regolamento urbanistico: la città che non ci piace

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo del nEXt Emerson sul nuovo Regolamento Urbanistico di Firenze:

Il 16 Aprile è stato pubblicato dal Comune di Firenze il nuovo Regolamento Urbanistico già adottato dal consiglio comunale a Marzo.

Non è l’approvazione definitiva.

La procedura prevede che entro un termine di 90 giorni dalla pubblicazione chiunque (cittadino,associazione, ente, ecc. ecc.) ha la facoltà di presentare le proprie osservazioni su qualsiasi indirizzo del Reg. Urb. sia dei carattere generale che particolare.

Scaduti i 90 giorni (24 luglio) l’Amministrazione comunale comincia la fase dell’istruttoria e delle eventuali controdeduzioni delle osservazioni a cui successivamente seguono modifiche e integrazioni per giungere alla presentazione del RU in consiglio comunale per la definitiva approvazione.

Non sono passaggi tecnici così come tecniche non lo sono le norme del regolamento urbanistico.

Il Regolamento urbanistico è la traduzione reale del piano strutturale già approvato dalla giunta Renzi ed è lo strumento attraverso il quale verrà disegnata la città nei prossimi anni.

Il materiale che lo compone vede una parte istruttoria che cerca di dare una fotografia della città ma soprattutto una seconda parte che da’ indicazioni ben precise delle trasformazioni che l’ Amministrazione intende operare nei prossimi venti anni e che ovviamente ricalcano fedelmente l’idea di città “renziana”.

Privatizzazione degli spazi pubblici rimasti, politica sulla casa mirata alla realizzazione di nuove abitazioni di lusso, utilizzo dei grandi contenitori vuoti per centri commerciali e direzionali, realizzazioni di grandi opere inutili, privilegio di destinazione per gli spazi medio-piccoli a parcheggi e infrastrutture gestionali a scapito del verde e dei servizi pubblici, reiterata conferma del Centro Storico non come spazio vitale e vivibile per i cittadini ma come città vetrina per turisti e residenze per ricchi.

Scelte ben precise e concrete che di fatto sanciscono la logica che individua la destinazione d’uso di un’area o qualsiasi altra trasformazione urbanistica non tanto rispetto ai bisogni di chi la città la vive nei quartieri e nei posti di lavoro quanto alla possibilità di profitto da parte dei padroni della città.

Un insieme di norme e indirizzi che in sostanza rinuncia del tutto a un’idea di città sostenibile, a misura d’uomo e si affida nell’individuazione delle funzioni delle aree dismesse alla compatibilità economica degli investimenti realizzati da privati, alla contrattazione con la proprietà immobiliare, quella più aggressiva e capace di imporre i propri interessi.

Una regolamentazione talmente pervasiva che arriva a quantificare in maniera precisa il regalo alle consorterie edilizie e immobiliari prevedendo di destinare a nuove residenze il 70% delle arre dismesse Tutto ciò nonostante la forte caduta della domanda di case sia per la crisi economica sia per la decrescita della popolazione comunale e aumentando così a dismisura cementificazione e bolla edilizia.

E, per continuare a parlare di cifre, sono 4 milioni in totale solo i metri quadri di suolo pubblico interessati da queste trasformazioni. Aree solitamente medio-piccole magari non appariscenti ma che sommate tra di loro significano una porzione di territorio comunale grande come San Frediano e Santo Spirito messi insieme. Nello stesso momento si privatizzano la grandi aree pubbliche come l’ex Meccanotessile, la Scuola per Ciechi e la Mercafir.

Lo stesso meccanismo della perequazione che regola il sitema dei “crediti edilizi” non è altro che un nuovo regola alle lobbies edilizie e della rendita fondiaria. Un criterio che permette ai proprietari di poter demolire tot volumi costruiti in una zona della città e trasferirgli in ultra zona. Qui siamo addirittura alla possibilità di sceglier come speculare meglio con la possibilità, ad esempio, di trasferire il “credito edilizio” edilizio derivante dall’abbattimento di un edificio non redditizio in una zona più prestigiosa della città o viceversa far “atterrare” il credito in aree verdi con conseguenti erosioni di aree verdi, agricole e collinari generando in sostanza consumo di suolo ed espansione dell’edificato

Si abbatte per ricostruire. Si inventa la favola dei “volumi zero” per nascondere quella che è la realtà: in una città satura di cemento l’abbattimento della struttura e la ricostruzione con destinazione diversa, seppur a volumi zero, è il modo migliore per assicurare il doppio business della distruzione e della ricostruzione così come per il ciclo dei rifiuti. Una sorta di “economia bellica” che oltretutto permette anche l’aumento del valore del suolo.

In questo contesto è significativa la destinazione d’uso di tre delle 15 ex-caserme (le rimanenti 12 sono arrivate dopo l’adozione e costituiranno un capitolo a parte) che già prefigurano le intenzioni della giunta rispetto a questi spazi.

Un regolamento che inciderà sulla nostra vita di tutti i giorni per i prossimi venti anni: decide dove costruire, cosa abbattere, dove fare parcheggi al posto di verde pubblico, dove allargare strade sventrando interi quartieri e via cementificando .

Talmente preciso nel suo tentativo di regolamentare ad uso e consumo dei poteri forti della città ed intervenire in ogni suo aspetto (la mole digitale è di 1,6 giga in pdf) da prefigurare anche le trasformazioni su aree già utilizzate in forma collettiva e autorganizzata o su cui si sono addensate lotte e rivendicazioni per trasformarle in luoghi pubblici e fruibili da tutti: ex-panificio militare, ex-meccanotessile, ex-cerdec, collegio alla querce, emerson, cpa …

Su tutte queste aree, cosi come sulle altre 220 nessuna indicazione di utilizzo sociale.

Crediamo quindi che il dibattito e la conseguente costruzione di iniziative per contrastare questo regolamento urbanistico (e il regolamento edilizio che lo completa) debba essere patrimonio di tutto il movimento in città.

Un dibattito non delegato alle singole realtà e/o specializzato solo su aspetti particolari ma ricondotto ad una discussione collettiva tra tutte le situazioni che si muovono sul territorio e nei quartieri, ad una produzione di saperi generalizzata e da non delegare agli esperti e finalizzata a mettere in campo iniziative concrete e che racchiuda anche l’idea forte che occorra per Firenze il passaggio dalla fase della costruzione a quella del recupero. Recupero che significa validità sociale ed economica del riutilizzo collettivo delle strutture e che sancisca la validità di un riutilizzo degli spazi così come già attuato nelle esperienze di occupazione di case e spazi e aree verdi autogestite

Abbiamo provato, quindi, ad individuare alcuni passaggi di un possibile percorso di lotta comune che rimettiamo alla discussione di tutte quelle situazioni cittadine che operano dal basso per una Firenze a misura d’uomo e non della merce:

- Introduzione della tematica e del nostro no al Regolamento Urbanistico fin dalle prossime iniziative di piazza.

- costruzioni di iniziative cittadine o di quartiere su singole aree di trasformazione

- costruzioni di iniziative di massa per contrastare l’approvazione

- Presentazioni delle osservazioni riguardanti il centro sociale e altre aree del quartiere in cui abbiamo sviluppato iniziative insieme a tutte le osservazioni di comitati e collettivi da presentare in forma pubblica e collettiva e mediante una iniziativa. Un insieme di osservazioni “partecipate” e collettive che acquistino una maggior sostanza e partecipazione altrimenti non possibile se presentate singolarmente

da http://nextemerson.noblogs.org/

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