Strage di Viareggio: Moretti e altri 32 rinviati a giudizio

Strage di Viareggio: Moretti e altri 32 rinviati a giudizio Sono stati rinviati a giudizio dal gup di Lucca tutti e 33 gli imputati nel procedimento per la strage ferroviaria di Viareggio.

Oltre all’amministratore delegato della società “Ferrovie dello Stato” sono stati rinviati a giudizio funzionari, dirigenti e tecnici delle altre società del Gruppo Fs, della ditta Gatx, proprietaria del convoglio, della tedesca Jungenthal, che revisionò il carro e della Cima che lo montò.

Gli imputati dovranno rispondere delle accuse di omicidio e lesioni colpose plurime, incendio colposo e disastro ferroviario colposo; alcuni di loro anche delle violazioni delle norme di sicurezza sul lavoro. La decisione del gup di Lucca, Alessandro Dal Torrione, é arrivata al termine di poco più di un’ora di camera di consiglio.
Stamattina, nel polo fieristico di Lucca, adibito ad aula di tribunale, i famigliari delle vittime della strage sono entrati in corteo con striscioni e mostrando le foto dei congiunti morti nella tragedia di quattro anni fa.
“Tiriamo un bel sospiro di sollievo, si comincia a fare giustizia” ha commentato a caldo Daniela Rombi, che nell’incendio scoppiato il 29 giugno 2009 perse, dopo 40 giorni di agonia, la figlia Emanuela.
In conseguenza della strage morirono in totale 32 persone, a causa dell’esplosione del gpl fuoriuscito dalla cisterna di un treno merci deragliato mentre attraversava la stazione della città toscana.

Il processo si aprirà a Lucca, il 13 novembre prossimo.

Stamattina, nel polo fieristico di Lucca, adibito ad aula di tribunale, i famigliari delle vittime della strage erano entrati in corteo con striscioni e mostrando le foto dei congiunti morti nella tragedia di quattro anni fa.
“Tiriamo un bel sospiro di sollievo, si comincia a fare giustizia” ha commentato a caldo Daniela Rombi, che nell’incendio scoppiato nel quartiere vicino alla stazione perse, dopo 40 giorni di agonia, la figlia Emanuela.
”Ora Moretti deve fare non uno ma due passi indietro, anzi, devono farglieli fare perché da solo non li farà” ha detto invece Riccardo Antonini, il ferroviere licenziato dalle FS perché nell’ambito dell’udienza preliminare ha svolto un ruolo di consulente per la Cgil e per alcuni dei familiari delle vittime. Parlando con i giornalisti dopo la decisione della corte Antonini ha poi aggiunto: ”Le carte parlano chiaro, ce l’abbiamo messa tutta perche’ fossero carte scoperte e non, come avvenuto in altri casi, coperte”. I familiari delle vittime annunciano che scriveranno una lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affinché tolga il cavalierato concesso alcuni anni fa proprio a Mauro Moretti. Che in una brevissima dichiarazione riportata dopo la sentenza dalle agenzie di stampa afferma laconicamente “di non aver nulla da dire”.

Di seguito un lancio dell’agenzia Ansa ricostruisce la strage di quattro anni fa, quando a Viareggio si scatenò l’inferno e il cielo diventò arancione:

Il cadavere del piccolo Luca Piagentini venne trovato all’alba. Da ore, in quei metri i vigili del fuoco stavano combattendo con le fiamme, stavano scavando fra le macerie. Ma quel corpicino carbonizzato nell’auto nessuno lo aveva visto. Se ne accorse un soccorritore, per caso. Urlò, quasi svenne. Luca aveva cinque anni: i genitori lo avevano portato là sperando di salvarlo. La famiglia Piagentini abitava davanti alla stazione di Viareggio. Il 29 giugno 2009, alle 23.48, un convoglio con 14 cisterne cariche di gpl deragliò appena entrato nello scalo ferroviario: il primo carro e altri quattro si rovesciarono. In una cisterna si aprì uno squarcio di 40 centimetri. Il gpl fuoriuscì: tre minuti dopo gli scoppi. Le abitazioni di due strade, via Ponchielli e via Porta Pietrasanta, vennero investite dal fuoco. Trentadue le vittime. Della famiglia Piagentini sono sopravvissuti Leonardo, 8 anni, ed il padre Marco, che, per mesi, ha combattuto con la morte: aveva ustioni sul 95% del corpo. Non ci sono più mamma Stefania, 40 anni, e l’altro figlio, Lorenzo, 2 anni, che morì due giorni dopo al pediatrico Meyer di Firenze. La conta delle vittime si è fermata a quota 32 solo sei mesi dopo, nel dicembre 2009, quando all’ospedale di Pisa morì Elisabeth Guadalupe Silva, 36 anni. A impedire che il disastro avesse conseguenze ancor più terrificanti furono due ferrovieri in servizio alla stazione: bloccarono l’arrivo di un Intercity, altrimenti sarebbe entrato nello scalo mentre il fuoco devastava persone e case. Mentre il lavoro dei vigili del fuoco scongiurò il moltiplicarsi delle esplosioni: per ore spararono acqua sulle cisterne cariche di gas rimaste sui binari. Il rischio era che il calore innescasse altri scoppi. Allarmi, sirene, colonne di camion, soccorritori, ambulanze, carabinieri, poliziotti, volontari, protezione civile. Case in fiamme, lingue di fuoco dai tombini, fumo, grida, pianti. ”Mi affacciai alla finestra – raccontò un abitante della zona, Mauro, il giorno dell’anniversario – e vidi delle torce umane che si muovevano. Non riuscivo a capire. Mia moglie mi tirò per i capelli dicendomi di scappare. Ricordo noi sull’auto che ci allontanavamo. Dietro le fiamme e l’inferno. Sopra un cielo che di colpo si era fatto arancione”. Roberto Fochesato era uno dei macchinisti alla guida del treno deragliato. Per poter parlare di quella notte ha dovuto aspettare molto. Alla vigilia dell’anniversario, però, si fece coraggio: ”Quella scena l’ho sempre davanti agli occhi – raccontò – Io e il mio collega che iniziamo a correre mentre una coltre di gpl avanza a due metri da terra. Trovammo rifugio nella sede della Croce verde, non ricordo come ma ce la facemmo. Poi l’esplosione. Ho vissuto l’inferno. I vetri che vanno in frantumi, un signore accanto a me con i capelli bruciati…”.

Tratto da Contropiano

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