Dossier sull’emergenza abitativa a Livorno: storia, analisi e responsabilità

Pubblichiamo questo interessante contributo tratto da Senzasoste.it

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Questo Dossier nasce con lo scopo di approfondire l’operato specifico, di un assessore specifico, in merito alle politiche abitative. Parliamo di Bruno Picchi. Troppo spesso le politiche abitative si sono legate, nel discorso pubblico, all’assessore alle politiche sociali. Questo è un bel modo per nascondere la mano a nostro giudizio. L’assessore alle politiche sociali è spesso costretto a lavorare senza risorse sufficienti, divenendo la vittima sacrificale di scelte che si stanziano più in alto, in assessorati che operano in maniera meno diretta rispetto alle politiche sociali ma che di fatto le determinano. In questo senso Bruno Picchi è per noi un personaggio centrale per le politiche abitative. Perché la scarsità di risorse deve essere in realtà localizzata presso un’origine certa, presso responsabilità politiche determinate, scelte che spettano a persone che ricoprono ruoli istituzionali precisi. Il problema non sono esclusivamente le risorse, anche le scelte politiche di utilizzo delle risorse disponibili  decidono uno stato di fatto. Ex Caserma Occupata – Comitato diritto alla casa – Novembre 2013

Blocco della chiccaiaINTRODUZIONE

Le Ragioni Politiche Del Dossier

Livorno attualmente attraversa una fase critica e di arretramento sotto numerosi aspetti. Dei tanti diritti che la popolazione si vede negare e sottrarre, una rilevanza speciale spetta a quello all’abitare. Le ragioni della sua centralità intersecano sia l’universalità che solitamente, da parte nostra, tentiamo di attribuirli, dunque il riconoscimento della necessità che accompagna la soddisfazione del bisogno stesso, sia la prepotenza con cui il fenomeno della perdita della casa si afferma sul nostro territorio. Il discorso sull’universalità del diritto, senza approfondire eccessivamente e perdersi dietro noiose filosofie dei bisogni, poggia sull’importanza che chiunque potrebbe riconoscere all’abitare, in relazione a svariati aspetti sostanziali del nostro esistere. Per capire come la casa sia un diritto e non un lusso, aggiungeremo numerose argomentazioni più o meno esplicite nel corso dell’esposizione. A cogliere questa sottigliezza ci possiamo arrivare anche per via negativa, attraverso la critica delle attuali politiche abitative. Diciamo questo perché inseriamo il diritto all’abitare in un quadro di insieme composto da più variabili. Non lo discutiamo isolatamente, poiché nessun diritto esiste isolatamente, in “natura”, come “atomo”. Già per definizione un diritto è da riferirsi ad un portatore e dunque, in un certo senso, è “relativo”. Il diritto all’abitare intendiamo collocarlo in una sfera di relazioni poiché esso risulta dall’interazione di più fattori, viene soddisfatto per esempio laddove ci siano investimenti forti nel sociale oppure al contrario subisce una spoliazione nei casi in cui si preferisca disinvestire nel sociale per valorizzare il mercato privato degli affitti. Questo diritto insomma, come ogni altro, scaturisce da fattori variabili, la sua soddisfazione si lega alla realizzazione socialedelle condizioni che ne garantiscono la tenuta. Queste condizioni sono appunto variabili. Non è pacifico e scontato che un’amministrazione investa in stato sociale. L’universalità del diritto all’abitare discende come vedremo da questo plesso di relazioni, da un intreccio di responsabilità. Intorno ad esso agiscono più soggetti, l’immagine dell’inquilino che “si fa da solo” la propria casa o che sostiene un affitto con le proprie eroiche ed individuali forze è appunto più mito che realtà. Quel senso comune che critica le occupazioni di case opponendoli l’onestà e la scorrettezza subita da chi paga l’affitto, lo svantaggio che coglie colui che paga l’affitto mentre altri evitano l’ostacolo occupando un edificio è un luogo comune. Perché dietro a qualsiasi forma di concretizzazione del diritto all’abitare riposano delle condizioni sociali specifiche che determinano l’abitare stesso. Parlare di universalità per noi significa allora riconoscere le molteplici forme dell’abitare mantenendo ferma la convinzione che comunque il diritto vada soddisfatto prescindendo dalle forme. E’ un assunto antropologico forte. Culturalmente la nostra civiltà è stanziale, anzi il nostro vivere in società riceve sicuramente vantaggi dalla stanzialità. La casa è quel bene che ne realizza le possibilità. Per questo la sua fruizione non può essere messa in discussione, rappresentando la sua negazione un processo autentico di esclusione sociale netta, radicale. Il secondo aspetto di rilievo sulla questione casa, dicevamo sopra, concerne la violenza con cui si sta manifestando sul nostro territorio. La riflessione è già stata affrontata in altri interventi. Ripercorriamo dunque queste riflessioni. Il primo dato, decisivo e drammatico, riguarda il numero di sfratti, in cima alla triste classifica in Italia in rapporto al numero di abitanti. L’espulsione dal mercato privato degli affitti a Livorno non è stata accompagnata da un sistema di ammortizzatori sociali adeguato. Possiamo ben dire anzi che Livorno abbia completamente mancato l’appuntamento. Le uniche risposte offerte alla popolazione, le “soluzioni”, da parte dell’Amministrazione, sono state orientate in favore dello stesso mercato privato degli affitti. Il contributo all’affitto, l’Agenzia per gli Affitti, l’affitto concordato sono strumenti spuntati, che introducono nuova ricchezza nel mercato privato, che offrono un’ennesima occasione a quel mercato che ha fallito la propria missione storica, di strumento economico di regolazione delle relazioni sociali. In relazione alla casa il mercato ha mostrato le proprie debolezze, la propria inefficienza attraverso tutta una serie di squilibri. Il mercato si è dimostrato strumento incapace di fornire garanzie per la fruizione di un bene fondamentale come la casa. L’assenza di una fissa dimora o comunque la prospettiva, per niente mitica ed astratta, della strada come situazione di marginalizzazione sociale è un “rito” drammatico nelle esistenze di molti, una concretizzazione dannosa degli effetti che il mercato privato ha prodotto nel campo del diritto all’abitare.

