Partito Democratico e partita Tav Firenze, atto II

La travagliata storia del sotto-attraversamento tav continua, avvitandosi su se stessa. Dopo pochi mesi dall‘inchiesta della trivella “piscia-olio”(come era stata definita dagli addetti ai lavori nelle intercettazioni), arriva la seconda mandata di provvedimenti cautelari che colpiscono 5 membri complici del progetto: dai tecnici ai controllori, ai controllati.

Non siamo soliti sventolare manette: per nessuno, in nessun caso. Tuttavia ci sembra interessante analizzare la composizione degli invischiati nella questione tav, per quella che si può definire la più grande bomba ambientale-politico-giudiziaria degli ultimi 20 anni a Firenze.

Partiamo con Maria Rita Lorenzetti, da una vita nelle file della “sinistra”: dal Pci ai Ds, fino al Pd. Nota come la “zarina dalemiana”, è stata per due mandati presidente della Regione Umbria, per poi assumere il ruolo di presidente di Italferr, azienda facente parte del gruppo Fs. Adesso si trova indagata per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione: secondo i giudici sarebbe stata infatti lei il fulcro della questione Tav, che vede in pima fila noti esponenti del Pd.

Nella squadra di Maria Rita Lorenzetti c’erano manager pubblici, imprenditori, tecnici e progettisti su cui poteva contare e che poteva influenzare. Tra gli obiettivi nella ‘partita Tav’ a firenze c’era da ottenere un decreto che mutasse la qualifica giuridica delle terre di scavo da rifiuti, da smaltire in discariche apposite, a ‘sottoprodotti’ da poter trattare come normali scarti.

Fu lei, infatti, a tessere le reti di clientelismo e affiliazione che arrivano fino agli appalti per la ricostruzione in Emilia. Sempre lei, tramite i compagni parlamentari di una vita, come Anna Finocchiaro, spinse per ricompensare il geologo Walter Bellomo, aspirante parlamentare per i favori intascati sul tema rifiuti.

Proprio Bellomo, infatti, faceva parte della commissione VIA (valutazione impatto ambientale) e proprio questi era uno dei promotori per la modifica della normativa sui rifiuti per trasformarli da speciali a “normali”. In tale situazione, inoltre, il presidente della regione Rossi si fece protagonista del defenestramento dell’architetto del comune Fabio Zita, l’unico che si opponeva a questo provvedimento.

Con questo patto, si sono scambiati favori, appalti e profitti, in una collusione tra lo Stato, aziende costruttrici e capipoltrona pd che ricorda qual è la funzione reale della rappresentanza parlamentare. La cosa ancor più paradossale è che qualcuno, sulla questione tav e non solo, continui a parlare di mele marce, senza riuscire, però, ad individuare quelle sane, di mele.

A livello nazionale intanto si continua a criminalizzare il movimento no tav che da più di 20 anni ribadisce il disegno che si nasconde dietro il progetto dell’alta velocità. Dietro il velo della legalità si impone come necessaria e utile un’opera enorme, nonostante sia sotto gli occhi di tutti quanto essa serva al profitto dei soliti e a danno dei più.

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