Draghi: consigli per un nuovo crimine sociale

È esperto di consigli il governatore della banca centrale europea. Nel 2011 firmò insieme a Trichet la celeberrima missiva segreta dell’estate destinata ad un Berlusconi ormai inservibile agli interessi del grande capitale finanziario che di lì a breve sarebbe stato scalzato per lasciare il posto ad un governo “tecnico” capeggiato da Mario Monti. I consigli, ovvero le disposizioni che il direttivo della Bce nella seduta del 4 agosto impartì all’Italia, erano perentorie e brutali: privatizzazioni,libertà di licenziamento,tagli alle pensioni,eliminazione province e supremazia della contrattazione aziendale allo scopo di ritagliare salari e normativa sulle condizioni dell’impresa. Nel corso di questi ultimi 4 anni tutta l’azione dei governi da Monti in poi ha quasi del tutto applicato le disposizioni della Bce. Le pensioni da lavoro sono state cancellate dalla legge Fornero, così come ogni tutela dal licenziamento è stata spazzata via dal Jobs Act, il processo di privatizzazioni prosegue anche se a rilento, le province sono state abolite, il pareggio di bilancio è obbligo in Costituzione. Restano due questioni inevase: la riduzione degli stipendi dei dipendenti pubblici e la derogabilita’ dei salari nazionali a livello aziendale.

I salari dei dipendenti pubblici sono al palo da anni in virtù del blocco della contrattazione nazionale e sebbene non si possa parlare di riduzione nominale certamente si può parlare di riduzione sostanziale del loro valore. La seconda questione è più complessa. L’accordo del 28 giugno 2011 che introduceva per la prima volta nella storia repubblicana la possibilità di derogare dalla contrattazione nazionale a livello aziendale fu giudicato nella lettera di Draghi un primo importante passo. Cgil Cisl Uil, anch’esse smaniose di rispondere ai dettami della Bce rafforzarono successivamente il regime della derogabilita’ attraverso l’intesa del 31 maggio 2013 per poi giungere, nel gennaio del 2014, al firma del Testo Unico sulla rappresentanza , a sistematizzare il nuovo modello dell’austerità sul versante contrattuale. Tuttavia i minimi salariali fissati dai contratti nazionali restarono fuori dalle materie derogabili per la semplice ragione che la loro inviolabilità rappresentava il senso residuo del contratto nazionale e dell’esistenza stessa delle organizzazioni nazionali di rappresentanza. Inoltre a livello aziendale la riduzione del costo del lavoro, almeno nelle grandi aziende, si può operare sulla contrattazione aziendale senza intaccare i minimi salariali dei Ccnl. Draghi nei giorni scorsi ha nuovamente consigliato di superare i contratti nazionali per liberare la contrattazione aziendale da ogni vincolo che non sia legato alle esigenze specifiche delle imprese. Eppure Draghi sa bene dei “progressi” del sistema della derogabilita’ nel nostro paese tra Testo unico e art.8 della legge Sacconi nr 138, che autorizza ogni tipo di deroga al contratto ed alla legge. Sa bene che la contrattazione di restituzione è sempre più praticata sotto la spinta incessante della cosiddetta crisi. L’Italia è ormai un paese le cui fondamenta del modello sociale sono state ampiamente smantellate. La flessibilità del lavoro in entrata e uscita è pressoché totale e i contratti nazionali sono ormai orpelli vuoti. Cosa spinge quindi Draghi a chiedere una nuova innovazione al sistema? Il suo ennesimo “consiglio” giunge proprio, guarda caso, alla vigilia dell’assemblea nazionale della Confindustria che il prossimo 28 maggio dichiarerà il de profundis del contratto nazionale proponendo una moratoria di un anno per una nuova riforma del modello contrattuale. I padroni scelgono proprio l’Expo di Milano, laboratorio del primo accordo sindacale che fa molto di più che ridurre i minimi salariali semplicemente non li applica facendo lavorare gratis, per la loro convention. Nei giorni scorsi è stato varato, dopo essere stato illustrato da Marchionne alla sua sudditanza sindacale, il nuovo modello per i dipendenti Fca. Congelamento del salario strutturale e salario variabile conseguito sulle performances di stabilimento e individuali. Non bisogna dimenticare che in Fca grazie all’uscita del 2010 da Confindustria esiste un solo livello contrattuale. Sulla stessa lunghezza d’onda il governo Renzi si appresta a varare nuovi decreti applicativi della legge delega Jobs Act ed a intervenire sul diritto di sciopero. Verrà introdotto il salario minimo orario, insieme alla libertà assoluta di spionaggio del dipendente, per coloro non coperti da contratto nazionale, cioè per nessuno al momento. Ma, appunto, solo al momento. L’insieme di questi eventi è costruito per imporre la resa sindacale al modello della totale variabilità del salario e della prestazione lavorativa. Non è più sufficiente il processo di progressiva spoliazione di diritti e salario, bisogna assestare il colpo definitivo al modello cancellando ogni elemento di unità e solidarietà della classe a partire dai minimi tabellari destinati a saltare. Costoro, per fare dell’Italia un paese Low Cost, pretendono la massima diversificazione salariale e la massima variabilità del salario. La lunga lotta del movimento operaio per emanciparsi dal modello corporativo fascista dopo la guerra di liberazione riusci a far saltare le gabbie salariali e la paga di posto, cancellando cosi le innumerevoli differenziazioni salariali che attraversavano le aziende e il paese. Ora pretendono di ritornare indietro ma non più in un meccanismo, per quanto profondamente ingiusto, di regolazione delle disparità come era quello delle gabbie salariali, quanto invece per un modello che fa di ogni azienda una zona franca, delle maquiladoras entro le quali si stabiliscono orari, paghe, ferie. I contratti nazionali e soprattutto i minimi tabellari uguali per categoria e settore in tutto il paese hanno impedito che la ricerca del massimo profitto si scaricasse sui lavoratori. Cancellare ogni limite alla compressione di salari e diritti significa introdurre il modello della barbarie assoluta, un atto violento sulla vita di milioni di lavoratrici e lavoratori. Draghi,Marchionne e Squinzi hanno messo sul tavolo il loro disegno criminale. Cisl e Uil hanno accettato le disposizioni Marchionne ed è facile immaginare che si “piegheranno” facilmente. La Cgil tace, in un silenzio sempre più assordante che prelude ad un nuovo tonfo dopo la schiaffone subito con il Jobs Act. La partita deve riaprirsi. Dobbiamo e possiamo impedire che l’ennesimo crimine passi senza opposizione sociale.

Sergio Bellavita

[tratto da http://sindacatounaltracosa.org]

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