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pubblicato il 11.04.13
Fabrizio Zani, fondatore di Ordine Nero, «La Strage di Brescia è di Stato La bomba era per fermare il Mar»
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Le rivelazioni Fabrizio Zani, ex fascista, fondatore di Ordine Nero, svela i suoi ricordi sull??attentato
«La Strage di Brescia è di Stato La bomba era per fermare il Mar»
Fondamentale il ruolo dei servizi segreti: fecero lavare la piazza e venne diffuso l??identikit di Esposti, ma senza barba«L??autore era Pagliai, ma venne assassinato in Bolivia»

MILANO

Di Fabrizio Zani si dice che sia uno dei pochi «neri» capaci di rivedere criticamente quanto accaduto in Italia tra gli anni Sessanta e Ottanta. Senza livori. Senza nostalgie. Senza opportunismi. Anche i famigliari delle vittime di Brescia lo riconoscono. Forse perché lui, non più «nero» ormai da vent??anni ( senza per questo essersi dissociato o pentito) ha deciso di rispondere solo alla propria coscienza e a una ritrovata libertà di pensiero. «? successo che un giorno, quando stavo in carcere ? racconta da dietro le lenti rotonde dei suoi occhiali ? mi sono guardato allo specchio e ho capito quanto ero stato stupido e quanto male avevo causato». Una «stupidità», come la chiama oggi questo ex «aspirante rivoluzionario» tosco-emiliano, sorta quando gli anni Sessanta stavano per tramontare. Nel 1967, appena quattordicenne, si era iscritto alla sezione livornese della Giovane Italia. Una «stupidità» rafforzata nel 1971 con il trasferimento a Milano e l??ingresso nel Msi di Giorgio Almirante; e irrobustita ulteriormente, tre anni più tardi, con la costituzione dell??organizzazione terroristica Ordine nero (una evoluzione, secondo quanto egli stesso spiegherà nel 2010 ai magistrati bresciani, delle Sam, le Squadre d??azione Mussolini), per la quale verrà peraltro condannato a 8 anni. A quel tempo convinto seguace delle teorie antisistema di Julius Evola e acceso sostenitore dello spontaneismo armato rivoluzionario, è stato inoltre l??ideatore, insieme con la futura moglie Giovanna Cogolli, della rivista dei detenuti politici di estrema destra Quex, prima di approdare nelle dinamiche file dei Nar. ? in questi caldissimi anni Ottanta che il «camerata» Zani finisce di nuovo dietro le sbarre; stavolta per scontare una condanna pesantissima: l??ergastolo per aver ammazzato Mauro Mennucci, camerata pisano colpevole di aver «venduto» Mario Tuti alla polizia, svelando, nel 1975, il suo nascondiglio francese. «Credevamo davvero nella rivoluzione», ammette oggi Zani, sessant??anni ben portati, una laurea in Scienze politiche e un lavoro che lo appassiona nel campo dell??editoria «e ci hanno presi in giro. Il fascismo è stato un movimento reazionario che ha fortificato i rapporti con la borghesia, anziché distruggerli. Tutti i gruppi dell??estrema destra erano collusi con apparati dello Stato». Ed è qui, in questa zona grigia dove il sistema si è perfettamente amalgamato con l??«antisistema» che, secondo lui, si colloca la strage di Piazza della Loggia. «L??ho dichiarato anche in aula ai magistrati bresciani: quando stavo in carcere Nico Azzi mi disse che a compiere la strage era stato Puttino, cioè Pierluigi Pagliai, come lo stesso Azzi appartenente alla potente organizzazione La Fenice, legata a doppio nodo con i Servizi segreti. Sebbene non mi abbia offerto alcuna prova a sostegno di queste affermazioni, gli ho creduto perchè Azzi mi aveva raccontato cose di cui avevo trovato riscontro. Penso al legame del Sid del generale Gianadelio Maletti e del capitano Antonio Labruna con tutte le più brutte attività organizzate in quegli anni al Nord».
