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pubblicato il 6.03.11
Tra esasperati nazionalismi, vecchi rancori, insicurezze e paure. Le destre estreme in Europa
·
??Populismo, nazionalismo, estremismo di destra, neonazismo sono fenomeni singoli e distinti, ma che si accavallano, si sovrappongono, si mescolano l??uno nell??altro scambiandosi qualità e caratteristiche. Non sono sinonimi ma possono a tratti diventarlo?.

Questa una delle conclusioni di Stefano Grazioli, impegnato in inchieste tra Berlino, Vienna e Mosca, al termine di un suo lungo reportage sull??Europa dato alle stampe qualche anno fa (Nel nome della ??gente?. Populisti, estremisti, leader carismatici nell??Europa d??oggi). Parole non dissimili dal giudizio di un altro studioso di fama, Pierre Milza, docente di storia contemporanea all??Institut d??études politique di Parigi, che a sua volta, in un lungo e articolato lavoro di scavo sull??estrema destra in questo secondo dopoguerra, ha sostenuto come il ??pericolo principale che minaccia le nostre democrazie liberali? sia oggi rappresentato dalle destre nazional-populiste. ??Numerosi di loro?, ha precisato Pierre Milza, riferendosi ai leader, ??vengono da movimenti neofascisti e neonazionalisti del secondo dopoguerra. Alcuni hanno addirittura partecipato a imprese totalitarie, come militanti e come combattenti?, e oggi come ieri mirano ??a far entrare nella testa? delle popolazioni ??delle idee che erano già state veicolate più di un secolo fa?, dalla ??criminalizzazione dell??immigrato all??arroccamento sull??identità, declinate etnicamente o culturalmente?. E?? un fenomeno politico ??che per ampiezza sorpassa di gran lunga gli occasionali sfondamenti dell??ultradestra dopo il naufragio della coalizione hitleriana? (Europa estrema. Il radicalismo di destra dal 1945 ad oggi).
Il panorama in questi ultimi anni si è ulteriormente aggravato, con un dato: l??onda è cresciuta trasversalmente da Est a Ovest.

Dentro e sui confini dell??Unione Europea

Le ultime elezioni europee, nel giugno 2009, hanno fotografato una forte crescita delle destre populiste e radicali.
In Inghilterra il British National Party, apertamente fascista, ha raggiunto il 6,2%, eleggendo per la prima volta nella sua storia due deputati. In Olanda la formazione ferocemente anti-islamica di Geert Wilders, il Partito per la libertà, ha raggiunto il 17%. In Belgio il Vlaams Belang (Interesse fiammingo), ha raggiunto a sua volta il 10,9%. In Austria i due gruppi anti-immigrati, il Partito della libertà dell??Austria e l??Alleanza per l??avvenire dell??Austria, hanno totalizzato complessivamente più del 17%. In Danimarca il Dansk Folkeparti (Partito del popolo) ha raggiunto il 14,8%. In Svezia Sverigedemokraterna (Democrazia svedese) è passata dal 3,3% delle elezioni europee al 5,7% delle politiche del settembre 2010. In Francia il Front national di Le Pen si è attestato al 6,3%, per poi schizzare al 10% nelle regionali del 2010. In Grecia i razzisti del LAOS (acronimo di Unione popolare ortodossa) ha raggiunto il 7,2%.
Fuori dai confini dell??Unione Europea, nella vicina Svizzera, il vecchio partito agrario dell??Unione democratica di centro, radicalizzandosi, nelle ultime legislative del 2007 ha raccolto il 29%: un successo analogo a quello raggiunto all??estremo nord del continente, in Norvegia, dal Fremskrittspartiet (Partito del progresso), che nelle elezioni del settembre 2009 è cresciuto di oltre sette punti, fermandosi al 22,1% dei voti.
La situazione non migliora guardando a Est.
L??ungherese Jobbik (Movimento per un??Ungheria migliore) ultranazionalista, antirom e antisemita, prima ha conquistato il 14,8% nelle elezioni per il Parlamento Europeo, poi il 16,7% in quelle politiche, dietro ai conservatori autoritari del Fidesz, che hanno eletto con il 52% Viktor Orban, il loro leader, alla guida del governo. In Slovacchia il Partito nazionale, che addebita agli ungheresi una dominazione durata 150 anni, è al 5,56%. In Romania il Partito della grande Romania (che ha in odio gli ungheresi della Transilvania e ambirebbe a inglobare la Moldova) è all??8,6%. In Bulgaria Ataka (Attacco unione nazionale), ostile alla minoranza turca e contrario all??ingresso nella NATO e nella UE, è all??11,96%.
In una recente inchiesta (Le estreme destre alla riscossa) curata dallo storico e giornalista Dominique Vidal, apparsa lo scorso gennaio su Le Monde diplomatique, si fa rilevare come dal 2009 a oggi, comprendendo anche le consultazioni elettorali successive alle europee, le formazioni della destra populista e razzista avessero totalizzato più del 10% dei consensi in ben 11 stati: Austria, Svizzera, Belgio, Olanda, Danimarca, Norvegia, Francia, Italia, Ungheria, Bulgaria, Lituania.

