Sulla protesta contro il “piano notte”

Pubblichiamo questo comunicato, ricevuto dai ragazzi e dalle ragazze che hanno organizzato la protesta di Venerdì sera contro il “piano notte” di Nardella. Di seguito anche il volantino distribuito dai compagni dell’Occupazione di via del Leone 60/62.

Da stanotte, 4 Aprile, entra in vigore il nuovo Patto per la Notte, una serie di misure legali, ci dicono, utili a garantire il sonno agli abitanti di questo rione.

Ma siamo sicuri che si tratti solo di questo?
Noi (studenti/esse, ragazzi/e, abitanti del quartiere, soggetti rei di viversi la piazza anche in ore notturne) vogliamo andare più a fondo sulla questione e dire la nostra, seppur mai interpellati ma sempre capri espiatori preferiti delle insaziabili penne  dei giornalisti. Innanzitutto il nostro essere qui oggi, compiendo un atto e provocatorio e di protesta (quale “bivaccare” allegramente come sempre abbiamo fatto nel giorno in cui si invoca il silenzio), non vuole essere l’ inizio dell’ ennesima guerra coi residenti ma, anzi, un tentativo di avvicinamento, smascherando l’ ipocrisia di certe scelte del Comune e invitando tutti/e a rifletterci, prima di attaccare a spada tratta una categoria, quella dei “giovani” attraverso una retorica vuota e ignorante che ci offende profondamente.
Partiamo proprio da Sant’ Ambrogio e Via de’ Macci: da inizio Settembre 2008 (da quando la piazza è stata pedonalizzata) il Comune ha cominciato a concedere sempre più licenze a ristoranti, pizzerie, lounge bar, mini market, localini e localazzi, facendo si che l’ afflusso di persone, nelle ore notturne, si moltiplicasse, creando un triangolo (Sant’ Ambrogio-Santa Croce- Piazza de’ Ciompi) che potremmo definire l’ Industria del divertimento. E tutti erano contenti: flussi ininterrotti di persone pronte a far girare l’ economia attraverso Negroni, Americani e Spritzettini.
-Spazio strappato dalla vita ai motori: «vecchi e giovani insieme: buona cosa», commenta Fabio Picchi, il patron del Teatro del sale e presidente cittadino di Confesercenti- ci ricorda un articolo di Repubblica Firenze datato 17 Settembre 2008. Intanto, nel resto del Centro Storico di Firenze si portava avanti una politica ostinatamente opposta: ripulire la città da ciò che non fossero vetrine, bar extralusso stracolmi di dehors e più in generale operare una gestione dello spazio pubblico adatta a una fruizione “mordi e fuggi” che di certo non guarda agli interessi dei residenti.
Poi qualcosa nel meccanismo si è rotto: da una parte la scarsezza dell’ offerta per la vita notturna fiorentina ha fatto si che sempre più ragazz* frequentassero questa zona, dall’ altra è arrivata ad essere tangibile la cosiddetta crisi. E quindi? Quindi sempre più persone, specie tra le più giovani, hanno cominciato a scegliere di ridare un valore allo spazio pubblico come spazio di interazione sociale, in quanto gratuito e a disposizione di tutti, spostandosi dalle poltroncine dei baretti ai sagrati delle chiese, dal Negroni alla Ceres portata da casa. Una brutta storia per il Comune ma facilmente prevedibile. Da qui le cose si sono evolute in modo  naturale: più giovani, più schiamazzi, meno turisti e, conseguentemente a ciò, una svalutazione del valore fondiario degli immobili. E le prime voci rabbiose di chi esaltava fino a qualche anno prima la composizione etereogenea nella fruizione del quartiere (come ad esempio il sopracitato Picchi e altri magnati della zona) non si sono fatte attendere.
Così, sera dopo sera, anno dopo anno, siamo arrivati ad oggi quando, in tempi di primarie e in vista delle elezioni, i poltronati di Palazzo Vecchio, accaparratori di voti, hanno deciso di ascoltare le intransigenti voci: anche quest’ ultima oasi del Centro destinata a finire in favore di turisti e spendaccioni; il resto tassativamente FUORI, e fuori attraverso la militarizzazione e lo sgombero coatto delle piazze. Certo, sicuramente una mossa politica. Chi se ne frega se queste vie sono percorse ogni sera da studenti e giovani: loro il voto non ce lo possono o vogliono dare (perchè magari fuori-sede e perchè l’ astensione giovanile è consciamente -o meno- alta). Ma a noi non sta bene. Non sta bene pur riconoscendo che, ad oggi, un problema di “movida”, in questa zona, c’ è ma non si è mai voluto affrontare con un tentativo di mediazione fra le parti (considerando le parti in questione i residenti e chi fruisce della zona la sera, per quanto le due possano pure coincidere). A pochi passi da qui esiste una piazza, Largo Annigoni, immensa(mente vuota) e relativamente spoglia di abitazioni, potenzialmente fruibile dal “popolo della notte” -e non solo- dove non c’ è nemmeno una panchina. Una piazza che il Comune preferisce “affittare” ogni poco per iniziative private piuttosto che renderla adatta a esigenze, a questo punto del discorso direi note e care a tutt*, pubbliche.
Poi c’ è il degrado: piscio e bottiglie vuote. Facile parlarne quando l’ unico bagno “pubblico” della zona è in Borgo S. Croce (dietro piazza Santa Croce) ed è oltretutto a pagamento e se, spesso, quando chiedi a un locale di usare il proprio bagno vieni guardato storto o dall’ alto al basso.
Insomma questioni da risolvere ci sono, e siamo i primi ad esserne consci, ma non è svuotando anche questa zona che le faremo risolvere. Non sarà un presidio fisso di Sorveglianza a farcene andare, non cederemo anche quest’ ultimo pezzo di centro per la sua mercificazione. Noi esistiamo e non è ignorando le nostre esigenze, le nostre posizioni, le nostre idee, che ci faranno scomparire.

