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pubblicato il 8.05.08
Due articoli basati sui dati di ecn.org/antifa
·

Le aggressioni verso giovani dei centri sociali, immigrati, gay e rom
In poco più di 3 anni 262 casi di violenza fascista e squadrista

Saverio Ferrari
La gravissima aggressione di Verona rappresenta solo l’ultimo episodio che ha visto protagoniste bande neofasciste. Secondo il monitoraggio condotto dal sito www.ecn.org/antifa (promosso nell’ambito dell’associazione Isole nella Rete ), sulla base della semplice consultazione dei media locali e nazionali, oltre che delle sempre più numerose segnalazioni, tra il gennaio 2005 e l’aprile 2008 si sono verificati in Italia almeno 262 episodi di violenza fascista e più di un centinaio di atti vandalici ai danni di sedi di partito, centri sociali, lapidi e monumenti partigiani. Le aggressioni hanno riguardato in particolare militanti di sinistra e giovani dei centri sociali, a seguire immigrati extracomunitari, omosessuali e rom. Dati parziali in cui non compaiono i fatti di minor entità, decisamente in numero superiore.
Solo nel 2005 sono stati almeno cinque i tentati omicidi, ovvero i pestaggi in cui gli aggressori hanno cercato di colpire organi vitali e i feriti sono stati ricoverati in gravi condizioni. Nel corso di una di queste circostanze, il 27 agosto 2006, rimaneva ucciso a Focene, nei pressi di Roma, Renato Biagetti di 26 anni, raggiunto da più coltellate all’uscita da una festa reggae.
Già nel “Rapporto sulla criminalità 2006” del Ministero dell’Interno, come nella successiva “Relazione sulla politica informativa e della sicurezza” del secondo semestre 2006, approntata dalla Segreteria generale del Cesis (l’ex comitato di coordinamento dei servizi segreti), si erano dedicate diverse pagine alle organizzazioni neofasciste, denunciando, da un lato, “lo spiccato profilo aggressivo con il compimento di atti di intimidazione violenta” e di “deriva oltranzista”, dall’altro, “atteggiamenti razzisti sfociati in episodi ed atti di vandalismo d’impronta antislamica”, nonché “rinnovate pulsioni antisemite”.
Nell’ultima “Relazione sulla politica informativa e della sicurezza”, presentata il 29 febbraio scorso, si era, infine, portata l’attenzione sulle “saldature” in corso tra estremisti di destra e ultras delle curve, all’origine, a loro volta, di gravissimi fatti di violenza.
Il 17 aprile scorso la polizia di Bolzano ha arrestato 16 naziskin meranesi di lingua tedesca per incitamento all’odio razziale, etnico e religioso. Altre 62 persone, tra cui 17 minorenni, sono state indagate. Il gruppo, di ispirazione irredentista, faceva riferimento al nome di una precedente formazione terroristica sudtirolese, “Ein Tirol”, in italiano “Un solo Tirolo”, operante negli anni Ottanta. Almeno venti gli episodi di violenza contestati ai suoi membri, tutti ai danni di italiani e di migranti. Nel corso delle perquisizioni sono stati rinvenuti drappi inneggianti al Reich tedesco. Un fenomeno, quest’ultimo, che è ormai comune anche al neofascismo italiano.
Dalle numerose indagini giudiziarie in corso riguardanti l’estrema destra è infatti possibile ricavare alcune tendenze. In primo luogo l’adesione in modo trasversale da parte dei militanti delle organizzazioni della destra radicale italiana a posizioni esplicitamente razziste e antisemite, ma anche l’acquisizione di miti e modelli non più solo provenienti dalla storia della Rsi, ma direttamente dal nazismo, con l’utilizzo sempre più marcato di effigi e simboli tratti dalle Ss e dal Terzo Reich. Ricorrente nei documenti acquisiti dagli inquirenti l’esaltazione della violenza nei confronti degli avversari politici, degli immigrati e degli omosessuali, ma soprattutto la circolazione all’interno dell’area neofascista di oggetti atti a offendere, coltelli, asce e mazze, e con maggior frequenza di armi da fuoco e di materiali esplodenti. Evidente anche l’accentuarsi dei rapporti con il sottobosco della criminalità comune. Dati su cui riflettere. Citiamo solo alcuni episodi recenti che non hanno avuto l’attenzione dovuta.
A Rimini, il 10 dicembre scorso, sono stati rinviati a giudizio dieci esponenti di Forza Nuova, tra loro il segretario provinciale, arrestati la notte del 25 settembre mentre si accingevano a compiere un attentato al centro sociale “Paz”, progettando il sequestro del custode e l’incendio dei locali con nitro-diluente. Nel corso delle perquisizioni sono saltate fuori tre pistole a gas, baionette, pugnali e tirapugni. Prima ancora, il 12 ottobre, era stato sequestrato a Imola, nell’abitazione di un naziskin, un arsenale con armi ed esplosivi. Ad Ancona, il 23 ottobre, erano invece state ritrovate, nel corso di altrettante perquisizioni a sette teste rasate, armi da sparo e da taglio, pure una mannaia. Ritrovati anche giubbotti con il logo di alcune divisioni delle Waffen-Ss e t-shirt con scritte antisemite sovrastate dalla foto dell’ingresso del campo di Auschwitz.
Il 16 febbraio del 2008 a Sesto Calende, in provincia di Varese, sono finiti in manette due naziskin per duplice tentato omicidio e spaccio di stupefacenti.
A Salerno, il 18 marzo scorso, sono stati invece condannati alcuni esponenti di Forza nuova per detenzione di ordigni incendiari, per altro occultati nella stessa sede dell’organizzazione. Il segretario provinciale di Forza nuova e un suo collaboratore avevano dal canto loro già provveduto a patteggiare la pena.
Quasi sconosciuto il caso di Siracusa, dove il 18 febbraio, la Corte di appello di Catania ha condannato a quattro anni e sei mesi Andrea Acquaviva, autore di una serie di attentati dinamitardi compiuti nel 2005, tra l’altro alla sede della Cgil, alla redazione di alcune televisioni locali e all’ospedale Umberto I. La Corte ha riconosciuto all’imputato l’aggravante di aver agito a scopi terroristici. Acquaviva era stato candidato a sindaco di Siracusa per Forza nuova. Le azioni, per depistare, erano state rivendicate dai “Nuclei comunisti combattenti”, ma le indagini avevano accertato le sue responsabilità.
Episodi gravi che si aggiungono agli arresti nel settembre 2007 per associazione a delinquere e lesioni gravi di undici appartenenti al gruppo dei Bulldog di Lucca, alcuni poi condannati, il cui simbolo era costituito da un fascio littorio, e alla cattura il 26 febbraio di quest’anno di venti estremisti a Roma, accusati anche dell’irruzione con coltelli e bastoni al concerto rock di Villa Ada il 9 ottobre.

