Recensione dello spettacolo “L’ultima cena”

Lo spettacolo “L’ultima cena” prende le mosse da una domanda semplice: “Se avessimo in braccio un bambino, figlio dei  coniugi Hitler, di nome Adolf, saremmo legittimati ad ucciderlo subito?”. Questa domanda sottende un grande arco tematico: dobbiamo rispettare chi non ci rispetta? esiste un limite oltre il quale è inutile dialogare? fino a dove può arrivare il fanatismo? è possibile diventare fanaticamente antifanatici? può mai essere “giusto” uccidere? qual è il ruolo delle personalità nella storia? possiamo imputare ad un singolo, “cattivo”, intere pagine di storia o esse sono frutto di un rapporto tra la soggettività dei leaders e l’oggettività delle fasi storiche? se le dinamiche storiche sono affidate interamente alla bontà dei singoli e i leaders in questione sono “buoni”, possono esistere poteri “buoni”?
Lo spettacolo accompagna lo spettatore in questo percorso di riflessioni a sfondo sociale, politico, e antropologico, con toni ironici e sarcastici. Il cinismo, usato solo quando strettamente necessario, è pur sempre “generoso” nei confronti dello spettatore: rende efficace il messaggio socio-artistico, senza mai offendere la sensibilità dello spettatore.

 

Scena 1 - Indovina chi viene a cenaScena 1 – Indovina chi viene a cena.
Tre studenti mettono un annuncio per affittare una camera rimasta sfitta nella casa in cui vivono. All’annuncio risponde un integerrimo e puntualissimo giovane, dall’ eleganza perfetta, dalla splendida ed efficace parlantina. L’attore è particolarmente abile nel caratterizzare i comportamenti del giovane, a cavallo tra l’evidenza del ridicolo, e la gravità del non detto. Per conoscere un po’ meglio il potenziale inquilino i ragazzi decidono di invitarlo a cena. La conversazione si fa subito molto accesa, e porta quasi subito ad un confronto sul ruolo storico della personalità di Adolf Hitler, il cui programma politico è sostenuto con malcelato fervore neonazista dall’aspirante inquilino. I tre ragazzi decidono di non accettare il ragazzo come inquilino, ma, per cortesia, gli offrono un ultimo salatino prima di porgergli il cappotto ed accompagnarlo alla porta. Il caso vuole che quell’ultimo spuntino si riveli fatale per il giovane antisemita…

 

Scena 2 - L'ora di religioneScena 2 – L’ora di religione.
I tre studenti invitano a cena un prete, che si rivela essere un “fondamentalista” cristiano cattolico. Vengono toccati alcuni classici topos della retorica clerical-conservatrice: gli omosessuali, le nozze omosessuali, e le relative adozioni in famiglie “non tradizionali”. Lo spettacolo, in questo punto, offre una lettura molto attenta dei testi sacri, andando a rintracciare le fonti, mal interpretate, dei vari fondamentalismi.
Nel momento del brindisi di fine pasto, la casualità della prima scena inizia a costituirsi come causalità…

Scena 3 - L'odioScena 3 – L’odio.
La terza scena vede come ospite un liberal-populista intollerante e razzista: il tema centrale, in questo caso, è l’immigrazione e l’affermazione delle identità nazionali. Anche in questa scena troviamo degli accenni alla religione, nella misura in cui essa viene inglobata, da una parte e dall’altra, come carattere “peculiare” di un determinato “popolo”, o di una determinata “razza”. Le interpretazioni distorte, tanto della Bibbia quanto del Corano, che portano alla giustificazione di pratiche disumane sotto gli occhi di tutti, vengono decostruite in tutta la loro ridicola ottusità e colpevole ignoranza. A fine cena, la casualità della prima scena è ormai diventata una consapevole causalità…

 

Scena 4 - la strana coppia

Scena 4 – La strana coppia.
Questa volta gli invitati sono due: una coppia di persone “normali”, dove normale non è riferito ad una qualche norma ma ha il significato di “frequente”. Lui, infatti, è un imprenditore che evade le tasse, e che trova la sua soddisfazione nell’arricchirsi. In un mondo come questo, si sa, “qualsiasi soddisfazione è volgare”, e i tratti salienti del personaggio sono rozzezza, totale mancanza di cultura, e bullismo, il tutto condito in salsa macista. La ragazza, figlia di un account facebook, e cresciuta in una famiglia-bancomat sempre pronta a foraggiare i suoi vizi, vuol partire all’estero per conoscere se stessa (ed aggiungere foto negli album dei suoi account social). Entrambi i personaggi si distinguono per il loro carattere insopportabile. Durante il brindisi del saluto la causalità è ormai prassi abitudinaria, ma una delle due studentesse decide di cambiare l’ineludibile destino della giovane invitata.

 

Scena 5 - Ritorno al futuroScena 5 – Ritorno al futuro.
L’invitato a cena stavolta è l’ “opinionista” in onda tutte le sere alla televisione: un (anti-)politico dai toni grillini, contenuti vittorio-feltriani, capace di sfiorare le vette retoriche di un Bersani, per poi scendere in picchiata al di sotto del buon senso pur di strizzare l’occhio al popolino ricordando, a tratti, il sindaco di Firenze. Ci teniamo a sottolineare che il personaggio è entrato a far parte della sceneggiatura dello spettacolo in epoca non sospetta, ben prima delle elezioni politiche del 2013. Di tutti gli invitati può sembrare l’unico degno, malgrado tutto, di un qualche spessore, o, quanto meno, l’unico dotato di una retorica subdolamente sensata.
I finali alternativi portano a compimento i vari spunti politici distribuiti nelle varie scene, e ad esse circoscritti. In uno di questi finali una studentessa della casa diventa lei stessa una leader, ma la sua “bontà” soggettiva non cambia di una virgola l’asse della riflessione: “non esistono poteri buoni”.

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