Libera-teci dal supplizio della legalità a braccetto con MafiaCapitale!
Osservare per le strade di Bologna al corteo di Libera dall’ecumenico slogan “contro tutte le mafie” la presenza del ministro del Lavoro Poletti (quello del JobsAct, sì, l’ex presidente della Lega delle Cooperative, quello che l’Expo è un opportunità per aziende e giovani) è stato oggettivamente uno di quei momenti in cui tutto torna più chiaro, la lampadina si accende e il cerchio si chiude, mostrando perfettamente posizionamenti, strategie, ideologie e del sano e spontaneo disgusto.
L’uomo delle cene con Buzzi e Odevaine cosa c’entra con l’opposizione alle mafie che spadroneggiano nel nostro paese? E che belle le battutine tra lui e la Camusso che si incontano per caso nel corteo, così gioiosamente raccontate dalla stampa! E parallelamente, che bella la presenza del “coalizzatore sociale” Landini, del presidente del Senato Grasso che partecipano alla stessa marcia senza rilevare la problematicità di una presenza come quella!
La realtà ci offre l’ennesima riproposizione della pratica e dell’assunzione di un concetto di legalità di facciata, che guarda unicamente i pezzi di carta, che sfugge dall’aggiungervi affianco la parola giustizia, dal collocarla in un processo sociale con spinte e controspinte, per strumentalizzarla a propri fini politici. Una pratica calata sulle teste di decine di migliaia di persone sicuramente in buona fede contro la corruzione, la mafia e le ingiustizie sociali prodotte da queste, utili pedine di una mobilitazione di massa di cui si spera un giorno riusciranno a leggere la pelosità.
E’ stata riprodotta per l’ennesima volta in questa manifestazione cittadina – che, nei giorni di avvicinamento, sui giornali è stata trattata manco fosse una nuova Woodstock - la narrazione tossica che la lotta alle mafie possa essere condotta da quello stesso Stato che ne è causa storica di fondazione e radicamento, da quelle stesse istituzioni che si proclamano “capitali dell’antimafia” quando la ndrangheta in Emilia-Romagna spadroneggia come e quanto gli pare.
Si vuole costruire una giornata di ricordo e di memoria delle vittime innocenti delle mafie e lo si fa invitando personaggi come Poletti o come il Caselli persecutore accanito del movimento NoTav, emblema ventennale di opposizione reale alle grandi opere e agli interessi mafiosi di aziende come la CMC? A questo punto si poteva anche invitare Lupi che tanto la compagnia era quella giusta!
Fa ancora più disgusto poi vedere alcune parti che si definiscono di movimento attraversare una giornata di questo tipo, sfruttando la presenza di un forte sentimento giustizialista e forcaiolo da sempre radicato in città per provare a rianimare percorsi di lotta rivelatisi di forza nulla. Presenziare nello stesso corteo con i professionisti dell’antimafia e ministri mafiosi quale opportunità politica presenta, se non legittimare ancora una volta una delle dinamiche più insostenibili e dannose prodotte dalla nostra società civile sinistra più che di sinistra, incapace di sollevarsi allo stesso tempo nella lotta contro le grandi opere e lo sfruttamento strutturale di operai e operaie?
E’ importante ricordarsi che Libera firmò l’appello congiunto con CGIL e ARCI che, solidarizzando con la Granarolo, condannava la “violenza” messa in campo dalla lotta dei facchini. Difendeva quindi a spada tratta quella Granarolo che per trattare le sue commesse aveva scelto una di quelle coop contro le quali la CGIL ora raccoglie firme “contro gli appalti al ribasso che permettono infiltrazioni mafiose”.
Si parla della stessa CGIL che per anni ha garantito il funzionamento di un sistema come quello della logistica in cui la mafia ripulisce flussi di denaro sulla pelle dei facchini, che da anni agisce contro le reali lotte antimafia condotte negli scorsi anni proprio dai lavoratori che in tutta Italia denunciavano le condizioni schiavistiche a cui venivano sottoposti dall’intreccio tra istituzioni politiche, legislazioni compiacenti agli interessi delle aziende.
Lotte che portavano a minacce anche fisiche, con gomme di macchine tagliate, pestaggi mirati e intimidazioni ai lavoratori e ai sindacalisti. Dove erano rappresentate quelle lotte in questa sfilata? Ovviamente da nessuna parte, dato che si preferisce portare Poletti e sciogliersi nell’ennesima adunata oceanica, confezionata con tutti i rituali dell’adorazione massificata dei legality-boys venuti da tutto il globo terracqueo ad ascoltare estenuanti comizi di donCiotti e Landini. I don Camillo e Peppone 2.0 hanno costruito così l’annunciazione dell’ ascesa politica del secondo, ancora prima della prossima piazza romana del 28 marzo che dovrebbe incoronare la novella “coalizione sociale” dei sinistri Gattopardi della sinistra istituzionale del nostro paese.
Chissà con quali risultati per la scomparsa reale di una generica “mafia” che, più che un nome da fare seguire ad un no ogni 5 minuti, è quello stesso intreccio tra poteri finanziari, giudiziari, politici e imprenditoriali che partecipava in massa ad una marcia contro sé stesso.
Maria Meleti