Denominatori comuni

Le situazioni da paese a paese sono spesso estremamente diverse. Diversa è anche l??incidenza della crisi economica sulle realtà nazionali. E?? simile, invece, la scelta da parte dei partiti o movimenti sinora citati di scagliarsi, in primo luogo, contro un nemico esterno, di volta in volta identificato nei rom, nei gay, negli ebrei, nei musulmani o negli stranieri in genere. C??è sempre un????invasione? contro la quale riscoprire e rilanciare presunti valori patriottici attraverso un acceso nazionalismo o velleità separatiste. Un unico fenomeno dunque con mille sfaccettature.
I processi di globalizzazione hanno accompagnato l??ascesa di queste tendenze, già presenti in nuce da alcuni decenni sotto forma di piccole o ininfluenti formazioni politiche. La comparsa in Europa dei primi partiti dell??estrema destra populista data infatti fin dagli anni settanta: il Front national di Le Pen in Francia (1972), il Partito del progresso in Norvegia (1973) o il Vlaams Blok (Blocco fiammingo) in Belgio (1978). La loro progressione, prima lenta poi accelerata, è avvenuta in un quadro che è andato rapidamente trasformandosi, segnato da nuovi rapporti economici e finanziari come da profondi cambiamenti tecnologici, con l??introduzione di un??instabilità generale, di insicurezza e paura. Ampi sono stati i settori sociali che si sono ritrovati scoperti di fronte alla nuova realtà sociale.
Alcuni decisivi cambiamenti epocali, come il crollo dell??Unione Sovietica, le migrazioni dall??Africa, dall??Asia e dall??Europa orientale, l??11 settembre 2001, le catastrofi ecologiche, hanno a loro volta consentito di far incrociare e legare fra loro sentimenti nazionalistici e razzisti, in un quadro politico europeo segnato dalla crisi dei tradizionali partiti e dal manifestarsi di una forte mobilità elettorale significativamente calamitata da chi garantisca certezze di fronte al caos, la chiusura delle frontiere e la riappropriazione del territorio. In molti paesi a far da collante anche il senso di rabbia per una grandezza venuta meno.
Sono tanti e diversi, in conclusione, i populismi, ma tutti nati in contrapposizione ai governi e alle autorità esistenti.

