Primerano sui test Invalsi: il ritorno del deus ex-machina

Nei giorni scorsi un articolo de La Nazione firmato dall’ormai ex-preside Massimo Primerano ha riacceso le polemiche sulla gestione dell’ordine e del dissenso dentro alle scuole da una prospettiva unilateralmente conservatrice e filorepressiva. Ma il dibattito fra Primerano e i movimenti studenteschi fiorentini è qualcosa di già visto (basti cercare Primerano sul sito della rete dei collettivi). E’ il dibattito fra l’autorità che impartisce ordini dalla cattedra, invocando punizioni esemplari per chi si rifiuta di obbedirgli, e chi di fronte a comandi ritenuti ingiusti sceglie l’insubordinazione e la resistenza. E’ un dibattito che ha portato alla criminalizzazione degli studenti “indisciplinati” del Michelangelo, con tanto di manganellate, minacce e sospensioni nel tentativo di imporre l’ossequio degli ordini basato sulla paura. Una pagina che gli studenti del Michelangelo e di tante altre scuole pensavano si fosse chiusa col ritiro a vita privata di Primerano.

Invece la Nazione ritira fuori dal cilindro le ricette tolleranza zero dell’ex preside per attaccare il movimento studentesco (e indirettamente anche i sindacati di base degli insegnanti) che aveva chiesto il boicottaggio dei test invalsi. Anzichè una riflessione profonda sulla natura di questi test, la loro necessità viene dedotta passivamente dal comando ricevuto dall’alto, dal ministero. Quando il governo decide qualcosa (sì, proprio quei governi di ogni colore che nello stesso articolo appaiono i responsabili dei tagli alla scuola, ma che Primerano – a quanto ci risulta – non ha mai ostacolato nella sua carriera) la sua decisione è legge, e come tale va accettata al di sopra del bene e del male, questa l’idea che Primerano (ma non solo) sembra riproporre. La stessa politica che l’ex preside aveva attuato all’interno della sua scuola. L’articolo si conclude con cinque consigli (non richiesti) di Primerano, giusto per ribadire nuovamente lo spartiacque della legalità e riportare nelle scuole l’autoritarismo. Su un suggerimento tuttavia ci troviamo pienamente in sintonia: la scuola italiana ha bisogno di  tante cose ma non di predicatori improvvisati.

Riguardo al prezioso contributo in calce del Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità, ci sembra nulla più del dolcificante usato dai media per far buttar giù le ricette più amare. Sta a ciascuno studente attribuirgli l’autorevolezza che si sono guadagnati con la loro (non?) esistenza nel dibattito pubblico di questi anni.

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