#Marcia5Stelle e nuove forme di intervento sindacale

Ieri si è tenuta l’annunciata marcia del Movimento 5 Stelle per sostenere la proposta di legge sul reddito di cittadinanza. “Se non passa il reddito di cittadinanza saranno tutti responsabili non verso il M5S ma verso milioni di cittadini” ha detto Beppe Grillo all’inizio del corteo. E ancora: “Non è beneficenza, è un reddito per chi non ci arriva e per la dignità e i diritti delle persone. Abbiamo un sistema economico agonizzante, dobbiamo allargare e aiutare chi non ce la fa. Nessuno deve rimanere indietro”. Il serpentone di cittadini indignati ha percorso a piedi la ventina di chilometri che separa Perugia da Assisi, scandendo slogan contro la disonestà dei politici e rivendicando diritti e dignità.

Al di là del trionfalismo di Grillo che dal suo blog parla di 50.000 persone in marcia sotto la bandiera 5 Stelle, i punti su cui vogliamo riflettere sono almeno tre: 1) alle migliaia di persone che fisicamente hanno preso parte alla camminata si è sommato un notevole lavorio sul Web, sui blog di movimento e soprattutto sui social network, che ha reso possibile un feedback continuo tra strada e rete; 2) l’idea della #Marcia5Stelle si collega idealmente alle #MarchasDeLaDignidad degli spagnoli e si inserisce in un contesto globale di lotta contro l’austerità; 3) la richiesta di un reddito di cittadinanza pone all’ordine del giorno un tema esplosivo, quello della disoccupazione di massa e delle misure che i governi dovrebbero prendere per contrastare la miseria crescente.

Detto questo, i contenuti della manifestazione grillina hanno dei grossi limiti politici. Il reddito di cittadinanza viene richiesto sotto forma di provvedimento riformista per tutti i cittadini, e legato all’obbligo al lavoro: “È destinato a chi perde il lavoro, a chi non lo raggiunge. Sono 780 euro al mese, ma varia a secondo del numero dei componenti familiari. Penso a una coppia con figli, lei casalinga: gli si potrà garantire 1.200-1.300 euro. Nel frattempo chi ne usufruisce segue un percorso con lo Stato. Gli si offrono due-tre lavori, se non li accetta, perde il reddito.”

Al reddito di cittadinanza subordinato all’obbligo statale al lavoro di Grillo, noi preferiamo la parola d’ordine del salario ai disoccupati: un obiettivo di lotta dei soli proletari per i loro compagni che rimangono disoccupati. A cui si aggiunge un’altra rivendicazione fondamentale: la drastica riduzione dell’orario di lavoro, per trasformare sempre più tempo di lavoro in tempo di vita. Facciamo lavorare le macchine al posto nostro e godiamoci la vita, altro che obbligo fascista al lavoro!

I grillini hanno inoltre presentato l’elenco delle coperture e la spiegazione in dettaglio di ogni singola voce di taglio agli sprechi, per dimostrare la ragionevolezza della loro proposta di legge. Hanno applicato un criterio ragionieristico tutto interno alle logiche delle compatibilità capitalistiche e della salvaguardia dell’economia nazionale. Comunque, non possiamo pretendere che i grillini siano altra cosa rispetto a quello che sono: un movimento politico interclassista.

Resta il fatto che il tema del salario/reddito/sussidio per chi resta senza lavoro sta cominciando a porsi (più o meno confusamente) in tutto il mondo. Negli Stati Uniti è stata lanciata dai sindacati e dai movimenti la campagna per il #LivingWage, che coinvolge lavoratori di diverse categorie, comunità di quartiere, precari e disoccupati.

Anche la Cgil cerca strategie nuove e inclusive per rappresentare un mondo del lavoro sempre più lontano dai contesti in cui tradizionalmente il sindacato si è trovato ad agire. Sul portale Rassegna.it è stato pubblicato un curioso articolo di Stefano Iucci, Prove per un sindacato di frontiera, in cui si raccontano storie di un mondo della rappresentanza in continuo mutamento e in cui nulla va dato per scontato. Bene, cosa c’è di meglio per rivitalizzare un sindacato in crisi se non una campagna straordinaria per il salario ai disoccupati e la drastica riduzione dell’orario di lavoro?

da http://www.chicago86.org/index.php

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