Le ragioni politiche di questo dossier incontrano così la critica che da almeno due anni esercitiamo rispetto a questo andamento, cioè alla perfetta delega verso uno strumento a misura di profitto e nient’altro di un diritto delicato come quello all’abitare. Il Dossier si colloca in perfetta continuità con il percorso politico avviato con l’occupazione della stessa Ex Caserma. Questa volta materializzeremo la critica verso un assessorato specifico verso cui imputiamo una centralità tale nell’economia livornese da rivelarlo come principale attore e regista dell’attuale peggioramento delle nostre condizioni di vita, sia in materia di diritto all’abitare, come referente delle politica abitativa dell’amministrazione, sia in materia più puramente economica, come fulcro di un’economia incentrata sul mattone e referente di spicco degli interessi immobiliari privati presenti in città.

Storia Recente Della Lotta Per La Casa A Livorno

Vogliamo qui dare una breve testimonianza della nostra recente attività politica sul tema casa, fatta di critica ed analisi, di riappropriazione dirette di spazi abbandonati e mobilitazioni, picchetti anti-sfratto ed autogestione. La nostra esperienza, la lotta maturata in questi due anni è la dimostrazione di quanto scrivevamo sopra. Ai fini di ciò è importante ricordare la storia del recente movimento di lotta per la casa originato presso l’Ex Caserma Occupata. Questo perché la risposta offerta dal nostro sportello per la casa è stata l’unica soluzione presente sul nostro territorio per più di cento persone. Il successo delle nostre iniziative, delle nostre occupazioni è la prova più diretta della povertà di tutti gli strumenti offerti dal Comune in materia di emergenza abitativa. In meno di due anni abbiamo stimolato l’occupazione da parte di cittadini auto-organizzati di 4 edifici ed alcuni appartamenti, Ex Caserma stessa esclusa. La vivacità con cui questo strumento ha trovato terreno ed affermazione a Livorno è relativa ad altre evidenze tutte consequenziali: Livorno ha una questione casa che le istituzioni non riescono a gestire; “l’occupazione collettiva”, strumento e pratica che abbiamo introdotto a Livorno e che dunque in un certo senso rischiava di trovare un ambiente culturalmente ostile, tanto da scoraggiare anche chi avesse scontato la perdita della casa nell’intraprendere i nostri percorsi, rappresenta attualmente la risposta più capace di produrre risultati nel campo dell’abitare. In pratica quei cittadini che progressivamente si sono avvicinati ai nostri sportelli sono stati la testimonianza più diretta dell’abbandono da parte delle istituzioni di intere famiglie, ma anche l’occasione di rilancio di tutta una serie di rivendicazioni legittime intorno all’abitare. Il fallimento di un modello di abitare ha occasionato la formazione sul nostro territorio di nuove tipologie di abitare, a testimonianza dell’universalità di questo diritto.

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