I tirocini e l’abbassamento del costo del lavoro: il modello toscano

Un interessante approfondimento da Clashcityworkers.org

Ci hanno parlato di “flessibilità in entrata”, della necessità di rendere più facili i licenziamenti (art.18) in cambio di maggiori garanzie nei contratti d’inserimento; ci hanno parlato di “congrua indennità” dei tirocini, ci hanno promesso un contratto unico, ci hanno detto che l’apprendistato sarà la porta d’ingresso principale al mondo del lavoro.

Ci hanno messo anche Fiorello per provare a convincerci!

Abbiamo già provato a sintetizzare la Riforma Fornero in 4 mosse, qui vogliamo dare un contributo per approfondire e sviscerare il ruolo del tirocinio formativo (curriculare e extracurriculare) e capire come questo strumento incida negativamente sulle condizioni di lavoro non solo dei giovani neolaureati e degli studenti, bensì su quelle complessive di tutti i lavoratori. Proviamo dunque a svelare le menzogne della propaganda governativa e del falsificato dibattito proposto dai media e a rompere le barriere generazionali e/contrattuali.


Sui tirocini extracurriculari: le linee guida sulla “congrua indennità”

Il “long life learning” previsto dai trattati europei costituisce il retroterra ideologico per l’estensione del tirocinio all’intera vita lavorativa, ed in particolare ai periodi di disoccupazione che tutti prima o poi dovremo affrontare…continuando a lavorare gratis! Proprio quello che succede nel 52,4% dei casi. Stando ai dati presentati da Isfol, questa sarebbe la percentuale di stage non retribuiti.

I tirocini peraltro di formativo poco o nulla. Ciò d’altronde ha poca importanza dal momento che gli stagisti svolgono mansioni strutturali all’attività della azienda/ente di turno, che se non avesse a disposizione queste “scorte”, per mantenere lo stesso livello di produzione/erogazione di servizi…dovrebbe assumere!

Ma perché assumere se c’è la possibilità di impiegare lavoratori a costo zero con un ricambio continuo?

Ieri, giovedì 24 gennaio, la Conferenza Stato – Regioni ha prodotto le linee guida sui tirocini.

I giornali hanno fatto presto ad intitolare “mai più stage gratis”. È vero, la riforma Fornero prevede che la Conferenza Stato – Regioni debba “definire delle linee guida condivise”, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge. Tali linee guida dovranno disciplinare i tirocini formativi e stabilire il “riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfetaria, in relazione alla prestazione svolta” (art. 1, comma 34). Da qui l’ovazione dei giornali.

Tuttavia tra “l’obbligo di retribuire il tirocinio” e “la definizione di linee guida per una congrua indennità” c’è di mezzo il mare!

Per almeno tre ragioni:

  1. La Corte Costituzionale ha da poco ribadito che la materia (disciplina dei tirocini formativi) è di competenza esclusiva delle Regioni (sentenza 287 dell’11 dicembre 2012), pertanto non possono esserci obblighi imposti dal legislatore nazionale. La Riforma Fornero infatti non prevede nessun obbligo di retribuzione; né tanto meno possono considerarsi vincolanti le linee guida della Conferenza Stato Regioni che “non hanno forza di legge” tanto che non è prevista alcuna sanzione nel caso in cui le Regioni non si dovessero allineare ad esse.

  2. C’è già chi preme per inibire qualsiasi iniziativa regionale verso qualsivoglia forma di retribuzione agli stagisti, tanto nel pubblico quanto nel privato: i padroni blindano la questione. La Crui (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) ha dichiarato (settembre 2012) che se fosse imposto l’obbligo di retribuzione le Università sarebbero costrette a sospendere i tirocini, per mancanza di fondi, e ha esplicitamente richiesto di prevedere delle ulteriori eccezioni (oltre ai tirocini curriculari), per escludere dall’obbligo anche i tirocini nelle PA! Se questo è il Pubblico, figuriamoci il privato! Il gruppo Telecom ha già tuonato: tramite il Sole24Ore, ci ha fatto sapere che sono sospesi gli stage “sino a che le disposizioni regionali non faranno chiarezza”..

  3. Nelle linee guida è definita la congrua indennità; ci sono voluti mesi di discussioni, per arrivare a dire che l’importo forfettario dovrebbe essere (a discrezione della normativa regionale) tra i 300/400 euro! A coordinare tale Conferenza è stato l’assessore Simoncini e dalle notizie che leggiamo sul web sarebbe il modello toscano a prevalere a livello nazionale. A quanto pare queste linee guida (non vincolanti) hanno preso come riferimento la normativa toscana in materia (L.r 32/2002 e successive modificazioni), che diviene così un modello a livello nazionale.Bene, tiriamo un sospiro di sollievo: la Toscana è rossa, da sempre attenta al sociale.. Ne siamo sicuri??!!

