L’ondata di immigrazione figlia dell’imperialismo italiano

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La genesi dell’attuale crisi libica mostra il legame diretto tra le dinamiche imperialiste, che sono economico-finanziarie prima ancora che politiche, ed i flussi migratori, che peraltro risultano entrambi funzionali alle logiche del capitalismo e della borghesia. Questa analisi è ormai del tutto assente dai media e dal dibattito pubblico in Italia, nonostante la questione immigrazione sia un tema politico tra i più dibattuti e strumentalizzati a fini di consenso e nonostante l’Italia e la sua borghesia, partendo dalle poche grandi imprese multinazionali nostrane, sia pienamente coinvolta e protagonista di questi fenomeni.

di Alessandro Pascale, da http://www.lacittafutura.it/

Imperialismo è una parola dimenticata, e non a caso, nella nostra società. I residuali (quanto meno in Italia) commentatori che la utilizzano non mancano invece di abusare spesso e volentieri del termine. Spesso infatti si tende a definire il concetto secondo il canone borghese di interventismo militare ed esplicitamente coloniale, trascurando invece la definizione marxista che lo vede come un fenomeno anzitutto economico-finanziario.

Non c’è dubbio d’altronde che spesso i due fenomeni siano collegati e vadano di pari passo: dalle mire espansionistiche sui “mercati” il passo verso un intervento armato e politico ai danni di un paese sovrano è spesso breve. È stato questo il caso del ruolo imperialista verso la Libia di Gheddafi, e, in tempi più recenti, verso la Siria e l’Ucraina. I cittadini italiani restano spesso indifferenti e ignavi di quel che accade nel mondo. Lontana la colossale manifestazione di Roma del 2003 contro l’intervento militare in Iraq.

E’ invece fondamentale far riemergere questo tema, non sempre così evidente per le massi popolari: la politica estera, quel che accade nel mondo, compresi i nostri interventi economici, finanziari, commerciali, militari, politici, hanno conseguenze sul lungo termine che influenzano e talvolta determinano non solo le società altrui ma anche la nostra. Per qualcuno sarà una banalità, ma in tempi in cui l’informazione che passa in Italia sulle questioni estere è assai ristretta, blindata e parziale (“embedded”) è probabile che questo assioma non sia più così lampante per milioni di persone.

Ad esempio oggi in Italia uno dei temi più discussi e che riscuote maggiore attenzione è la questione dell’immigrazione. Ma da dove vengono i migranti? In buona misura dagli scenari devastati della Siria e della Libia; non mancano però emigranti da altri paesi altrettanto devastati socialmente, nonostante non siano stati distrutti dalle bombe, ma dagli investimenti finanziari occidentali. L’intero Occidente ha responsabilità enormi non solo per il suo retaggio coloniale, che pure è decisivo per capire l’attuale sottosviluppo del continente africano, ma anche per la sua presenza attiva “neo-coloniale” che permane tuttora. Si potrebbero fare tanti esempi, dato che negli ultimi anni anche l’attivismo italiano, oltre più in generale a quello europeo, si è risvegliato notevolmente.

Basterà un nome su tutti: Impregilo. Il colosso dell’edilizia, passato alle cronache per le vicende del L’Aquila e per la questione TAV (1) oggi si è rifatto il look, si chiama Salini Impregilo e porta avanti progetti per oltre 8 miliardi in 8 Paesi africani (2). Tra questi c’è la diga idroelettrica Gibe III sul fiume Omo, in Etiopia, per la cui costruzione centinaia di persone sono state uccise, violentate e torturate per essersi opposte ad un’opera che, secondo alcune ONG, comprometterà la sicurezza alimentare di almeno 100.000 persone (3). Forse quelle stesse che ritroviamo sulle spiagge di Lampedusa?

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E chi ha creato il caos in Libia, spaccando un paese che sotto la guida di Gheddafi era comunque il secondo stato più ricco dell’Africa (4)? Italia, Francia, Inghilterra, USA, ecc… Ossia coloro che avevano più interesse a mettere le mani su petrolio e gas libico a prezzo “calmierato” (5).

Gli straordinari flussi migratori attuali sono in misura determinante figli dell’accondiscendenza italiana alle politiche imperialiste degli USA e delle altre potenze europee. Ma anche alle proprie, perché l’ENI – segnalata per le sue scorrerie anche in Nigeria, Angola, Congo e Sudan (6) – in Libia oggi gestisce circa un terzo di tutta la produzione di gas e petrolio, mentre prima della guerra del 2011 si parlava di meno di un quinto della produzione totale (7). L’ENI insomma ha guadagnato notevolmente dalla partecipazione bellica italiana alla guerra libica. Il prezzo di questa conquista è stato un paese distrutto che dal 2011 somma decine di migliaia di morti senza contare gli sfollati, feriti e poveri. Il che causa necessariamente un aumento del flusso migratorio.
Ebbene sì: la causa primaria dell’immigrazione sono le politiche imperialiste, come peraltro Lenin stesso ci ricordava già un secolo fa (8). Il che non è poi in fondo per la borghesia qualcosa di così dannoso, dato che permette di avere ampia manodopera a basso costo da poter sfruttare a proprio piacimento, andando a creare quel prezioso esercito di riserva (9) cui si attinge ad esempio per raccogliere i pomodori lordi del sangue di lavoratori pagati 2-3 euro l’ora in condizioni di sostanziale schiavitù (10).

Ma questo gli italiani non lo sanno o non lo vogliono sapere. Vedono

il problema, ma non la causa. Sarebbe in effetti questo il compito dei comunisti, che non dovrebbero limitarsi ad invocare solo interventi “umanitari”, ma denunciare quotidianamente il nesso tra imperialismo e immigrazione.

Il rischio nel trattare la questione meramente sul piano umanitario è infatti di dare la sponda a chi (11) vorrebbe spacciare come un atto di lotta contro il terrorismo e tutela delle migliaia di profughi, l’ennesima guerra imperialista tesa a riprendere un vero e proprio controllo coloniale della Libia.

Note

1) Per chi avesse bisogno di rinfrescarsi la memoria:

https://fredfire.wordpress.com/2012/05/10/il-silenzio-della-stampa-sullimpregilo-s-p-a-dallaquila-alla-tav-gli-affari-dellimpresa-di-cesare-romiti/

2) http://www.themeditelegraph.it/it/markets/finance-and-politics/2014/09/29/aziende-europee-alla-conquista-dell-africa-inchiesta-tTRq1qa3iTUXYQt2CczPRO/index.html

3) http://frontierenews.it/2013/01/etiopia-il-massacro-dei-contadini-contro-la-diga-delle-multinazionali-italiane/

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