Ridurre le spese militari per bombardare meglio: il decalogo del Pd è servito

Da due anni a questa parte ferve il dibattito sull’acquisto o meno degli aerei da guerra F35 prodotti dall’americana Lockheed Martin da parte dello Stato italiano.

I favorevoli all’acquisto parlano di impegni economici e trattati militari da rispettare, di ricadute positive occupazionali grazie alla collaborazione al progetto di costruzione e manutenzione degli aerei da parte di Finmeccanica e altri soggetti del Belpaese operanti nel settore della difesa, dell’acquisizione di know how in questo settore strategico da parte delle aziende italiane grazie alla collaborazione con gli statunitensi, infine nell’aumento di prestigio e importanza militare da parte della nazione italiana.

I detrattori del progetto parlano invece di spese inutili e immense per aerei che allo stato attuale fanno abbastanza schifo e si rompono in continuazione, non possono atterrare in climi caldo-umidi e pare che attirino i fulmini. Molti propongono di sostituire gli F35 con i Typhoon Eurofighter che, prodotti interamente da un consorzio di aziende europee, sembrano funzionare meglio, ma costano comunque un sacco di soldi (pare di più degli F35). E’ difficile farsi un’idea precisa dei costi: a seconda di chi scrive le cifre vengono gonfiate, calcolando anche il mantenimento degli aerei nel tempo, o ridotte, togliendo dal costo dell’aereo anche quello dei i motori o del sistema elettronico da combattimento senza il quale è impossibile utilizzarlo. Comunque si va da un minimo di circa 10 miliardi di euro (probabilmente per l’acquisto delle carene vuote) a un massimo di qualche centinaio di miliardi di euro per acquisto e mantenimento (in cui saranno forse inclusi anche i panini forniti agli aviatori in missione).

Le difficoltà economiche dello Stato italiano, dopo quasi sette anni di crisi economica, hanno portato alcuni esponenti della classe dirigente e molti cittadini a richiedere l’annullamento dell’ordinazione, come se una partita di 90 aerei da guerra fosse il motorino nuovo da comprare al figlio, ma facendo bene i conti ci si accorgesse di non poterselo permettere e si cancellasse l’ordine alla concessionaria di fiducia. L’acquisto di una flotta di aerei ultimo modello significa accordi internazionali, impegni militari e ambizioni imperialiste.

Elenco fornitori componenti del programma Eurofighter

In questo periodo di crisi economica l’Italia sta riducendo le spese su tutto, anche sul piano militare pur se in modo chiaramente relativo, ma l’accelerazione impressa da parte della borghesia europea all’eventuale formazione di un polo imperialista (l’UE, che di conseguenza dovrà dotarsi di un’unione politica effettiva, specie in politica estera) necessita di impegno da parte dei suoi componenti nel costituire l’esercito dell’Unione: maggiore sarà il contributo di ogni paese e più questo avrà potere e prestigio all’interno dell’UE. Dall’altra parte, il governo statunitense preme per un aumento dell’impegno militare dei paesi NATO: gli USA, in procinto di perdere l’egemonia mondiale con l’emergere dei cosiddetti BRICS, chiamano i paesi dell’UE a fare fronte comune, ostacolandone allo stesso tempo le velleità di potenza (in particolare verso la Germania) nel tentativo di mantenersi con ogni mezzo sul trono vacillante (vedi crisi in Ucraina).

Con l’eventuale, ma non scontata, formazione di un esercito europeo, come auspicato da Giorgio Napolitano tempo fa, saranno accontentati quasi tutti (eccezion fatta per quella parte di borghesia che non vede l’UE di buon occhio): chi vuole la “riduzione delle spese militari” in patria, come chi (leggi Partito Democratico) vuole “più Europa per competere”, linea ribadita di recente da Enrico Letta ad un’iniziativa dell’ISPI.

Per le classi subalterne poco importa da chi saranno comprati gli aerei da guerra, se dalle industrie belliche americane o europee, quale nazione abbia il predominio sul mondo e quanto il paese in cui vive sia uno “Stato guida” o no: le logiche del profitto, di sfruttamento degli uomini e di guerra rimarranno sempre le stesse che sia il capitale americano, cinese o russo a comandare sullo scacchiere mondiale; nessun blocco di interessi capitalistici è più buono degli altri e nessuno di essi regalerà niente, se non bisogni indotti di consumo, alle classi lavoratrici e subalterne.

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