    Modello toscano: GiovaniSì? Sì ma sfruttati tutti!

    In Toscana i tirocini devono essere retribuiti con almeno 500 euro al mese lordi. Nota bene: sono esclusi i tirocini curriculari, che restano gratuiti (vedi sotto). Di questi 500 euro, 300 sono a carico della Regione, fino ad esaurimento fondi, e a condizione che il “soggetto ospitante” (ora i padroni vengono chiamati così) rispetti dei vincoli previsti dal regolamento attuativo (sul rapporto tirocinanti/lavoratori a tempo indeterminato).

    Eppure, ascoltando le “voci” dei tanti stagisti toscani, sembra ci sia un apprezzamento unanime verso tale misura, poichè un’entrata mensile, seppur esigua, è comunque “meglio di niente”. E invece noi (i soliti rompipalle?) pensiamo non solo che sia una misura insufficiente, ma che è profondamente ingiusta perché avvantaggia solo le imprese/enti e contribuisce ad abbassare complessivamente il costo del lavoro.

    Perché?

    Innanzitutto, cosa non da poco, è una somma insufficiente per campare, dal momento che il netto a fine mese è di 400 euro e pochi spiccioli. Non è detto che l’ente/azienda paghi a fine mese, ma può pagare anche a fine tirocinio, in attesa che arrivi il finanziamento dalla Regione (che viene erogato al 7° mese), mentre l’obbligo di presenza per il tirocinante è molto rigido (almeno il 70% delle ore, pena la revoca della retribuzione). Sull’orario di lavoro la normativa non dice nulla, quindi se il tirocinante non riesce a difendersi e porre limiti alle richieste (facendosi condizionare anche dal ricatto/speranza di essere assunto a fine stage), rischia di dover svolgere un full-time per i suoi 400 spiccioli. In più non si può dimenticare come queste risorse regionali per i tirocini costituiscano un altro regalo alle imprese/enti e rappresentano un trasferimento di fondi pubblici, presi dalla contribuzione generale. Non dobbiamo commettere l’errore di accontentarci (abituandoci male e competendo a ribasso sulla nostra pelle) e guardare solo al nostro portafogli. Uno: senza il welfare familiare 400 euro ci basterebbero? Due: è giusto pensare solo ai giovani come se fossero separati da tutto il resto, insomma come se esistesse una “Repubblica degli stagisti”? Il fatto che un’ente/azienda per uno stagista (full-time) possa pagare solo 200 euro mensili (sborsandoli magari a fine stage) peggiora le condizioni di lavoro per tutta la classe lavoratrice, perché crea un meccanismo di ricambio continuo di forza-lavoro che non offre basi per alcun avanzamento collettivo; un meccanismo in cui i lavoratori, sullo stesso posto di lavoro, hanno situazioni contrattuali differenti (tirocinanti/strutturati) e in cui i tirocinanti sono spinti alla concorrenza reciproca per una promessa d’assunzione a fine stage.

    Sui tirocini curricolari

    Il tirocinio curricolare viene presentato attualmente agli studenti come un inevitabile ed imperdibile “esperienza d’apprendimento” “capace”, almeno secondo quanto promesso dalla propaganda di Ateneo, di fornire al neo-laureato un ottimo biglietto da visita per accedere al mondo del lavoro.

    Un po di storia…

    Il tirocinio o “stage” formativo curricolare è presente da tempo, sia a titolo facoltativo che obbligatorio,  nei piani di studio di molti corsi di laurea (soprattutto quelli scientifici e tecnici che vedono nel tirocinio il momento dell’apprendimento delle competenze tecniche professionali).

    “Sfortunatamente” era stato snobbato da molti studenti inquadrati dalla riforma Zecchino del 1999, che ancora non ne sanciva l’obbligatorietà: questi “choosy” proprio non volevano lavorare gratis!!!!

    “Fortunatamente”, però, nel 2004 la ministra Moratti attraverso il suo decreto (applicato dal ministro Mussi) ha provveduto a questa “fannulloneria”: il tirocinio formativo curricolare è divenuto obbligatorio per tutti.

    Baroni, presidi e rettori si sono infine affannati, in tumultuose riunioni, nel tappare le falle che le nuove disposizioni aprivano in continuazione: mancanza di professori strutturati, troppi docenti a contratto, quanti crediti per quell’esame, quanti crediti per quel tirocinio,quanti per questo, e ci serve l’ufficio stage, e ‘un ci serve…

    con la netta consapevolezza che i vincitori di questa gara di contabilità e di ragioneria avrebbero ottenuto qualche “sconticino” dal ministero.

    Cotanta efficienza riformistica bipartisan si dispiegava nella primavera-estate del 2007.

    Perchè e a chi serve il tirocinio curricolare?

