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pubblicato il 16.02.09
«La storia non si riscrive» L’Anpi contro la proposta di legge revisionista
·
10 febbraio
L'Unità
di Luca del Fra
I partigiani fanno sentire la loro voce forte e chiara nella polemica sulla proposta di legge 1630 (pdf):
lo hanno fatto con un’assemblea ieri mattina al Teatro Italia di Roma indetta dall'Anpi, con tanta gente e un numero insperato di giovani...
Presentato il 23 giugno del 2008, giunto in Parlamento tra le
polemiche, il provvedimento vorrebbe istituire un ordine del tricolore per i reduci della guerra 1940–1945. Partigiani e repubblichini assieme, tutti insigniti di un cavalierato revisionista all'insegna di una grottesca pacificazione, che i 42 firmatari della 1630, per lo più parlamentari di centrodestra, sperano di far digerire ai partigiani con una prebenda di 200 euro l'anno.

Ma certe cose non sono in vendita: netto il no dei partigiani, e
l'iniziativa cui hanno aderito Partito Democratico, Rifondazione
Comunista, Comunisti Italiani, Rete Antifascista Metropolitana, cioè i centri sociali e anche l’Unione di Centro, è stato un modo per manifestarlo. Ad aprire i lavori Massimo Rendina, presidente dell'Anpi di Roma e Lazio, che ha subito lanciato la proposta di un coordinamento delle forze di opposizione nel Lazio offrendo la sede dell'Associazione come casa per riunirsi. Gli interventi che si sono susseguiti, infatti, hanno tutti puntualizzato come questa legge sia parte di un disegno più ampio per scardinare la democrazia e le sue regole.

Il disegno A fianco agli stendardi azzurri dell'Anpi, con effigiate le medaglie d'oro, Paolo Masini, consigliere comunale del Pd, ha ricordato il cruento scontro istituzionale tra il primo ministro e il Presidente della Repubblica sul caso Eluana. I ragazzi dell'Onda, senza dimenticare come parte dell'informazione abbia cercato di far passare l'aggressione fascista a Piazza Navona dell'ottobre scorso per una rissa tra studenti, hanno sottolineato che nelle scuole primarie si sta applicando il testo unico Gelmini che riporta la scuola indietro di decenni. Da parte sua il segretario regionale del Pdci, Fabio Nobile, ha posto l'accento sul decreto sicurezza e sull'obbligo per i medici di denunciare i clandestini che chiedono cure. Messaggi di solidarietà sono arrivati del governatore della Provincia di Roma Nicola Zingaretti e dagli ex Presidenti della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi e Oscar Luigi Scalfaro. In particolare quest'ultimo ha voluto chiarire nelle sue righe come un provvedimento come la legge 1630 non «onorerebbe la
memoria neanche dei repubblichini in buona fede».

Un nuovo Cln
Falsificare la storia, equiparare chi ha combattuto per la libertà con chi la voleva soffocare, ha ribadito nella conclusione Armando
Cossutta, è parte di un progetto contro la democrazia. Un attacco a cui rispondere «ritrovando lo spirito del Cln», così Rendina, quel Comitato di Liberazione Nazionale che dal 1943 vide uniti partiti di matrice diversa per affrontare il fascismo: qualcosa in fin dei conti non lontano da questa iniziativa che ha visto coinvolti dai centri sociali della Ram all'UdC: miracoli che ancora riescono ai partigiani.

http://www.unita.it/news/81283/la_storia_non_si_riscrive_lanpi_contro_la_proposta_di_legge_revisionista




