La dialettica democratica: bastone e carota
Scriveva Marx: «Il diritto non è che il riconoscimento ufficiale del fatto». E il fatto sta in questi asciutti termini: in democrazia come in regime dichiaratamente autoritario lo Stato difende gli interessi delle classi dominanti. Per conseguire questo legittimo obiettivo, il Moloch usa quei mezzi che nelle diverse circostanze meglio si prestano alla bisogna. Sotto questo aspetto, la facoltà concessa ai sudditi di scegliere l’albero politico-ideologico a cui impiccarsi, soprattutto durante la celebrazione della Sacra Messa Elettorale, e il ricorso alla repressione violenta dei movimenti sociali fanno capo a una sola logica: quella della difesa dello status quo sociale.
A proposito delle note manganellate democratiche di mercoledì scorso, ieri ho postato su Facebook le poche righe che seguono:
«Stefano Fassina, raffinato economista (si fa per ridere, per stemperare il clima) nonché piddino acerrimo avversario di Renzi: “Grandissima preoccupazione e solidarietà ai lavoratori che difendono non solo il loro posto di lavoro, ma un pezzo della manifattura italiana”. Anch’io ho molto a cuore le sorti della manifattura italiana, mi si creda sulla parola. Non sembra, eppure!
Maurizio Landini, segretario della Fiom e probabile prossimo leader della sinistra dura e pura: “Il Governo deve rispondere adesso. Siamo noi che paghiamo le tasse anche per quelli che sono là. Dica una parola il presidente del Consiglio, invece di fare slogan del c… Questo Paese esiste perché c’è gente che paga le tasse. Altro che palle, Leopolde e c…. varie. Basta slogan, hanno rotto le scatole. Che diano l’ordine di colpire chi c’è da colpire: in un Paese di ladri, di corruzione, se la vengono a prendere con noi”. Populismo sindacale?».
E per mettere in luce la dimensione internazionale dell’attacco alle condizioni di vita e di lavoro dei salariati riportavo una notizia apparsa su La Stampa di ieri: «Lo sciopero a staffetta dei macchinisti dei treni della Deutsche Bahn e dei piloti Lufthansa che sta esasperando la Germania da mesi non c’entra direttamente, perché il governo Merkel ter lo aveva messo nero su bianco nel contratto di coalizione e la cancelliera lo promette da anni, ma la recente paralisi dei trasporti ha contribuito ad accelerare la decisione. La socialdemocratica Andrea Nahles, ministra del Lavoro, ha presentato nei giorni scorsi una legge per limitare gli scioperi che dovrà essere approvata entro il 3 dicembre dal governo per approdare l’estate prossima al Bundestag». Seguiva il sarcastico quanto rozzo commento: «Della serie, anche in Germania la ministra prepara ai lavoratori una bella minestra».
Il tutto, sormontato da questo bizzarro titolo: Rottamati e mazziati (non solo dalla polizia)! Il senso delle parole racchiuse tra parentesi si spiega con il dibattito politico seguito alla violenza democratica sugli operai dell’Ast, a cominciare dalla cosiddetta Informativa urgente del ministro dell’Interno Angelino Alfano resa sempre ieri al Senato della Repubblica fondata sul lavoro salariato. Come hanno battuto tutte le agenzie del Paese, «Alfano ha sottolineato la sua solidarietà sia ai lavoratori che ai poliziotti feriti». Solidarietà ai manganellati e al manganello, in perfetto stile italico. «In uno Stato di diritto queste cose non devono accadere e la cosa non si ripeterà più». Non si dice sempre così, manganellate dopo manganellate?
«Dal Pd di palazzo Madama arriva un richiamo all’attenzione del ministro dell’Interno Angelino Alfano sulla “questione politica” delle “regole di ingaggio, delle direttive operative, delle istruzioni di servizio che il potere politico democratico impartisce a chi viene mandato in piazza a difendere l’ordine pubblico”. Lo sottolinea il presidente dei senatori dem Luigi Zanda, dopo l’informativa del titolare del Viminale sugli incidenti di ieri nella capitale in occasione della manifestazione degli operai dell’Ast. “La pace sociale e la legalità – afferma il capogruppo dei democratici – si difendono in piazza impegnando tutta la professionalità di cui le forze dell’ordine dispongono per contenere pacificamente, senza l’uso della forza, le dimostrazioni, le proteste e persino le intemperanze di quegli uomini e di quelle donne che dimostrano che questo è l’unico strumento che è loro rimasto per difendere il diritto a lavorare e, in definitiva, il pane quotidiano dei loro figli. In una democrazia avanzata come noi vogliamo sia la nostra i lavoratori che gridano per il posto di lavoro e gli uomini delle forze dell’ordine che difendono la legalità repubblicana non possono, non debbono, giungere mai allo scontro. Per questo serve responsabilità da parte di tutti, ma proprio tutti, i soggetti coinvolti» (Adnkronos).
Avete inteso? Bastone e carota, poliziotto cattivo e poliziotto buono, politico “reazionario” e politico “progressista”, lavoro sporco e lavoro pulito, manganellate e capro espiatorio di turno da sacrificare sull’altare dello Stato di diritto e della democrazia, violenza poliziesca e becero populismo, occhio pesto e volemose bene.
Ha poi un senso, che non sia quello ideologico teso a mistificare la realtà, contrapporre la violenza dello Stato allo Stato di diritto e alla democrazia? Ovviamente no. Per economia di pensiero (perché la ricerca del «pane quotidiano» incombe) mi permetto di citarmi:
«Il diritto equivale a forza, di più: il diritto è forza (materiale, politica, culturale, ideologica, psicologica, in una sola parola: sistemica). Scriveva Marx: “Gli economisti borghesi vedono soltanto che con la polizia moderna si può produrre meglio che, ad es., con il diritto del più forte. Essi dimenticano soltanto che anche il diritto del più forte è un diritto, e che il diritto del più forte continua a vivere sotto altra forma nel loro Stato di diritto” (Grundrisse). L’ideologia pattizia, che pone lo Stato (con tanto di spada sguainata per scoraggiare i nemici interni ed esterni della Civiltà) come supremo garante del Contratto sociale, cela la natura di classe dello Stato borghese. Sotto questo aspetto, la forma democratica dello Stato è quella che meglio si presta a mistificare la realtà del Dominio».
Altre manganellate democratiche: «Gli operai di Terni attendono i risultati della trattativa con dignitosa disperazione» (un giornalista televisivo). Dignitosa! «Il governo chieda scusa ai lavoratori» (Susanna Camusso). Qui è meglio non chiosare per non infrangere qualche norma del codice penale. Perché lo Stato sarà pure democratico e di diritto, ma (proprio per questo!) sa bene come difendersi.
Ma quando scopriremo che non c’è alcuna dignità nel lavoro venduto e acquistato come merce, e perciò sottoposto necessariamente alla logica del profitto?