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pubblicato il 10.03.07
Ragazze in guerra, sessant'anni dopo
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Ragazze in guerra, sessant’anni dopo
di Massimo Raffaeli

su Il Manifesto del 08/03/2007

Si presenta oggi a Ancona, in occasione dell’8 marzo, «Per dignità e per amore», un documentario sulle staffette partigiane nelle Marche

La prima notizia, una buona notizia, è che all’Anpi di Ancona, assecondando peraltro una tendenza che è oggi di tutte le Marche, sono iscritti ben sessanta giovani fra i sedici e i venticinque anni, soprattutto ragazze; la seconda notizia è che in occasione dell’8 marzo (Ancona, Salone Anpi, via Palestro, ore 17) questa leva di ritorno declinata al femminile festeggia oggi le amiche partigiane della «Brigata Garibaldi» proiettando il documentario, in dvd, Per dignità e per amore. Tre donne anconetane si raccontano, prodotto con la collaborazione di alcuni militanti di base e le riprese di Antonio Sorrentino: mezz’ora di straordinaria presenza umana (duplicata da un montaggio fluido, esatto, mai invasivo) alla cui naturalezza non può fare da riscontro se non l’emozione e una esplicita ammirazione.
«Chi mi avrà dato il coraggio?», dice sorridendo ma senza cancellare lo sgomento di allora una delle tre testimoni, che sono appunto Iolanda Mazzanti Cinti, Zefira Espinosa Orlandini e Anna Maria Petrolati Cinti. Avevano allora più o meno l’età delle nuove iscritte all’Anpi (le Marche furono liberate nell’estate del ‘44) e, come staffette partigiane, portavano ogni giorno ai loro compagni, ovviamente a rischio della vita, messaggi, documenti e armi: Zefira ricorda, ad esempio, un viaggio a piedi da Osimo a Cingoli (sono in realtà alcune decine di chilometri, valicando l’Appennino, tra le province di Ancona e Macerata), una passeggiata che a noi sembra leggendaria ma per lei, evidentemente, era solo «normale»; Zefira è la più diretta e passionale, cita Roma città aperta e Anna Magnani (di cui rammenta la schiettezza e l’impeto), si esprime per frasi pungenti e per veri e propri aforismi come quello, riferito ai tedeschi, secondo cui «ti portavano via tutto e ti andava bene se non portavano via anche te». Il ricordo di Iolanda è invece più lineare e introverso: vi si affollano il dopoguerra, gli stenti quotidiani, le sofferenze dei reduci, la solidarietà espressa dalle persone semplici ma anche la sorda ostilità degli ambienti clericali e di tanta borghesia all’esterno silenziosa ma in cuor suo neofascista.
Infine la coscienza politica di Anna Maria (con parole usuali, con una gentilezza che si direbbe sfidi dolcemente la calamità dei tempi) traduce il messaggio essenziale della Resistenza senza il bisogno di ricordarne le parole d’ordine, che infatti risultano implicite: una libertà che non escluda né invalidi alcuno, che sia cioè sostanziale, e una giustizia che sia sinonimo, anche e soprattutto, di eguaglianza sociale. Senza un filo di retorica, senza un’ombra di nostalgia ovvero di commemorazione, tutto questo testimonia al presente Per dignità e per amore.
Molti anni fa, in uno splendido e purtroppo introvabile libro titolato Compagne. Testimonianze di partecipazione politica femminile (Einaudi 1977) Bianca Guidetti Serra così diceva delle donne che avevano fatto la Resistenza: «Il significato della loro vita credo sia proprio questo: l’affermazione e la dimostrazione del valore e della portata della partecipazione dal basso, che si qualifica e si caratterizza per la fedeltà al proprio patrimonio ideale e al contempo per l’attenzione ai problemi immediati e concreti, per il rispetto delle grandi ma anche delle piccole cose, per la tenacia di anni di lavoro, di sacrificio spesso solo apparentemente modesto, giorno dopo giorno». Lo stesso dovremmo dire, con grande riconoscenza, delle nostre compagne Anna Maria, Iolanda e Zefira.

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