di Giacomo Scotti
FOIBE
Le responsabilità del fascismo
Sì, era necessario strappare all'oblio «le vittime delle foibe, dell'esodo giuliano e le vicende del confine orientale» come vuole la legge del marzo 2004 che istituì il Giorno del ricordo. Ma negli ultimi quattro anni quel giorno, il 10 febbraio, è diventato occasione per i nostalgici del fascismo di una massiccia operazione di revisionismo storico e di revanscismo, occasione di una poderosa campagna anti-slava e di manifestazione di un esasperato nazionalismo-irredentismo di frange politiche italiane, forti soprattutto a Trieste. Ha fatto bene dunque il presidente Napolitano, a denunciare ieri questi orientamenti.
Ha fatto benissimo, soprattutto, a denunciare la «dura esperienza del fascismo», le «responsabilità storiche del regime fascista», le sue «avventure di aggressione e di guerra», le «sofferenze inflitte alla minoranza slovena negli anni del fascismo e della guerra». Avrebbe potuto aggiungere anche le sofferenze subite nel tristo ventennio e nella guerra dalle popolazioni croate dell'Istria e della regione guarnerina, dalle isole alla Liburnia. Senza dimenticare lo sterminio di oltre 350 mila sloveni, croati, serbi, montenegrini e jugoslavi nelle regioni occupate e/o annesse dal 3 aprile 1941 al settembre 1943 (Montenegro, Dalmazia, larghe fette di Croazia e di Slovenia) ed altre 35 mila vittime uccise da fame e malattie in oltre 60 campi di internamento per civili sparsi dal nord al sud d'Italia.
Anche quest'anno però assistiamo al ripetersi di regie consolidate negli anni passati quando, dalle celebrazioni del Giorno del ricordo, sono stati esclusi gli storici democratici ed obiettivi per essere egemonizzate da fanatici astiosi e rancorosi che speculano sul dolore dei familiari degli infoibati, sul dolore degli esuli; da politici dell'estrema destra neofascista, da forze che si richiamano alla medesima ideologia, che in nome della guerra allo slavo-comunismo e della civiltà romana contro la «barbarie», portò l'Italia ad aggredire la Jugoslavia, ad espandersi all'est. Il risultato fu la catastrofe, la sconfitta, la perdita dei territori orientali annessi dopo la grande guerra; furono le vendette delle vittime di quell'aggressione e di quella guerra, e dopo la firma del trattato di pace del febbraio 1947, un esodo di 200-240 mila istriani fiumani e zarattini che lasciarono quelle terre optando per l'Italia, per continuare ad essere italiani, o perché insofferenti del regime di Tito, o per motivi economici, familiari ed altro. Questi esuli furono le vittime principali della catastrofe. Ma in quegli anni (15 anni durò l'esodo, per concludersi a fine anni '50) abbandonati e ignorati dalla sinistra, quei disgraziati divennero serbatoio di voti per del Msi e della Dc, mentre oggi continuano ad essere strumentalizzati dai figli e nipoti ideologici di Almirante.
Proprio in questi giorni un autorevolissimo «figlio di Almirante», Gianfranco Fini, ha inaspettatamente esaltato a La Spezia le imprese della divisione Decima Mas. È un modo indiretto per riabilitare i crimini di quei continuatori del fascismo che compirono i più orrendi delitti proprio nelle «terre del confine orientale», aggregati al terzo Reich come Adriatische Kunstenland litorale adriatico. Si tende così a riabilitare un regime che - dopo aver tentato di eliminare dalla Venezia Giulia le popolazioni slave con repressioni di ogni genere - dopo gli eccidi compiuti nella seconda guerra mondiale in quelle stesse e in altre regioni slave, dopo le foibe e l'esodo, sfruttano il Giorno del ricordo per seminare insofferenza e sospetti, verso gli italiani rimasti nelle terre istro-guarnerine e nuovo odio verso sloveni e croati. Stravolgendo la storia, usando nei loro testi e discorsi la medesima roboante e falsa terminologia mussoliniana.
Fino a quando il giorno del ricordo sarà il giorno del rancore e dell'odio verso croati e sloveni? Fino a quando l'Adriatico, nobilitato per secoli dall'osmosi di uomini e culture fino al tragico 900, potrà assorbire il veleno di quei predicatori? I quali dimenticano le tante Marzabotto chiamate kampor (isola di Arbe, 4000 morti in dieci mesi di lager), Pothum presso Fiume (100 fucilati in un solo giorno e 800 deportati), Gaiana presso Pola, Lipa presso Abbazia e tanti altri eccidi subiti da popolazioni «feroci» che dopo l'8 settembre vestirono, rifocillarono e nascosero ai tedeschi decine di migliaia di nostri soldati allo sbando. Certo, ci furono le foibe istriane del 9-30 settembre '43, ma c'erano state, non dimentichiamolo, decine di migliaia di vittime dell'occupazione italiana dal 1941 al 1943, e in quello stesso triste 1943, dal 4 ottobre in poi, ci furono le vendette dei fascisti. Che massacrarono 5000 civili e ne fecero deportare altri 17 mila, con le rappresaglie del reggimento «Istria» comandato da Italo Sauro e da Luigi Papo da Montona, della guardia nazionale repubblicana (poi milizia territoriale), della Decima Mas di Borghese operante con compagnie agli ordini di nazisti a Fiume, Pola, Laurana Brioni, Cherso, Portorose, della compagnia «mazza di ferro», comandata da Graziano Udovisi, della Brigata nera femminile «Norma Cossetto» presso Trieste, della VI brigata nera Asara e altri reparti. Si macchiarono di tali crimini che la loro ferocia fu denunciata persino dal Gauleiter Rainer, il quale chiese ufficialmente, con un telegramma al generale Wolff, il ritiro della Decima Mas dalla Venezia Giulia a fine gennaio 1945. Nel documento si parla di «una moltitudine di crimini, dal saccheggio allo stupro», dalle stragi di massa agli incendi di interi villaggi.
Oggi quegli assassini vengono esaltati per aver «difeso fino all'ultimo le terre orientali d'Italia contro le orde slave». I loro morti, caduti in battaglia all'inizio del maggio 1945, vengono inclusi fra gli infoibati! Basta, voltiamo pagina, guardiamo al futuro. Che sia di pace e di convivenza per i nostri figli.

http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20090211/pagina/01/pezzo/241848/

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