    Il tirocinio curricolare ed extracuricolare è regolamentato a partire dal 1997 (governo Prodi), ma un po’ stranamente non si trova nelle leggi sulla Scuola o sull’Università, fino al 2008 almeno.

    Lo si incontra tra le tante forme contrattuali atipiche, ma attenzione, esso NON costituisce rapporto di lavoro.

    In questo quadro il padrone non può retribuire, può al massimo decidere di accordare al tirocinante un rimborso spese, cosa che avviene raramente.

    D’altronde, perché pagare uno studente? Lo stesso regolamento parla di “alternanza studio-lavoro” e di “conoscenza diretta del mondo del lavoro”, per le quali lo studente NON ha giustamente diritto a nessuna retribuzione, né tantomeno a nessuna garanzia di assunzione futura, anzi, egli deve pagare le tasse universitarie: sta “effettivamente” apprendendo!

    Questo tirocinio obbligatorio è effettivamente formativo?

    Scuole ed Università si sono dotate celermente di appositi istituti ed uffici: l’orientamento lavoro per le une, il tutoraggio e gli “uffici stage” per le altre, incassando la protesta delle agenzie interinali che hanno giustamente espresso delle lamentele nei confronti di questa sleale forma di concorrenza. Ma d’altronde” steigg” fa rima (o dovrebbe) con formazione!

    Questa fantastica forma di “formazione” si estende a macchia d’olio oltre l’Università (tirocinio extra-curriculare) e nella scuola, avendo l’ultimo governo Berlusconi aperto la possibilità di passare l’ultimo anno di scuola a lavorare…gratis!

    Non è un caso che tante aziende assumano (cioè accolgano) solo stagisti, per lavori di bassa manovalanza. Basta farsi un giro sul sito dell’Ateneo fiorentino e ,inserendo matricola, password e il proprio profilo professionale/formativo (una sorta di Curriculum Vitae da compilare on line), si scoprirà come e a chi viene effettivamente conferito il sacrosanto diritto all’assunzione. La maggior parte degli stage, come esperienza “formativa” curricolare, sono ovviamente “affidati” a soggetti ed imprese private, ma non mancano anche grandi nomi di laboratori universitari, gruppi di ricerca accademici e aziende ospedaliero/universitarie.

    Il tirocinio curricolare si configura in generale come una vera e propria forma contrattuale di lavoro gratuito, ma anche come una “boccata d’aria risanatrice” dei buchi di bilancio e delle carenze di personale nelle strutture di servizio pubblico (in particolare nei servizi sanitari, ospedalieri e sociali), come ci insegnano d’altronde gli studenti di infermieristica fiorentini.

    Resta da chiedersi se il tirocinio a queste condizioni sia veramente un’offerta formativa. In pratica si viene buttati nella mischia delle realtà lavorative, accademiche o meno, in cui l’unica cosa che importa è stare li a fare il lavoro di chi in un tempo lontano era pagato per farlo, senza alcuna garanzia di assunzioni future: bisogna tappare i buchi non importa se si apprendarealmente qualcosa.

    Non si vuole criticare l’approccio pratico alla materia di studio. Sappiamo bene che molti studenti vedono nel tirocinio la possibilità di “applicare” quello che hanno imparato tra i banchi o sui libri; è sacrosanta la possibilità di approfondire e poter accedere alle strutture e alle conoscenza tecniche per poter sviluppare autonomamente ricerca e avanzamento tecnologico, ma siamo ben consci che ciò, nel sistema attuale del “tirocinio-schiavitu’” non è facile che avvenga.

    Se si considerano poi i tirocini effettuati presso strutture ospedaliero/universitarie e di ricerca medico/farmaceutica, che devono necessariamente fornire agli studenti le capacità tecniche per poter, ad esempio, assistere pazienti senza commettere errori anche letali, o sviluppare liberamente ricerca di base in campi medici e tecnologici, si presenta sempre lo stesso quesito: la natura di questo apprendimento è neutrale? Può un sistema formativo co-finanziato dalle imprese, rivolto sempre più al mercato ed al settore militare, produrre conoscenze utili ai bisogni reali del genere umano?

    O piuttosto durante il tirocinio noi apprendiamo e mettiamo in pratica quelle mansioni, specialistiche o meno, funzionali alla valorizzazione del Capitale, cioè al profitto?

    In conclusione, a noi il tirocinio formativo obbligatorio e non retribuito non piace. L’apprendimento pratico,pure necessario, non può diventare una forma di sfruttamento, né tantomeno un esercizio acritico delle proprie conoscenza specifiche a fini “antisociali”.

    La battaglia per la sua abolizione (e non per la sua parziale remunerazione) è fondamentale, tanto per il movimento dei lavoratori, quanto per quello studentesco, potendo costituire un formidabile trait d’union tra chi continua purtroppo a pagare la crisi.

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