Petrolio, il prezzo non è giusto: il barile costa sempre meno, ma non è una buona notizia

Da sola, l’Italia in 5 anni ha perso il 25% dei propri consumi petroliferi

[14 ottobre 2014]

Grande fermento nel mondo del petrolio: dopo cinque anni di prezzi relativamente stabili, il mitico “barile” sta scendendo da oltre i 100 dollari a sotto i 90, e la discesa sembra continuare. Cosa sta succedendo? Qualcuno ha trovato nuove grandi risorse? Oppure è l’Arabia Saudita che sta usando “l’arma del petrolio” per far cadere la Russia, l’erede del vecchio “impero del male” sovietico? In realtà, non è niente di tutto questo. Non ci sono grandi nuove scoperte e le armi petrolifere dell’Arabia Saudita sono molto più spuntate di quanto non si legga sui giornali. Ma allora, perché i prezzi si abbassano? Ci sono delle buone ragioni, ma bisogna spiegarle e, soprattutto, spiegare perché il probabile abbassamento dei prezzi petroliferi che ci aspetta NON sarebbe una cosa buona; anzi sarebbe un disastro planetario.

Il petrolio è una risorsa limitata, ma soggiace anch’esso alle leggi della domanda e dell’offerta, come tutto quello che si compra e si vende su questo pianeta e che si trova sotto il controllo di quell’entità che chiamiamo “il mercato”. Per il petrolio, ci sono due tendenze in contrasto. Una è il graduale esaurimento delle risorse cosiddette “convenzionali”; ovvero quel petrolio liquido che si estrae a costi relativamente bassi dai pozzi che lo contengono. L’altra è lo sviluppo del petrolio “non convenzionale”, ovvero liquidi combustibili che si ottengono, per esempio, trattando le sabbie bituminose, oppure biocombustibili, oppure il “petrolio di scisto”, quello che si ottiene mediante il “fracking.”

Lo sviluppo rapido e impetuoso della produzione di petrolio non convenzionale – soprattutto petrolio di scisto negli Stati Uniti – ha compensato fino ad oggi il declino mondiale nella produzione del petrolio convenzionale; anzi, ha creato un moderato eccesso di offerta. Allo stesso tempo, molte delle economie più importanti sono in recessione e stanno riducendo i consumi. L’Italia, per esempio, ha perso il 25% dei suoi consumi petroliferi negli ultimi cinque anni, e la discesa continua. Altre economie, come quella della Germania, sono in difficoltà, anche se non ancora in recessione. Questo causa una certa diminuzione della domanda.

Quindi, i due fattori – aumento dell’offerta e diminuzione della domanda – vanno nella stessa direzione: il mercato vuole che il prezzo del petrolio si abbassi (e in effetti si abbassa). Teniamo conto che questi fenomeni sono spesso fortemente influenzati dalla percezione degli operatori finanziari: se tutti pensano che il prezzo del petrolio debba calare, allora giocheranno al ribasso e questo farà calare sempre di più il prezzo. In pratica, rischiamo di vedere non soltanto un calo dei prezzi, ma addirittura un tracollo, come quello del 2008-2009.

Molta gente pensa che l’abbassamento dei prezzi del petrolio sia una cosa buona. In realtà, non è affatto così e se vedremo ripetersi lo scenario del 2008-2009, sarà un vero disastro (come già lo era stato allora). Il problema è che le risorse petrolifere non sono tutte uguali: produrre certi tipi di petrolio costa molto caro. Tirar fuori petrolio dalle sabbie o dagli scisti bituminosi, per esempio, costa più caro che tirarlo fuori dai pozzi tradizionali. Allora, cosa succede se i prezzi si abbassano? Beh, succede che estrarre e mettere sul mercato certi tipi di petrolio non è più conveniente. Ne consegue che non lo si produce più. Chi mai vorrebbe produrre in perdita?

In pratica, se i prezzi si abbassano, la produzione mondiale diminuisce: avete sentito parlare del “picco del petrolio”? Beh, è proprio questo: il “picco” non vuol dire che il petrolio finisce, assolutamente. Vuol dire semplicemente che non conviene più produrne tanto come se ne produceva prima – e quindi se ne produce di meno. Ed è esattamente quello che può succedere nel prossimo futuro. Il petrolio a oltre 100 dollari al barile consentiva all’industria di mantenere la produzione abbastanza costante – anzi, di aumentarla leggermente. Il petrolio a prezzi più bassi non lo consente più, e forza l’industria a ridurre la produzione. Questo porta, fra altre cose, alla chiusura di molte raffinerie, come sta accadendo qui in Italia.

Alla fine dei conti, il petrolio costerà di meno, ma sarà un’abbondanza soltanto apparente perché ma non avremo i soldi per pagarlo. Che ci volete fare? È il mercato! Ma, soprattutto, è la nostra insipienza a farci continuare a credere che il petrolio possa durare per sempre. Non può. Cominciamo a pensarci già ora.

Per approfondire: 

“Il crollo dei consumi petroliferi in Italia” http://ugobardi.blogspot.it/2014/01/laltro-lato-del-picco-il-collasso-del.html

“Le armi spuntate dell’Arabia Saudita contro la Russia” http://ugobardi.blogspot.it/2014/10/scatenare-larma-del-petrolio-contro-la.html

tratto da http://www.greenreport.it/

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