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pubblicato il 5.02.15
Verona, omicidio Tommasoli, vengono tutti condannati: per i 5 a processo 44 anni di carcere
·
Arriva il ribaltamento della sentenza per il processo d'appello bis sul caso della morte del giovane designer di Negrar. Pene pesanti ma comunque inferiori a quelle chieste dal pm. Le difese faranno ricorso

Erano stati chiesti 60 anni. Ne sono arrivati in totale 44 (più due mesi) di reclusione. Questa la sentenza dell’appello-bis per l’omicidio di Nicola Tommasoli, morto nel 2008 dopo cinque giorni di coma all’ospedale di Borgo Trento. Si è chiuso così il procedimento per l’omicidio preterintenzionale del giovane designer di 29 anni di Negrar. Ai due imputati già condannati nel primo processo di secondo grado, Federico Perini e Nicolò Veneri, inflitti 11 anni e un mese di carcere, mentre 7 anni e 10 mesi per Guglielmo Corsi, 7 anni e 5 mesi per Raffaele Dalle Donne, 6 anni e 9 mesi a Andrea Vesentini. Da quell’aula della Corte d’Assise d’appello di Venezia, dopo due ore e mezzo di camera di consiglio, sono usciti tutti colpevoli. I cinque imputati dovranno anche risarcire le parti civili: 26mila euro per la famiglia Tommasoli e 9mila al Comune di Verona per danno d’immagine. Perini e Veneri, al termine dell’udienza, sono tornati in carcere a Montorio. Da alcuni mesi godono della semilibertà. Possono uscire alla mattina per recarsi nelle associazioni di volontariato con le quali hanno cominciato a collaborare per rientrare in cella di sera. Tra non molto potranno anche avanzare richieste per ottenere la libertà condizionale. Per loro è la seconda sentenza passata in giudicato. Diversamente dagli altri tre ragazzi, i cui difensori aspetteranno di leggere le motivazioni dei magistrati lagunari per poi avanzare il ricorso in Cassazione che è già stato comunque annunciato. Nel caso di condanna definitiva i periodi di detenzione, in carcere e ai domiciliari verranno sottratti dal computo totale. Il conto dei giudici veneziani ri è rivelato così ben più pesante di quello inflitto nel novembre 2010, dopo il primo processo d’appello, ovvero quando a Veneri e Perini vennero comminati 10 anni e 8 mesi e gli altri tre ragazzi vennero assolti.

Nel primo grado a Verona, del 2009, il giudice decretò 14 anni per i primi due, 12 anni per Dalle Donne, 10 anni per Corsi e l’assoluzione per Vesentini che poi venne condannato a un anno e 4 mesi per lesioni ad un giovane punk che il quintetto aveva incrociato prima di incontrare Tommasoli e i suoi amici in Corticella Leoni. A ordinare il nuovo processo di secondo grado era stata la Corte di Cassazione, che aveva giudicato “poco congrue” le pene inflitte nel primo procedimento. Contestando di fatto le assoluzioni. Nella scorsa udienza le difese dei ragazzi avevano contestato duramente l’ipotesi che il quintetto avesse agito “come un branco”, rigettando l’ipotesi di “dolo in concorso” e che non ci fosse stato “accanimento sulla vittima”.

http://www.veronasera.it/cronaca/verona-omicidio-tommasoli-vengono-tutti-condannati-cinque-processo-anni-carcere-5-febbraio-2015.html





Omicidio Tommasoli, i cinque tutti colpevoli
Riconosciuto il concorso. Undici anni e un mese a Perini e Veneri che continueranno a scontare la pena in semilibertà, sette anni e 5 mesi a Dalle Donne, 7 anni e 10 mesi a Corsi, sei anni e 9 mesi a Vesentini