06/05/2008


Cuori neri
Più di 350 azioni dal 2005 ad oggi
«Progetto antifà» Il sito ecn.org cataloga giorno per giorno episodi vandalici e aggressioni: «Tre morti, 262 violenze e 98 danni a partiti e centri sociali»
Sara Menafra
Roma

Il germogliare crescente di aggressioni neofasciste li ha allarmati già tre anni fa, quando non ci badava più nessuno. E nell’arco di tre anni, i creatori del sito www.ecn.org/antifa (ospite di uno dei più antichi «progetti informatici» via web, Isole nella rete) hanno collezionato e monitorato 262 aggressioni fasciste, insieme a 98 atti vandalici «inneggianti al nazifascismo». Tutto diviso e classificato per categorie: «88 attacchi a sedi di centri sociali/ sedi militanti/ sedi di partiti/sindacati/Anpi; 98 aggressioni a compagni, militanti, antifascisti, frequentatori di centri sociali; 76 altre aggressioni (immigrati, omosessuali, testimoni di geova, giornalisti, ragazzi); 98 atti vandalici nazifascisti/ danneggiamenti/ scritte e minacce personali». E, poi, i tre morti negli ultimi cinque anni: nel 2003 a Milano, «Dax», Davide Cesare, aggredito ed ucciso da un gruppo di neofascisti. Il 27 agosto 2006, Renato Biagetti accoltellato da due giovani simpatizzanti di estrema destra sul lungomare di Focene, poco lontano da Roma. E venerdi scorso, Nicola Tommasoni a Verona.
Con delle differenze, perché non tutte le azioni sono episodi di violenza squadrista, e in alcuni casi non si va più in là di «episodi espressionie della cultura fascista» che «non vanno sottovalutati». Quell’analisi dei super esperti, che dice che in Italia ci sono soprattutto episodi di «bullismo con la testa rasata», li convince a metà: «Non è del tutto vero che chi compie questi gesti non abbia idea di quel che fa. Si può dire che odiano comunisti ed ebrei già a quindici anni senza conoscerne neppure uno – spiega uno degli autori di Antifà, che chiede l’anonimato – ma non bisogna sottovalutare il fatto che molti di questi militanti hanno in tasca la tessera di uno dei partiti che hanno partecipato alle scorse elezioni, magari apparentandosi con il Popolo delle libertà. Da questo punto di vista, Silvio Berlusconi ha aperto a quest’area ben più di quanto avesse fatto l’Alleanza nazionale di Gianfranco Fini».
Tolti i movimenti neri più o meno antichi e più o meno radicati e tolte le «occupazioni non conformi», in Italia esistono almeno cinque veri e propri partiti di stampo neofascista: Forza nuova, il Fronte sociale nazionale di Adriano Tilgher, Fiamma tricolore, quel che resta dell’Alternativa sociale di Alessandra Mussolini e infine il movimento Fascismo e libertà con il fascio littorio per simbolo e sulla home page del sito le trentatrè sentenze di assoluzione da altrettante inchieste sulla «ricostruzione del partito fascista». Ma è soprattutto il partito di Forza nuova ad essere finito spesso nei guai per le azioni dei militanti. Stando all’archivio di Antifà, negli ultimi anni almeno 28 delle 350 azioni monitorate portavano al movimento di Roberto Fiore, anche se nel conto ci sono le scritte nere spruzzate col buio.
Che l’onda nera rischi di diventare marea, gli autori di Antifà lo pensano da tempo. Perché i neofascisti hanno creato una cultura «antisistema» di destra, ma anche perché, la sinistra istituzionale, e in particolare Ds e Margherita, preferisce guardare da un’altra parte: «E dire che tra le vittime delle aggressioni fasciste ci sono membri dei due partiti che hanno creato il Pd, insieme alle loro sedi. La Margherita ha subito almeno due attacchi e i Ds tredici». Come quella volta a Fano, il 2 febbraio 2007, quando quattro giovani testerasate assalirono due dirigenti dei democratici di sinistra marchigiani: all’ospedale le ferite al volto furono gidicate «guaribili in sette giorni».

documentazione
r_nazionale


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