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pubblicato il 30.07.13
«I nazisti in carcere potrebbero essere 31»
·
Intervista al procuratore De Paolis. La Germania non ha consentito la consegna all'Italia dei criminali adducendo motivi di diritto interno

«Oggi i Priebke potrebbero essere 31, potrebbero essere cioè 31 i criminali nazisti condannati all'ergastolo e in prigione o agli arresti domiciliari nel nostro paese». Marco De Paolis, procuratore militare di Roma, soppesa ogni parola, ma è preciso e tagliente. ? stato lui a istruire buona parte dei processi contro i nazisti autori di stragi come Sant'Anna di Stazzema, Marzabotto, Monchio? Dieci-quindicimila morti che attendono giustizia da 70 anni. I processi sono stati celebrati, molti nazisti sono stati assolti, altri condannati all'ergastolo, a decine. Due o tre anni fa erano vivi in 60. Oggi ne sono rimasti, appunto, 31. Ma la Germania non ne ha concesso l'estradizione e le procedure per chiedere che scontino la pena nel loro paese non stanno approdando a nulla, da anni.

Dottor De Paolis, la magistratura militare ha istruito i processi, ha condannato, ha cercato di medicare quella profonda ferita alla giustizia che è stato l'Armadio della vergogna, il mobile dentro il quale furono nascosti, per quasi 40 anni, i fascicoli sulle stragi naziste. Ma nessun ergastolano va in galera.
«Si, è così. La Germania non ha consentito la consegna all'Italia dei criminali condannati adducendo motivi di diritto interno. Noi, come alternativa, stiamo cercando di ottenere l'esecuzione delle condanne all'estero, di fare in modo cioè che i condannati scontino la pena in Germania. ? dal 2008 che ci proviamo?».

I governi italiani, su questo fronte, hanno fatto tutto il possibile?
«Dico solo che credo di sì. Una domanda del genere, però, è meglio porla a chi ha responsabilità politiche».

Glielo avranno chiesto mille volte: che senso ha, dopo tanti anni, processare dei vecchietti che più nulla di male possono fare?
«Una domanda ricorrente e paradossale. Sono delitti immensi, con centinaia di morti. Delitti rimasti impuniti per decenni. Più passa il tempo più aumenta la sete di giustizia di chi è sopravvissuto, di chi per quei delitti ha sofferto pene indicibili. E poi basta con questa storia dei vecchietti. Non è vero che vecchietti come Priebke non fanno male a nessuno. Fanno male perché non si pentono e non chiedono neppure scusa alle vittime e ai loro familiari. In questo modo, come in parte è anche per Priebke che riceve lettere da ??ammiratori?, finiscono per essere addirittura dei modelli negativi per tanti giovani che, per ignoranza, si fanno fuorviare dal negazionismo. Questi ??vecchietti?, che io preferisco chiamare vecchi criminali, dovrebbero dire chiaramente che quello che hanno fatto è profondamente sbagliato. Non pentendosi perdono l'ultima occasione che la vita gli da. Vederli come poveri vecchietti è come giustificarli».

(L'ex capitano delle SS, Priebke, ripreso qualche giorno fa a spasso con la badante per le vie di Roma)

Nel 1960 un magistrato militare chiuse tutti i fascicoli con le indagini sulle stragi nel famoso Armadio della vergogna. E lì sono stati fino al 1994. Scelta politica o negligenza della magistratura?
«Si sarebbe trattato di una negligenza talmente plateale che mi sembra difficile possa essere questa la causa dell'occultamento reiterato. Gli storici stanno invece individuando qualcosa di molto simile alla ragion di Stato come causa di quegli occultamenti. Sono, se ci si pensa bene, situazioni simili a quelle che si sono verificate in molti grandi processi del dopoguerra. Come quelli per le stragi di Ustica o di piazza Fontana».

Ci sono ancora da celebrare processi sugli eccidi nazifascisti?
«Si. ? in corso il dibattimento per Cefalonia, la strage dei soldati della divisione Acqui che rifiutarono di arrendersi ai tedeschi. Una vicenda famosa su cui si è scritto molto. Ma che non era mai arrivata a un processo. A Roma stiamo processando Alfredo Stork che ha fatto parte del plotone che ha massacrato 117 ufficiali. Poi ci sono gli altri eccidi compiuti nell'Egeo e in Albania. Sempre da tedeschi contro soldati italiani che, dopo l'8 settembre, non si sono arresi: Kos, Leros, Kuc. Infine le stragi avvenute nel nostro paese di cui, anche dopo la scoperta dell'Armadio della vergogna, non si è, di fatto, occupato nessuno. La più importante, quella con il maggior numero di vittime, 128, è quella di Pietransieri, nel comune di Roccaraso, avvenuta nel novembre del 1943».

? di questi giorni la notizia che il centro Wiesenthal ha rilanciato l'operazione ??Last chance?, ultima possibilità, per dare la caccia, in Germania, a criminali nazisti ancora in vita e portarli di fronte a un tribunale. Le ha fatto piacere leggerla?
«Piacere non è la descrizione corretta della sensazione che ho provato. Sapevo di questa iniziativa e la pubblicità che ha avuto in concomitanza con il compleanno di Priebke ha confermato quello di cui sono convinto da sempre. Fare giustizia non è un'attività a tempo. Perché l'ingiustizia, per chi la subisce, è eterna».

Sul tavolo del procuratore De Paolis, accanto a piccoli fascicoli dall'aria moderna, ci sono faldoni che dimostrano tutta la loro età, con etichette scritte in bella calligrafia. Poco prima di questa intervista il magistrato ha ricevuto un gruppo di avvocati giapponesi. «Sono i legali», spiega il procuratore, «di alcuni cinesi sopravvissuti alle stragi che in quel paese fecero i soldati del Giappone. Si stanno occupando, in particolare, delle stragi di Pingdingshan e di Fushun. Sono fatti del 1932 durante i quali vennero uccise 3mila persone. Il Giappone aveva sempre negato l'esistenza stessa di questi massacri. Poi la svolta nel 2006 quando la Corte suprema giapponese ha riconosciuto che sono avvenuti aprendo così la strada a procedimenti per il risarcimento dei danni».
De Paolis si lascia andare a un leggero sorriso. «Vede», conclude, «la sete di giustizia è inestinguibile».

http://iltirreno.gelocal.it/italia-mondo/2013/07/28/news/i-nazisti-in-carcere-potrebbero-essere-31-1.7491837?id=2.1049

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