VENEZIA. Tutti colpevoli. A sette anni dai fatti, dopo una sentenza di primo grado, due ricorsi in Appello e una pronuncia della Cassazione, la Corte d'Assise d'Appello di Venezia riunita nell'aula bunker del tribunale a Mestre ha stabilito che per la morte di Nicola Tommasoli siano responsabili, in concorso tra loro, tutte e cinque gli imputati.
Ci sono volute due ore e mezzo di camera di consiglio per raggiungere il verdetto che è stato letto alle 14.15 dal presidente Giacomo Sartea (giudice a latere Michele Medici), affiancato dai giudici popolari, alla presenza di tutti gli imputati.
LE CONDANNE. Nicolò Veneri (difesa Marina Ottaviani) e Federico Perini (difesa Roberto Bussinello e Giuseppe Trimeloni) sono stati condannati a undici anni e un mese; Raffaele Dalle Donne (difesa Umberto De Luca) a sette anni e cinque mesi; Guglielmo Corsi (difesa Stefano Grolla) a sette anni e dieci mesi; Andrea Vesentini (difesa Antonio Petroncini e Gabriele Magno) a sei anni e nove mesi. Complessivamente sono state erogate pene per 44 anni e due mesi, 16 in meno di quanto aveva chiesto il procoratore generale Paolo Luca al termine della sua requisitoria nell'udienza di sette giorni fa. I cinque imputati dovranno anche risarcire le parti civili: la famiglia Tommasoli con ventiseimila euro, il Comune con novemila. In aula era presente anche il papà di Nicola Tommasoli, che ha preferito non rilasciare commenti. Gli imputati hanno accolto la sentenza in silenzio. Veneri e Perini hanno poi fatto ritorno in carcere: i due beneficiano da alcuni mesi della semilibertà; escono dalla cella al mattino per fare volontariato e rientrano a Montorio alla sera.
LA VICENDA GIUDIZIARIA. Con la pronuncia di ieri si chiude, dunque, un altro capitolo della vicenda iniziata la tragica notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2008. Un capitolo che, almeno per due imputati, potrebbe essere l'ultimo. Perini e Veneri, infatti, hanno già una sentenza passata in giudicato, hanno scontato un'ampia fetta della loro pena e ottenuto il beneficio della semilibertà. Tra qualche tempo potrebbero ottenere ulteriori benefici, come la libertà condizionale. Diversa, invece, la posizione degli altri tre.
I difensori aspetteranno di leggere le motivazioni della sentenza dei giudici veneziani, ma non è escluso che scelgano di ricorrere in Cassazione. Corsi, Dalle Donne e Vesentini hanno già scontato dei periodi di detenzione, in carcere e ai domiciliari, che nel caso di condanna definitiva verranno sottratti dalla pena inflitta. Vesentini è l'unico a essere stato assolto nei due precedenti gradi di giudizio.
IL PROCURATORE. L'udienza si era aperta con la replica del procuratore generale Paolo Luca che ha ribattuto alla difesa di Perini il quale aveva sostenuto che i due erano già stati giudicati per il reato più grave, l'omicidio preterintenzionale, e quini non potevano essere giudicati nuovamente.
Il procuratore ha sottolineato come le conclusioni della sentenza della Corte di Cassazione, che aveva ordinato di rifare il processo di secondo grado, diano invece l'indicazione di rivalutare il trattamento sanzionatorio tenendo conto del quadro complessivo della vicenda. E ha aggiunto che il giudizio «è solo per le responsabilità, non per la determinazione delle pene».
La sentenza della Cassazione, ha concluso, ha mutato «la natura, la specie, le modalità e le circostanze dell'azione». Da qui la conferma dell'inasprimento delle pene.
LE PARTI CIVILI. L'avvocato Franco Rossi Galante, che con l'avvocato Giorgio Alvino tutela la famiglia Tommasoli, ha puntato il dito sul risarcimento dato dalla famiglia di Corsi avvenuto non spontaneamente, come aveva sostenuto il legale del giovane nella sua arringa, ma forzosamente con un provvedimento del Tribunale. La parte civile del Comune, rappresentata dall'avvocato Paolo Tebaldi, presente in aula c'era l'avvocato Giulia Tebaldi, ha evidenziato che all'epoca dei fatti e negli anni immediatamente precedenti e successici erano accaduti «numerosi fatti di violenza di natura ideologica e comunque con lo stesso modus operandi».
Le aggressioni avvenivano tutte «con modalità improvvise e repentine e scaturavano da futili diverbi». Ha ribadito che il Comune, da questa vicenda, ha subito un innegabile danno di immagine e che la costituzione di parte civile vuole essere anche «un monito perché questi fatti non abbiano a ripetersi».
LE DIFESE. L'avvocato Bussinello, difensore di Perini e, per l'udienza di ieri anche di Veneri, ha contestato la tesi dell'accusa spiegando che la Cassazione «chiama in causa i due ragazzi solo per il reato di lesioni». E ha aggiunto che la suprema corte non fa alcun riferimento a una possibile estensione della pena, per il reato più grave, per i suoi assistiti; pena che «non è mai stata messa in discussione».
L'avvocato Grolla, che difende Corsi, ha sostenuto che la somma risarcitoria era stata messa a disposizione nel 2009 e che «va intesa come atteggiamento positivo». Ha aggiunto che «nel Dna di questi giovani non c'è la violenza» e che la prova formata con le neuroscienze (che sostanzialmente voleva dimostrare come Corsi avesse risposto a una provocazione e non potesse prevedere l'esito di quei fatti, ndr) non sia mai stata confutata da nessuno in aula.
L'avvocato De Luca ha citato la tesi di uno studioso che si è occupato di distinguere tra suggestione e realtà e in particolare tra vero, finto è falso. Nelle sue conclusioni, lo studioso ha spiegato che un fatto può considerarsi reale quanto più risponde ai principi di «ragionevolezza, vividezza ed evidenza». «Cos'è accaduto quella notte prima della tragedia?», ha chiesto il difensore di Dalle Donne: «Nulla. I ragazzi hanno girato per ore senza che accadesse nulla. E lo dice la Cassazione». Il primo incontro di Corsi con un punk (fatto per cui il ragazzo è già stato processato, ndr) era una «bravata». Come una bravata era la richiesta della sigaretta all'amico di Tommasoli.
Infine, l'avvocato Baroncini, che assiste Vesentini, ha spiegato come non vi fosse «nessuna intesa tacita. Vesentini, quella sera, conosceva solo Corsi: gli altri non li aveva mai frequentati». E dunque «non poteva sapere cosa facevano gli altri, non poteva prevedere il loro comportamento».
Roberto Vacchini


http://www.larena.it/stories/Home/1044208_omicidio_tommasoli_i_cinque_tutti_colpevoli/?refresh_ce#

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