«A dimostrare che Brescia è stata una strage di Stato ci sono due elementi: l'immediato lavaggio della piazza e l'identikit di Giancarlo Esposti, l'"autore" dell'attentato». Un identikit, poi diffuso da tutti i giornali, che raffigurava un ragazzo a lui molto somigliante ma con il volto glabro, non incorniciato dalla barba che Esposti, militante del Movimento di azione rivoluzionaria, aveva quando morì due giorni dopo la strage a Pian del Rascino. «Non si è voluto far luce sull'identità del disegnatore di quell'identikit: l'ho detto anche a processo», attesta Zani, che alla lotta armata ha da tempo sostituito l'ecologia e le teorie bio-regionaliste. «Un giudice serio avrebbe dovuto prendere il disegnatore e sbatterlo per farlo parlare. E lo stesso avrebbero dovuto fare con il "mandante". Ma così non è successo», continua. «Fatto diventare Esposti il responsabile della strage erano scattati gli arresti di tutti i camerati, me compreso. Ma il particolare della barba aveva fatto fallire il gioco messo in piedi da quell'"oscuro" amalgama. Arrivati a quel punto nelle stanze del potere si scatenò una guerra per bande. ? in questo particolare scenario che si colloca anche la fine di Ermanno Buzzi, mandato apertamente a morire nel carcere di Novara». Zani ricorda che in quegli anni, in questa parte d'Italia, era attivo il Mar dell'ex partigiano bianco e agente Cia Carlo Fumagalli, dalle chiare posizioni filoatlantiche e golpiste. Proprio in vista di un colpo di Stato Fumagalli aveva tentato di organizzare l'occupazione militare della Valtellina. Il progetto - è quanto Fumagalli dichiarerà al processo per la strage bresciana -, godeva dell'appoggio dei carabinieri. Alla fine l'azione saltò e una ventina di giorni prima dell'attentato il leader del Mar e altre undici persone vennero arrestate mentre trasportavano esplosivo e armi. «Dovevano darci una mano, invece ci hanno messo le manette», commenterà lo stesso Fumagalli a Brescia.La strage del 28 maggio 1974 non rientrerebbe in quella che viene comunemente chiamata «strategia della tensione». Fabrizio Zani, anzi, ritiene che un simile disegno non sia mai esistito. «Altrimenti le stragi avrebbero dovuto essere organizzate a distanze più ravvicinate l'una dall'altra». Per Zani la strage di Brescia «sarebbe stata compiuta per mettere fuori gioco alcuni gruppi e stroncare specialmente un movimento - il Mar - che rischiava di scappare di mano al potere. Anche l'Italicus potrebbe essere stato un segnale rivolto a qualcuno, ad esempio a Licio Gelli». Fatta la strage e costruito un colpevole, nel 1982 l'«oscuro amalgama» provvede ad eliminare il vero esecutore. «Pierluigi Pagliai, volato in Bolivia insieme all'amico Stefano Delle Chiaie per sfuggire a un mandato di cattura, viene ucciso con un colpo in testa da uno dei poliziotti italiani arrivati fin lì per arrestarlo», precisa Zani. «Pagliai, gravemente ferito, viene operato in un ospedale di Vera Cruz ma subito dopo, nonostante il parere contrario dei sanitari boliviani, viene condotto dagli investigatori italiani all'aeroporto di La Paz e imbarcato insieme a Delle Chiaie con destinazione Roma. ? su quell'aereo che il Puttino smette di vivere». Ed è su quell'aereo che la verità svanisce. Con la morte di Pagliai, secondo Zani, è calato forse per sempre un velo oscuro sugli autori del massacro di Brescia.

http://archiviostorico.corriere.it/2013/aprile/10/Strage_Brescia_Stato_bomba_era_co_0_20130410_1f1f9778-a1a4-11e2-8ad7-db752849c685.shtml

documentazione
r_lombardia


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