L??ex blocco guidato dall??Unione Sovietica

All??Est la svolta si ebbe negli anni novanta, a seguito della caduta del Muro di Berlino. Ciò che va sottolineato in quest??area geografica, anche estendendola oltre i confini europei, è il fatto che le destre radicali e populiste abbiano tratto alcuni dei loro caratteri peculiari dal passato presovietico. Nel ventre dei recenti nazionalismi si sono infatti sviluppate reazioni covate per decenni contro la dominazione russa o nei confronti di precedenti dominazioni (tartare e islamiche). Si pensi alla Polonia, alla Slovacchia e alla Romania.
E?? diverso il caso russo, dove nel recupero, spesso mitologico, di un antico passato ci si è dati riferimenti provenienti non solo dalla lontana epoca di Pietro il Grande, ma anche da quella staliniana, valutata positivamente in termini di grandezza imperiale e militare (come scrive Giuseppe Scaliati ne La destra radicale in Europa. Tra svolte ideologiche e nuovi sviluppi). Si pensi all??identità del principale partito populista russo, il Partito liberaldemocratico fondato nel 1990 da Vladimir Zhirinovskij, che si è caratterizzato, a onta del nome, per il suo profilo ultranazionalista e razzista. Pur avendo più volte elogiato Adolf Hitler questo partito auspica, infatti, un ritorno all??Unione Sovietica, con tanto di riannessione delle ex repubbliche sovietiche e abolizione del sistema federale. Nelle politiche del 2003 il Partito liberaldemocratico aveva conquistato l??11,7% dei consensi, con sette milioni di voti, e 37 seggi. Nel 2007 ha confermato la sua presenza alla Duma raggiungendo i 40 seggi e risultando l??unica formazione di destra con una presenza parlamentare.
Tra gli alleati di Zhirinovskij anche il Partito nazionalbolscevico, fondato nel 1993 dallo scrittore Eduard Limonov, le cui bandiere, in un mix incomprensibile a noi occidentali, riproducono in un cerchio bianco su sfondo rosso una falce e martello. Una realtà ambigua e confusa, tra misticismo, fascismo e nostalgia per l??Unione Sovietica. Una tendenza con cui, non a caso, nei primi anni novanta cercarono di interfacciarsi alcuni settori del neofascismo italiano. Sulla stessa lunghezza d'onda anche il Fronte nazionalbolscevico e il Partito Eurasia, fautore di un??alleanza strategica tra russi, europei e stati mediorientali (in primo luogo l??Iran) in chiave antistatunitense, costituitosi nel 2002 per iniziativa di Aleksandr Dugin, il traduttore in Russia delle opere del principale teorico neonazista italiano Julius Evola.

Il caso italiano

In questo ampio quadro va collocato il caso italiano, in cui le destre, nella loro gran parte, non sono assimilabili alle formazioni conservatrici di stampo europeo, prive come sono di una effettiva cultura democratica. Prova ne sono gli accordi elettorali e politici stretti con formazioni dichiaratamente neofasciste o la riabilitazione, anche con l??intestazione di piazze o vie, a caduti repubblichini, parificati a quelli partigiani. Scelte attuate prima da Forza Italia e Alleanza nazionale, ora dal Partito della libertà, con l??apporto sempre decisivo della Lega Nord.
La recente scissione di Futuro e libertà non solo non ha mutato questa realtà, ma l??ha ribadita evidenziando il fallimento sostanziale dei tentativi di evoluzione democratica della destra italiana, a partire dalla trasformazione del Movimento sociale italiano in Alleanza nazionale.
La Lega, dopo aver raggiunto l??8,30% nelle politiche del 2008 e il 10,22% nelle europee del 2009, ha totalizzato il 12,28% nelle regionali del 2010 (il 19,77% nelle otto regioni in cui si era presentata) e viene ora data in ulteriore crescita nel nord Italia. Nel Veneto è già il primo partito in assoluto con il 35,15% dei voti.
Con i propri tratti razzisti e populisti, già inclusa nel 2004 dall??Osservatorio europeo dei fenomeni razzisti e xenofobi nello stesso gruppo ideologico delle forze di estrema destra, la Lega ha nei fatti svuotato ogni possibilità di affermazione di altre formazioni razziste e neofasciste.

Fonte: Osservatorio democratico sulle nuove destre

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