IL PATTO ANTI-DEGRADO: UN ATTACCO A CHI VIVE I NOSTRI QUARTIERIviaLeone4-5-21-707x1024

Il tavolo per la sicurezza di Firenze a cui siedono il prefetto, il questore e vicesindaco, ha emanato questa settimana un ordinanza chiamata “patto antidegrado”. Un patto che servirebbe a trovare un accordo tra residenti, forze dell’ordine, amministrazione e attività commerciali. E che si prefiggerebbe lo scopo di “regolare” la movida del centro storico di Firenze e di sconfiggere il “degrado”. All’occupazione di via del Leone, che si trova nelle vicinanze delle piazze e dei luoghi colpiti da questo patto, abbiamo discusso su questo nuovo accordo che puzza di vecchio, puzza di proibizionismo e di repressione. Le righe che seguono riassumono quanto ci siamo detti.

Che cos’è questo “patto antidegrado”?

Il nuovo “patto antidegrado” stabilisce numerose restrizioni e provvedimenti che colpiranno i quartieri di Sant’Ambrogio e San Frediano. Ci sarà un drastico aumento dei controlli e della presenza delle forze di polizia nelle piazze e nelle strade. Questo avverrà, in particolare, attraverso l’aumento dei presidi permanenti delle forze di polizia e l’installazione di nuove telecamere (spesa prevista per città e provincia 200.000 euro di soldi regionali). Inoltre, sarà sviluppata una più stretta collaborazione con i vigilantes (trasformati in vere e propri spioni, a cui è ora chiesto di comunicare alla sbirraglia situazioni “sospette”) e addirittura con i parroci delle chiese presenti nel centro della città. Infine, i vigili aumenteranno i controlli sui minimarket per contrastare la vendita di alcolici al di fuori degli orari prestabiliti. Il comune dal canto proprio si prenderà la responsabilità di creare una ztl notturna più stringente con nuove porte telematiche attive per fasce orarie ulteriormente estese.

Come viene presentato dall’amministrazione?

Secondo Nardella questo patto dovrebbe regolare la “movida” nel centro storico e farla progressivamente slittare verso la periferia per garantire da una parte la vivibilità dei quartieri di Sant’Ambrogio e di San Frediano e dall’altra la possibilità per i locali di proseguire con i loro affari.

Che cosa realmente rappresenta e a chi serve il patto?

Questo patto è un attacco contro chi vive le strade dei nostri quartieri. Aldilà delle dichiarazioni retoriche di comune e prefetture, l’effetto principale del patto sarà l’ennesima avanzata verso la completa militarizzazione e il pieno controllo dei quartieri e delle piazze. Abbiamo imparato sulla nostra pelle che la presenza costante delle forze di polizia nelle strade e la continua videosorveglianza delle nostre vite ha come diretta conseguenza la criminalizzazione e persecuzione di chiunque è percepito come “deviato” e “incompatibile” con la città vetrina voluta dai poteri forti della città (come è avvenuto con la morte di Renato Magherini). Gli stessi poteri che da anni sono impegnati ad accrescere i propri profitti attraverso la rendita edilizia che sta causando il progressivo allontamento dei proletari dai quartieri di Sant’Ambrogio e San Frediano trasformati in divertifici notturni e quartieri vetrina di giorno a beneficio di soli turisti e ricconi (un fenomeno altrimenti chiamato, gentrificazione). Entrambi i quartieri infatti si vedono attualmente sottoposti a processi di “riqualificazione” dello stesso tipo sia nelle politiche antidegrado, sia nei piani speculativi. I progetti dei parcheggi di piazza del Carmine e Brunelleschi ne sono un chiaro esempio.

Qual è la città e il quartiere che vogliamo?

Autorganizzazione e solidarietà. La città che cerchiamo di costruire negli spazi occupati e nei percorsi di autogestione è fatta invece di quartieri in cui la solidarietà e l’autorganizzazione tra gli abitanti siano diffuse. In cui le nostre necessità primarie e il nostro bisogno di una vita dignitosa siano soddisfatti. In cui il nostro desiderio di condivisione, socialità e divertimento non sia più l’oggetto del profitto di chi ha le tasche già piene, ma sia invece valorizzato per il valore d’uso la sua utilità nel migliorare le nostre vite giorno dopo giorno.

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