Marx, l’intervista immaginaria in un libro

intervista-kmarxLa sua qualità preferita? La semplicità. Quella che apprezza di più nell’uomo? La forza. Nella donna? La debolezza. Fin qui siamo alle banalità, tendenti al sessismo. Acqua. E allora il vizio più odioso? La servilità. La sua idea di felicità? La lotta. Fuochino. Quella di tristezza? La subordinazione. A parlare è il coautore più celebre del Manifesto del partito comunista. Nel 1865 il filosofo di Treviri si arrendeva all’insistenza delle figlie e accettava di compilare uno dei passatempi più diffusi della classe media inglese, una sorta di questionario di Proust. Che offriva spiragli sulla sua costellazione culturale. L’eroe storico? Spartaco. Il poeta? Shakespeare. Lo scrittore? Diderot. Il motto? Il cartesiano De omnibus dubitandum est.

Non è certo una novità, ma fa quasi tenerezza immaginare uno dei pensatori più importanti dell’ottocento impegnato, per amore paterno, in un giochino in cui è tanto facile, quasi inevitabile, fare un po’ la figura del pirla. Ce lo ricorda Intervista immaginaria con Karl Marx (Castelvecchi, pp. 50, e. 6) che lo storico Donald Sassoon, degno allievo di Eric Hobsbawm, scrisse per il mensile britannico Prospect. Serve una conoscenza assoluta dell’intervistato per azzardarsi a farlo parlare postumo.

Sassoon ce l’ha. Marx prende quindi le distanze da vari catastrofici epigoni («I seguaci che si nominano da soli sono il prezzo del successo»). Sconfessa la dittatura del proletariato («Avrò usato quest’espressione non più di dieci volte in vita mia. Era una formula per suggerire un governo eccezionale in tempo di crisi, non per giustificare il regime a partito unico»). Però piano battute liquidatorie tipo «fine della storia».

Le dinamiche della globalizzazione, con l’imprenditore che cercando costantemente di aumentare l’efficienza (tipo esternalizzando in Cina) finirà per distruggere valore, producendo a prezzi troppo bassi e creando un surplus che condurrà a una crisi di mercato, non vi dice qualcosa? È l’ottovolante in cui viviamo.

Previsto, prima che fosse esperienza nella carne viva di tutti, dal profeta del cambiamento continuo. Quello che avvertiva, con un certo acume: «Tutto ciò che è solido si dissolve nell’aria».

tratto da http://stagliano.blogautore.repubblica.it/

Di seguito un passaggio del libro:

Intervista a Marx

Lo storico Donald Sassoon ha provato a contattare nell’aldilà l’autore del “Capitale”. Il risultato è uno sguardo sull’oggi: ironico, ma non solo

