettore. Quelle persone, che stavano decidendo del consiglio di amministrazione dell’università, sono complici di quanto già da tempo avviene nelle nostre facoltà, la cultura viene subordinata al capitale e gli studenti, riguardo a ciò, non possono avere voce in capitolo, e i fatti parlano chiaro. Il messaggio è inequivocabile: dovete stare zitti e muti. In un contesto come quello italiano, dove anche i più piccoli focolai possono divampare come sterpaglie nella prateria, nelle scuole, nelle università, nei posti di lavoro, nelle piazze e nelle strade, la repressione diventa necessaria come strumento per ristabilire la pace sociale. Pace che non si potrà mai realizzare, almeno finché non avverrà un cambio di rotta, finché non saremmo mai più considerati come carne da macello da spremere per ripagare un debito che non ci appartiene e che non consideriamo come nostro

Firenze città della repressione

Quale sia il grado di tolleranza delle autorità rispetto al dissenso ci pare chiaro, anche a partire da fatti recenti, come l’utilizzo del reato di devastazione e saccheggio, reato introdotto in epoca fascista dal codice Rocco e mai abrogato. Ciò è avvenuto in occasione degli scontri di piazza a Roma il 15 Ottobre scorso e nel 2001 per condannare i manifestanti di Genova.

A Firenze in particolar modo ricordiamo la maxi-inchiesta, con cui si è cercato di isolare, criminalizzare e marginalizzare il movimento antagonista fiorentino, anche con il teorema giudiziario di associazione a delinquere. Ciò che è avvenuto oggi è sintomatico di quanto il dissenso sociale non sia tollerato, ma sia represso, con ogni mezzo necessario, anche in contesti, seppur conflittuali, assolutamente pacifici e inoffensivi. E’ per questa ragione che la questura di Firenze ha furbescamente accusato 7 studenti di invasione di suolo pubblico, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, furbescamente perché un qualsiasi giudice non sarebbe mai disposto a mettere in discussione la buona fede e la credibilità di un pubblico ufficiale che si dice insultato, sì, quei pubblici ufficiali che si coprono di vergogna e di infamia in ogni parte del mondo.

E che non si parli di giustizia! 4 Maggio-13 Giugno 2011!

Non si parli di giustizia quando i veri criminali, quelli in divisa come quelli in cravatta, godono di un’impunità pressoché inviolabile. Non si parli di giustizia quando studenti e lavoratori che alzano la testa vengono denunciati per ogni loro gesto, anche per quelli che non sono stati commessi, tramite la scappatoia del concorso in reato, per cui basta la presenza a fare del simpatizzante un accusato, per cui la responsabilità penale diventa non solo individuale, ma anche collettiva. Non si parli di giustizia quando il 3 Maggio avverrà il maxi-processo contro il movimento fiorentino, con il teorema di associazione a delinquere e con appigli giudiziari assai discutibili.

Cercavi giustizia, trovasti la legge…

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