di DONALD SASSOON

Allora, dottor Marx, lei è davvero messo in soffitta adesso, o no? Quindici anni fa le sue teorie dominavano mezzo mondo. Adesso cosa rimane? Cuba? La Corea del Nord?
«Le mie “teorie”, come le chiama lei, non hanno mai “dominato”. Ho avuto dei seguaci che non mi sono scelto o cercato, e per i quali ho meno responsabilità di quante ne abbiano Gesù per Torquemada o Maometto per Osama bin Laden. I seguaci che si nominano da soli sono il prezzo del successo. La maggior parte dei miei contemporanei ci metterebbe la firma per essere “in soffitta” come lei pensa io sia. Scrissi che la questione era non di spiegare il mondo, ma di cambiarlo. E quanti eminenti vittoriani hanno fatto altrettanto?».
Ok. Nessuno sottovaluta la sua fama. Ma su questo deve essere d’accordo: il marxismo non è più quello di un tempo…
«In realtà il mio lavoro non è mai stato importante come adesso. Negli ultimi cinquant’anni ha conquistato le università dei Paesi più avanzati del mondo. Storici, economisti, politologi e anche, con mia grande sorpresa, alcuni critici letterari si sono tutti dati alla concezione materialista. La storia più interessante prodotta attualmente in Europa e negli Stati Uniti è più “marxistica” che mai. Basta andare alle convention della American Social Science History Association, che io visito regolarmente da spettro. Lì si esamina attentamente l’interconnessione di strutture istituzionali e politiche e del mondo della produzione. Parlano tutti di classi, strutture, determinismo economico, rapporti di potere, oppressi e oppressori. E fanno tutti finta di avermi letto – un chiaro segno di successo».
Calma. Andiamo avanti. Devo chiederle questo: l’Unione Sovietica, i gulag, il terrore comunista.
«Me l’aspettavo. Devo ammettere di essere vanitoso come chiunque altro e che tutto questo culto della personalità e venerazione di Marx mi ha toccato. Mi solleticava il vedere la mia faccia sulle banconote della vecchia DDR e una Marxplatz in ogni città prussiana. Certo, grazie alle abilità di marketing di Engels, gli sforzi di Bernstein e di quel noiosone di Kautsky, subito dopo la mia morte divenni il grande guru del movimento socialista. Di conseguenza gli occidentalizzatori russi mi presero sul serio come l’elettricità. Così non mi sorpresi quando Lenin decise di trasformarmi nella Bibbia. Lenin era un politico intelligente con un buon istinto. Ma era anche un fondamentalista determinato a trovare nel mio lavoro la giustificazione per qualunque cosa volesse fare. Inventò il “marxismo” man mano che andava avanti. Questa detestabile abitudine, tipica delle religioni da tempo immemorabile, si sparse ovunque. Cominciai ad avere la sensazione che anche le mie liste della spesa fossero arruolate al servizio di questa o quella fazione del movimento. Prenda il concetto di “dittatura del proletariato”. Era una formula che avevo escogitato per suggerire, seguendo l’antico uso dei Romani, un governo eccezionale in tempo di crisi. Avrò usato quest’espressione non più di una decina di volte in vita mia. Non le sto a dire la sorpresa quando la vidi riemergere come idea centrale del marxismo, usata per giustificare il regime a partito unico. Che posso dire? E fui abbastanza sorpreso quando la prima cosiddetta rivoluzione socialista, tra tutti i popoli, avvenne in un Paese così profondamente primitivo e governato da slavi. Quello che stavano facendo i bolscevichi era compiere la rivoluzione borghese che la borghesia russa era troppo esigua e stupida per compiere. I comunisti usarono lo Stato per creare un sistema industriale moderno. Se questa è “dittatura del proletariato”…».
E a proposito dei suoi primi scritti sull’alienazione? I manoscritti del 1844 erano famosi negli anni Sessanta. Vi si vedeva un’attinenza col mondo contemporaneo.
«Sciocchezze. La ragione per cui non li pubblicai era perché erano sproloqui irrilevanti. È ovvio che l’intellighenzia piccolo borghese disillusa ci sarebbe andata a nozze. Sono una perdita di tempo».
Dunque non pensa che il suo rapporto con Hegel…
«Oddio, Hegel! Le dirò un segreto. Non ho mai veramente letto se non nel modo più superficiale, la
Fenomenologia dello spirito di Hegel o la sua Logica. La vita è troppo breve».
Che ne pensa del socialismo di oggi?
«È stato in coma per molto tempo. Ha raggiunto il suo scopo: civilizzare il capitalismo nella sua terra d’origine. Non gli si poteva chiedere di più. Adesso si sta estinguendo serenamente. Anche il comunismo è crollato, ora che ha raggiunto il suo, di scopo: la costruzione del capitalismo. Lo hanno capito bene in Cina, dove si giocherà il prossimo secolo. In Russia, dove stiamo assistendo alla transizione da lumpen- comunismo a lumpen-capitalismo, è un altro discorso. Ma cosa vuole mai costruire con i russi? Uno deve leggere i loro romanzi, ascoltare la loro musica, ma per quel che riguarda un’economia solida…».
E Blair, la terza via?
«Davvero devo esprimermi su gente del genere? Dire che la storia li dimenticherà è troppo. Non se ne accorgerà nemmeno. E questo mostra quanto siete scesi in basso. Ai miei tempi ce la vedevamo con Bismarck, Lincoln, Gladstone e Disraeli… Veri nemici ».
E l’America?
«Mi sono sempre piaciuti gli yankee: niente feudalesimo, niente tradizioni imbelli. Un sacco di ipocrisia e religione, certo. Ma escono in qualche modo più forti da ogni crisi capitalista. Un fantastico sistema di governo: democrazia truccata, elezioni truccate, sistema politico truccato, circondato da impostori e gretti avvocati. Questo consente al business di svolgere il proprio compito, comprare i candidati, una tangente qui, una tangente là. La gente non è coinvolta. La metà se ne frega di votare. Per l’altra metà la politica è un innocuo divertimento, come guardare Chi vuole essere milionario?».
E lei? Come passa il tempo?
«Io? Mi diverto. Con Friedrich giochiamo su internet. Lo sapeva che “Karl Marx” dà più di quattro milioni di risultati su Google? Abbiamo entrambi molti amici su Facebook e molti che ci seguono su Twitter».

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